Le città che Pdl e Carroccio perdono se stanno divisi
L'ex Asse rischia una disfatta. Correndo da soli, pidiellini e lumbard andrebbero sotto in sette capoluoghi del Nord
Una disfatta. Ecco a cosa andrebbero incontro Pdl e Lega se davvero l'alleanza su cui negli ultimi dodici anni è tornato a fondarsi il centrodestra dovesse andare in frantumi. In caso di divorzio tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, infatti, il voto amministrativo previsto nella primavera del prossimo anno rischia di trasformarsi in un bagno di sangue. Con la dozzina di Comuni capoluogo del nord dove si apriranno le urne pronti a diventare terra di conquista del Partito democratico e dei suoi alleati. Nel 2012, i Comuni interessati dalla tornata elettorale saranno complessivamente 952. Di questi, 144 sono sopra i 15mila abitanti – e quindi voteranno con il doppio turno – mentre 808 sono sotto la soglia e quindi il sindaco sarà eletto dopo un solo turno. Il dato politicamente più rilevante, tuttavia, sarà ricavato da quello che accadrà nei 27 Comuni capoluogo in cui poco più di 2,8 milioni di cittadini saranno chiamati alle urne. Il centrodestra, forte del fatto che dodici di questi sono al nord, governa in 17 amministrazioni. Attualmente Pdl e Lega guidano Alessandria, Asti, Como, Monza, Belluno, Verona, Gorizia e Parma. Ma cosa accadrebbe se la coalizione, come lasciano intendere i leghisti, dovesse sciogliersi, oltre che a livello nazionale, anche su base locale? Semplice: il disastro. «Diviso, il centrodestra è destinato a perdere ovunque con l'unica eccezione di Verona, dove con il sindaco uscente Flavio Tosi la Lega potrebbe farcela anche da sola», prevede Osvaldo Napoli, vicecapogruppo del Pdl a Montecitorio, ma soprattutto, grazie al lungo passato come vicepresidente dell'Anci, l'Associazione dei Comuni italiani, profondo conoscitore delle realtà locali. Una proiezione condivisa dal politologo Roberto D'Alimonte, che sul Sole 24 Ore è giunto alla conclusione che al nord «Pdl e Lega da sole non riuscirebbero a conquistare nessun capoluogo senza trovare una qualche forma di accordo». Già, l'accordo. Quante possibilità ci sono che sopravviva almeno a livello amministrativo? Secondo Napoli, alla fine una soluzione si troverà: «Non ci si fa del male da soli, una sintesi bisognerà trovarla». Anche perché, spiega, «noi abbiamo bisogno di loro e loro di noi. Non realizzare intese su base locale sarebbe autolesionistico». Insomma, minimizza, quello che sta accadendo in questi giorni è solo tattica: «Ognuno sta cercando di alzare il prezzo». Al quartier generale del Pdl in pochi credono che il Carroccio sia pronto a portare alle estreme conseguenze la frattura che si è aperta con il diverso atteggiamento nei confronti del governo Monti. «A livello nazionale il quadro politico non sarà definito prima di gennaio, quando il Parlamento sarà chiamato a pronunciarsi sulle prime misure del governo. Quindi è troppo presto per tirare le somme», osserva un colonnello berlusconiano, che di conseguenza invita gli (ex) alleati della Lega a separare i due piani: «Quello locale deve essere indipendente da quello nazionale». Anche perché in cinque giunte uscenti del Mezzogiorno - Isernia, Lecce, Trani, Palermo e Trapani - c'è già da sciogliere il nodo dei rapporti con l'Udc. Che faranno i centristi, resteranno fedeli al Pdl o presenteranno una candidatura del Terzo polo? di Tommaso Montesano