Taglienti Angela Merkel, la c... inchiavabile Helmut Kohl fu il primo ad affermarlo
"La Merkel? Una bambina bizzosa attaccata alla poltrona, non solo per le dimensioni del suo sedere". Chi lo ha detto?
«Angela Merkel è una bambina bizzosa attaccata alla poltrona, non solo per le dimensioni del suo sedere». Firmato Helmut Kohl. E che la considerazione venga da un padre della patria del calibro del riunificatore della Germania innalza sensibilmente il livello della discussione sul lato ß della Cancelliera. L'indiscrezione di cui sopra è stata rivelata da Milano Finanza. Gustoso anche il tramite: Romano Prodi. Secondo il quotidiano finanziario, infatti, sarebbe stato proprio l'ex premier italiano a confidare «ad un consesso ristretto a Bologna» l'apprezzamento di Kohl nei confronti della poco avvenente erede. Apprezzamento che, si diceva, alza l'asticella del dibattito. La quale già partiva tutt'altro che bassa. Merito dell'intercettazione apocrifa (qualcuno giura che ci sia davvero, anche se della sua esistenza non si riscontrano prove) in cui Silvio Berlusconi avrebbe etichettato la collega con l'epiteto di «culona». Una leggenda metropolitana, che però è diventata un caso. Terga alterne - E ora il carico da novanta del buon vecchio Helmut. Che segna un duplice salto di qualità. Primo perché un conto è che certe cose possano scappare al Cavaliere (il cui peculiare criterio estetico è universalmente noto) mentre un altro è che l'apprezzamento possa venire da un anziano conservatore mitteleuropeo. Se la conformazione del posteriore della Merkel è tale da impressionare anche lui, significa che siamo davvero nell'ambito dell'eccezionale. Decisivo risulta essere però il secondo aspetto del salto di qualità, e pazienza se per affrontarlo bisogna abbandonare la facezia e buttarla in politica. Perché quell'«attaccata alla poltrona» pronunciato da Kohl suona sinistramente come emblema del fallimento politico dell'esperienza della signora: un problema vagamente più grave di qualche centimetro di troppo sul punto vita. Gli eventi dell'ultimo periodo, infatti, hanno inferto un colpo forse letale alle prospettive della Merkel: le gestione dell'acutizzarsi della crisi economica, col muro agli eurobond e l'insistenza sulla bontà dell'idea di un direttorio franco-tedesco a fare da traino alla risalita dell'eurozona, si è rivelata del tutto inefficace. L'immagine dell'asta dei Bund decennali di mercoledì andata semideserta (titoli collocati per meno di quattro miliardi a fronte di una previsione di sei miliardi) è l'emblema di questo fallimento. Grasse koalition - Oltre che in patria (dove la partita interna per la ricandidatura della Merkel è appena all'inizio), questo quadro riverbera anche all'estero. Perché il fallimento della Merkel è, inevitabilmente, anche il fallimento della geometria parlamentare e politica che la sorregge: la famosa grosse koalition. Che da noi era stata salutata come un toccasana per la democrazia (specie dopo le elezioni del 2006 col sostanziale pareggio tra i due poli) e vagheggiata come rimedio a tutti i mali della politica. E che ancora oggi, potenza di un governo sostenuto dalla più ampia ed improbabile delle maggioranze parlamentari, gode di stima quasi unanime. Ora che ci sono le larghe intese, ripetono i più accesi alfieri del montismo, andrà tutto benone per forza. E invece, proprio nel momento in cui massimamente si sarebbe ben disposti nei confronti della grosse koalition, arriva il patatrac della sua più autorevole interprete. Un patatrac che regala argomenti agli scettici del governissimo e incrina le certezze del partitone dell'inciucio. Una tempistica decisamente sfortunata, e sì che di culo ce n'era in abbondanza. di Marco Gorra