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Così Mario deve convincerla

Merkel arriva al vertice di Strasburgo dopo il flop dei Bund. Monti ci prova: per salvare l'Euro, eurobond o intervento Bce

Giulio Bucchi
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Attacco alla Germania, attacco all'euro. Il flop dell'asta dei Bund tedeschi, con soli 3,6 miliardi di euro di titoli piazzati (su 6 in totale) e il conseguente intervento della Bundesbank che ha comprato il rimanente 40%, è un segnale chiarissimo alla cancelliera Angela Merkel da parte degli investitori internazionali. Continuando con una politica anti-europea ed egoistica, nemmeno Berlino sarà al riparo dalla crisi del Vecchio continente. Nel 2012 scadono circa 500 miliardi di obbligazioni, come ricordano sul Corriere della Sera Alberto Alesina e Francesco Giavazzi: se la situazione non cambia, il rischio è che una buona fetta di queste obbligazioni rimanga invenduta, decretando di fatto la fine della moneta unica. Serve, dunque, un intervento deciso della Banca Centrale Europea. Lo dice il Corriere, soprattutto lo pensa il premier Mario Monti. Che oggi, nel vertice trilaterale con Merkel e il presidente francese Sarkozy a Strasburgo, deve accelerare: emettere eurobond o addirittura intervenire sugli stock, e comprare quantità illimitate di titoli di stato dei paesi a rischio, a cominciare da Italia e Spagna. La Merkel finora si è sempre opposta, forte di una economia reale che va a gonfie vele (gli ultimi dati sul Pil parlano di una crescita dello 0,5%, sull'anno +2,5%) ma oggi non è più nelle condizioni di dettare legge. Di seguito l'articolo di Nino Sunseri Ora qualche brivido comincia ad attraversare la cocciuta resistenza della signora Merkel. L'asta dei bund a dieci anni non è stata un successo. A fronte di un'offerta da 6 miliardi ne sono stati assorbiti 3,6. Il resto lo ha messo la Bundesbank facendo quello che impedisceno alla Bce: cioè porsi come argine al collasso dei titoli pubblici europei. Ovviamente per fronteggiare l'emergenza la Bundesbank ha dovuto tirare fuori un po' di euro dalla cassaforte. Anche questo è vietato alla Bce sostenendo che se l' operazione diventasse sistemica potrebbe provocare la ripresa dell'inflazione. Un eventualità che la Germania non può accettare essendo la stabilità monetaria prevista in Costituzione. Resta il fatto che l'insuccesso di ieri deve far riflettere. I mercati hanno mostrato scarso interesse per i decennali tedeschi che rendono il 2%. Sono espressi in euro e, in caso di naufragio, è immaginabile che lo tsunami investirebbe anche lan finanza di Francoforte. Non è un caso che ieri le polizze d'assicurazione sull'eventuale fallimento della Germania siano saliti di nove punti toccando la soglia di 110 centesimi. Niente di grave, ovviamente. Solo la considerazione  fra gli operatori che l'eventuale dissoluzione della moneta unica non lascerebbe indenne Berlino. Pertanto correre rischi per un misero 2% non ha senso. Il ragionamento è semplice. Se davvero il mercato pensa che l'euro possa naufragare preferisce posizionarsi sul dollaro o sul franco svizzero. Se invece c'è la convinzione che la bufera sia passeggera meglio i bot francesi che rendono il 4% o addirittura i Btp al 7%. Tuttavia la signora Merkel  non sembra, al momento, aver raccolto la lezione. Parlando al Bundestag (il Parlamento di Berlino) ha definito impropri gli interventi della Bce a sostegno del debito dei Paesi deboli se dovessero diventare sistematici. Ha giudicato prematuri gli eurobond - anche la Bild afferma che la Cancelliera è pronta a fare dietrofornt sulla questione - e ha annunciato che il prestito di otto miliardi alla Grecia verrà erogato solo in presenza di «impegni scritti» delle forze politiche sul risanamento. Tanta intransigenza ha fatto collassare i mercati. Le Borse sono andate giù e , alla fine, Piazza Affari ha perso più del 2,5%. Maglia nera d'Europa, ancora una volta. Ma neanche altrove va benissimo: sotto dell'1,5% circa Francoforte e Parigi. Dell'1,2% Londra. Contemporaneamente il differenziale tra Italia e Germania ha ripreso a galoppare. Ha superato i 500 punti per poi stabilizzarsi intorno a 480.  Di fronte a tanti disastri cominciano a fioccare critiche all'intransigenza tedesca. Il più duro è stato il Finacial Times secondo il quale la Germania, come tradizione, «ha dichiarato guerra all'Europa». Risentite reazioni negli ambienti finanziari e industriali tedeschi. Resta il fatto che anche la grande Germania deve fare i conti con le proprie debolezze. Per esempio in materia di conti pubblici. Il  debito ha raggiunto il record di duemila miliardi di euro (più alto dell'Italia) e una percentuale sul Pil del 69,6% (quanto la Spagna). Nessuno discute sulla solidità dell'economia tedesca. Resta il fatto che i morsi della crisi cominciano a lasciare segni evidenti. Per esempio l'andamento del Pil che nel terzo trimestre è salito dello 0,5%. Niente di eccezionale perchè neppure la Germania può vivere di esportazioni come ha fatto finora per fronteggiare la crisi. Senza il motore europeo il resto del mondo arranca.  Lo dimostra il fatto che a settembre gli ordini dell'industria tedesca sono calati del 4,4%. Quelli italiani del 9% e non c'è ragione di esultanza. Dalla crisi l'Europa esce insieme o non esce.  Sembra banale ma meno di quanto non sembri. E se un tempo bastava un giudice a Berlino, adesso servirebbe anche un cancelliere. di Nino Sunseri

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