La Lega si divide su Silvio Bossi lo rivuole ma gli altri no
Umberto chiede un incontro, Silvio fissa per venerdì ma Maroni: "Non mi risulta". Ora il Cav dovrà mediare con Bobo
Dalla presidenza del Consiglio alla presidenza dello sbadiglio: «È stato difficilissimo restare svegli», confessa Silvio Berlusconi lasciando il Palazzo di giustizia dopo l'udienza mattutina del caso Mills. Processo inutile, spiega il Cavaliere, «non può avere effetti giuridici perché interverrà la prescrizione». Che perdita di tempo: l'ex premier fa capire di avere altro di meglio da fare. Fare pace con la Lega, per esempio. «Bossi mi ha cercato, avrebbe voluto incontrarmi per colazione, ma io ho rinviato a venerdì». "Mi vuole bene" - Venerdì, dunque, il giorno clou (anche se a Maroni non risultano appuntamenti in agenda). Riuscirà Berlusconi a ricucire lo strappo con la Lega? Silvio non ha dubbi sulle proprie capacità di persuasione, quando davanti a sé c'è il Senatur: «Con Umberto so come fare, mi vuole bene, due parole giuste e si convince. Il problema sono gli altri leghisti». La nascita del governo Monti ha spaccato il due il centrodestra: da un lato il Pdl che ha aderito alla larga maggioranza che sostiene l'esecutivo tecnico, dall'altro la Lega, unico partito ufficialmente all'opposizione. In mezzo c'è il Cavaliere che, per tentare di tenere insieme tutti i pezzi, recita più parti in commedia. Ora responsabile, ora tribuno, ora leale, ora scalciante. «Non penso proprio che sia finita l'alleanza. Cercherò di convincere la Lega a fare scelte nell'interesse del Paese. Non capisco come potrebbe fare altrimenti visto che ha già votato provvedimenti analoghi quando era al governo: Monti ha portato in Europa misure già varate dal mio esecutivo e per il 55 per cento già approvate dal Parlamento con la legge di stabilità». Super Mario? «È appena arrivato, non è in ritardo, deve occuparsi di cose impegnative, lasciatelo lavorare». E questa è la versione ufficiale. Poi c'è un altro Berlusconi. Molto più spregiudicato. Che tenterà di sedurre il quasi ex alleato con argomentazioni diverse: «Facciamo cadere questo governo quando ci pare», è il discorso che l'ex premier vuole fare a Bossi, «il nostro sostegno non è affatto scontato, dovranno sudarselo». In questa strategia double-face - “ti voto, ti critico” - qualcuno ci legge tutta la confusione che impera nel Pdl all'indomani dell'addio a Palazzo Chigi. Altri, invece, scorgono i contorni di un piano che avrebbe in testa Berlusconi. Cioè l'idea di lasciare ad Alfano l'interlocuzione responsabile con il governo (il segretario incontrerà Monti nei prossimi giorni per discutere le misure per la crescita), ritagliando per sé il ruolo del guastatore. Che dissemina paletti e che rovina il clima di anestetico unanimismo predicato dal Quirinale. Domenica, a Verona, tutto questo è stato molto plastico: ok la coalizione allargata, ma col Pd «rimaniamo diversi», ha dosato le parole il segretario del Pdl; «Comunistiii!», ha detto, pane al pane, il Cavaliere. Cosa ha in mente Silvio? Obiettivo minimo: riempire, con i suoi decibel, il solco che si è creato tra Pdl e Lega, tenere aperto un canale di comunicazione. Obiettivo massimo: fare che le due linee, in questi mesi, sfocino nella nascita di partiti gemelli. Con una lista di “berlusconissimi” accanto al più moderato e rassicurante Pdl. Lista "w silvio" - Un modo per tenere insieme tutta la fauna: falchi e colombe, leoni e pecore. Si vedrà. «Non mi ricandiderò alla presidenza del Consiglio, il Pdl farà le primarie», ribadisce Silvio. Ma la passione per la politica non è svanita. E Berlusconi ha ancora la voglia e il conto in banca per coltivarla. Il Cavaliere rivendica il suo ruolo e i suoi successi internazionali. Lo fa lasciando il tribunale di Milano: «Io sono tra i politici più conosciuti al mondo con Obama, è stata diffusa una pessima immagine di me». Pure la storia della diarchia franco-tedesca, ricorda, non lo aveva mai convinto: «Con gli altri leader avevamo deciso di dire no alle loro proposte», ora invece Monti siede con loro nel direttorio. Ma l'ex premier adesso ha altre urgenze: i processi. Non sarà in tribunale per l'udienza Ruby: «Ho un incontro con il presidente del Ppe». E, tuttavia, Silvio ribadisce la sua linea difensiva: «La ricostruzione dei pm è stata artefatta a fini di eversione politica», attacca. Ruby? «Dichiarava di avere 23 anni e di essere parente di Mubarak. E ha giurato e firmato di non aver avuto neppure una avance da me». Berlusconi insiste, quelle di Arcore sono cene eleganti. Anche ieri sera ha avuto ospidi «decine di imprenditori per conoscere il loro parere sull'economia». Oggi il Cavaliere rientra a Roma. In mattinata è atteso al Quirinale, vedrà Napolitano a margine di una celebrazione per l'anniversario dell'unità d'Italia. In serata invece Silvio è atteso alla presentazione del libro di Angelino Alfano. Occasione in cui avrà un primo approccio coi leghisti: al tempio di Adriano troverà anche Roberto Maroni. Che ieri se ne è uscito con quella che sembra una sentenza: «A Barcellonastanno iniziando a pensare al referendum per l'autodeterminazione: se vince il sì, dopo la Catalogna arriva la Padania. Abbiamo tutti contro, ma il nostro progetto è sempre più vicino». di Salvatore Dama