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Arbore: "Fiorello, un ansiolitico. Lui fa miracoli, io ero di nicchia"

L'intervista al re del varietà: "Fiore riesce a unire pubblico giovane e non. E' trasversale e piace a destra, sinistra, grandi e piccini"

Andrea Tempestini
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Fiorello straccia gli ascolti di Sanremo. Renzo Arbore, il mentore del varietà italiano se ne sta mollemente adagiato a Perugia mentre il Festival dell'Immaginario festeggia “Arboriani e arborigeni- Quelli di Renzo e i suoi seguaci”, la tre giorni in corso fono a domani organizzata e creato da Marco Molendini sulla di lui vita e opere ( con illustri ospiti dalla banda di Quelli della notte Telescforo, Marenco Ferrrini a Bonolis, alla Carlucci a Max Paiella). Arbore dottor Renzo, a lei -un cazzaro straordinario, ironia distillata, telegenia dell'intelligenza- Bruno Vespa attribuisce il successo di Fiorello. Concorda? «Un po' sì. Fiorello è un ansiolitico nella crisi. É  trasversale, piace a destra e sinistra, ai grandi e ai piccini, al colto e all'inclita, vende una simpatia straordinaria , non se la tira e fa un umorismo comprensibile a tutti. É alfiere di una tv  generalista, tipica di Raiuno, che è in grado di prendere due pubblici...» Due pubblici. Il nazionalpopolare e il popolo di Twitter. Social network applicata a una tv antica: forse una paraculata, ma che ha funzionato. «Esatto. Di solito sono incompatibili. A Fiorello è riuscita un'operazione algebrica: commistionare i due pubblici, ottenendo cifre mostruose. Certo, per la tv frazionata di oggi. Non dimentichiamoci che anni fa Portobello di Tortora faceva 20 milioni di spettatori» Lei però non era più di nicchia? Indietro tutta, Quelli della notte, l'allegria all'imbrunire, il “Meno siamo meglio stiamo”? «Vero. Facevo una “tv altra”, il contrario della generalista. Il mio slogan era “Occorre razzolare nell'inconsueto”, come faccio con l'orchestra italiana, che sembra roba vecchia invece dimostra che la modernità della canzone napoletana ci seppellirà tutti. Ma su Raiuno ci sono stato pure io, ottimamente..» Non ricordo, al momento... «Le rinfresco io al memoria. Al di là di Quelli della notte o Indietro tutta che erano una tv diversa (comunque con i suoi 3 milioni di spettatori), io con “Cari amici vicini e lontani” nell'84,  un atto d'amore alla radio feci 14 milioni di spettatore. Il Cavaliere allora a Mediaset mi mise contro dei giganti tipo Dallas e Dynasty, ma non mi scollai da quella cifra. E tenga conto che avevo Nilla Pizzi Stesso successo con Lino Banfi Aspettando Sanremo, 10 milioni. Un'apoteosi con “Caro Totò ti voglio presentare”» Era una tv diversa. Non c'erano le miriadi di canali del digitale, non  c'era la mitica parcellizzazione dell'ascolto, il web... «Appunto. Bravo Fiorello. Fiorello è, nel comico quello che è Don Matteo nei “buoni sentimenti”, l'antidoto alla tv di Cogne, di Avetrana, dei delitti e dei plastici.  Speriamo d'essere alla soglia di un cambiamento» Ritornando a lei. Cosa si ritrova in Fiorello, di Renzo Arbore? «Fiorello da noi ha preso il  cosiddetto climax» Sia meno tecnico. «Il cazzeggio. ha preso il cazzeggio, quell'allegria che ti viene davanti a una pizza e dopo una grappa la sera con gli amici. Somiglia molto in questo a Walter Chiari, mentre più vicino a noi è uno come Enrico Brignano. Fiore è ancora in un'età in cui piace ai ragazzi ed è ben visto dai più anziani, è un talento proteiforme che sa ballare, dialogare, danzare, satireggiare» Satireggiare un po' meno. Le battute politiche sono poco “ficcanti”, come dice lui stesso. « Ma Fiorello non fa satira politica, non è la sua cifra. Non è Benigni o Crozza che nella satira sono maestri, fa  satira di costume, umorismo non legato al contingente. Un po' lo facevo anch'io. Se lei ricorda, a Indietro tutta noi prendevamo in giro le donne-oggetto con le ragazze Coccodè, i quiz con la “ruotona della fortunona”, la Carrà con gli urletti dei fan? Ma non facevamo attacchi ad personam, o imitazioni. Mai avuti né voluti imitatori. Solo una volta a “Indietro tutta” misi a confronto due discorsi registrati di Craxi e De Mita allora acerrimi nemici. Ma dissi chiaramente che si trattava di un'eccezione..” Fiorello avrà pure qualcosa che non va… “Se c'è un neo è che è legato al classico varietà alla Antonello Falqui. Non fa nulla di nuova. Ma lo dichiara ed la sua forza» A proposito di comici tradizionale, lei guarda l'intrattenimento in tv, gli “arborigeni” di ritorno… “Naturale” E chi le piace? “Fiorello somiglia molto a Walter Chiari, anche come si pone. Ma il comico più vicino a me, fosre è Brignano, un vero talento. Come lo sono Lillo e Greg dichiaratamente della scuola radiofonica di Alto Gradimento. Ficarra e Picone non sono affatto volgari e fanno ridere. Elio e le Storie Tese sono bravissimi, comicità altissima a nonsenso. Anche Vergassola poco considerato ha ottimi colpi” Serena Dandini, che in questo momento passa a La7? “Serena Dandini è una buona organizzatrice” Vede Colorado, Zelig e lo stuolo indiscriminato dei programmi comici? «Non mi dispiacciono, ma sono solo delle grandi confezioni. La nostra cifra era l'improvvisazione, il jazz della parola. Questi, invece, sono pop...» I Guzzanti? “Corrado  è bravissimo. La sorella Sabina? Certo un po' troppo, troppo hard, io sono per la tv soft, è lontana dai miei canoni, diciamo” Daniele Luttazzi? “Ma questi qui sono stati i grandi provocatori, ma non è il mio genere. Anch'io faccio televisione “pro” non “contro”. Vede, ci sono due tipi di televisione: la “televisione pro” che costruisce e la “televisione contro” che attacca distrugge con la satira, col gossip. La cosa è semplice: Fiorello fa “tv pro”. Il postulato classico: “Io quando torno a casa dopo una giornata di lavoro voglio stendermi nel salotto per rilassarmi..” Arbore, lei prima citava Totò. Esiste un nuovo Totò? “Dico sempre che di Totò , o di Gassman in grado di fare il pugile suonato e, al contempo, l'Amleto, ne nascono uno ogni 150 anni, e loro sono coevi, figurarsi. Però ci sono stati dei grandi emuli loro. Troisi e Verdone, per esempio, agivano su idee sobillate da me e costruivano sketch grandiosi. La invito a rivedersi quello di Verdone che fa il cardinale Camerlengo nel conclave, che non riusciva a cuocere le salsicce nel caminetto di Raffaello, perché la stufa non tirava…”. ( ps L'abbiamo rivisto su Youtube. Lacrime agli occhi. Come diceva Calvino, i classici sono importanti…) intervista di Francesco Specchia

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