A scuola d'odio dalla Guzzanti Corso d'insulti ai berlusconiani
Lo spirito di Sabina: "Detestare il Cav fa bene. Ferrara? Puzza. La De Filippi? E' una stronza maledetta..."
Al Corso scientifico di satira organizzato da Sabina Guzzanti a Roma, nel cinema Palazzo occupato, il primo premio lo merita senza dubbio questa ragazza con i lineamenti dolci e i capelli lunghi scuri, pare che si chiami Leila, come la principessa di Guerre stellari. Non se ne rende conto, ma quando sale sul palchetto di legno si prepara a mettere in scena la più riuscita parodia dei suoi compagni e della loro maestrina. Si presenta titubante, flagellata: ho un pensiero fisso, dice, un sogno ricorrente che mi tormenta. La sua voce si trasforma in una caricatura di quella di Silvio: «Sono tornato!», grida. Eccolo, l'incubo: il Cavaliere non è sconfitto, anzi è ancora in forze e si prepara alla riscossa. Occhi Dolci ha colpito nel segno: è la rappresentazione perfetta dell'ossessione antiberlusconiana. Lei e i suoi amici sono, in fondo, i più fedeli sostenitori di Silvio, dotati di una fede cieca nelle sue capacità di reazione e nella sua indisponibilità ad arrendersi. Addavenì il Biscione, ripetono, ma il terrore che egli scompaia alberga nei loro cuori. Tutte le loro battute, ogni tentativo di ironia riguarda il Cav e il suo mondo. Dopotutto, questi ragazzi non sono che lo specchio della loro eroina, gli arzilli Giovani Pionieri di Sabna Guzz, grande timoniera della satira sovietica. Maestrina sovietica - Sabina si presenta in versione operaia, insaccata in una salopette grigia, ma la vezzosità le sguscia fuori un po' dappertutto: nelle scarpe con tacco altissimo, a slanciare il corpo un po' corto; negli zigomi gonfi e - quelli sì - parecchio rialzati, un po' troppo per sembrare naturali. Appena apre bocca, tutti ridono a comando. Gestisce il corso come una kermesse anni '70, in cui il vociare dalle tribune è concesso, il guaito liberatorio assecondato. I ragazzi sono tanti, la sala è piena, fanno a gara per esibirsi. Il primo, cavallo dei jeans a livello sotterraneo e crestina da galletto sul cranio, se la prende con Maria De Filippi. Mima una puntata di Uomini e donne, scimmiotta la voce baritonale della conduttrice, strappa qualche risata. «Ora c'è il governo giurassico di Monti», spiega, «ma Berlusconi ha già pronta l'arma segreta: il governo della De Filippi, la donna che ha distrutto tonnellate di sopracciglia maschili. Il suo partito si chiamerà “Amici della sottoscritta e libertà”». Qualche applauso. Gli aspiranti satiri si alternano, una ragazza riscrive il Padre nostro per sfottere il nuovo premier («Padre Monti che sei dei banchieri...»), ma dura poco. Tocca presto a un'altra donzella che bercia in romanesco: «Berlusconi c'hai rotto li cojoni» e gli astanti sorridono, forse per pietà. Immancabile, a metà show, il precario. Si lamenta di aver studiato filosofia e di guadagnare 600 euro al mese, mentre il suo ex compagno di banco ignorante si è sposato (con Cesare Previti come testimone) e adesso fa il parlamentare del Pdl, in mezzo ai subumani di centrodestra. Poi, finalmente, compare l'allieva ideale. Una ragazza magra intabarrata in una tunica che imita la madre di Giuliano Ferrara. «Volevo una femmina», piange, «la volevo chiamare Giuli, poi ho visto chi era mio figlio e ho aggiunto l'ano. Giuliano alla nascita pesava 30 chili, hanno dovuto rattopparmi. Era brutto e puzzava». Obiettivo centrato: il pubblico sghignazza, Sabina in prima fila osserva compiuaciuta, si culla al suono degli insulti. Per la giovane magrolina non ci sono correzioni. La «mamma di Ferrara» ha capito che cos'è la satira secondo la Guzzanti: disprezzo, ingiuria. Sabina sale sul palco e per prima cosa annuncia l'happening di domenica prossima: un corso di «resistenza urbana», con i rappresentanti di varie associazioni di sinistra che insegneranno agli okkupanti del cinema (dovrebbe essere trasformato in un casinò, intanto resta un casino) come fare un picchetto, come rispondere agli agenti inviati per lo sgombero. Ci saranno quelli di «Libera» e i No tav, annuncia la Guzzanti. Quindi parte con la lezione. «La satira nasce da un impulso», teorizza. «Quando vedi qualcosa che odi. L'odio è prezioso, il conflitto è importante per la società». Ecco l'esempio pratico, l'analisi dell'imitazione della De Filippi. «Parlare di odio verso di lei è forse eccessivo», spiega, «diciamo che la consideriamo un nemico dell'umanità». Segue dibbbattito: «Per dieci minuti concentriamoci e troviamo i motivi che ci provocano un senso di repulsione verso di lei». La folla ulula, si sganascia, gli studenti fanno a gara per alzarsi e definire la donna simbolo della tivù berlusconiana una «allevatrice di dementi», una che «fa programmi per aumentare il consenso a Silvio». Un ragazzo prova a dissentire: «Io l'appezzo, le sue sono genialate, cattive se volete, ma genialate». Sabina lo fulmina: «No, scusa, dobbiamo fare osservazioni puntuali, siamo qui per demolire. Dobbiamo capire quali sono i suoi punti deboli...». Il succo è: «Dobbiamo fare in modo che chi ci ascolta pensi: ecco perché questa stronza maledetta mi sta sui coglioni». Largo agli insulti - I Piccoli Pionieri obbediscono, sciolgono i lacci. Sono agghindati da ribelli, ma sfoggiano un bacchettonismo da antologia. «La De Filippi vuole insegnare alla gente, per esempio agli anziani, che la cosa importante a ottant'anni è trovare l'amore della vita»; «fa ascolti perché l'amore fra vecchi è torbido». Come il suo padrone, Maria è una stronza maledetta, che ci vuole imporre le «cose frivole» dell'esistenza, tipo l'amore. E loro, le giovani belve del ginnasio guzzantiano, le frivolezze le disprezzano. Hanno cose più importanti da coltivare: l'odio, per esempio. Per essere pronti domani, quando il Biscione tornerà e spetterà a loro accoglierlo come merita. di Francesco Borgonovo