L'ospedale delle Coop affonda nello sterco: costò 1 miliardo
Il fallimento della sinistra rossa: vent'anni fa iniziano i lavori. A novembre salta trasloco. Saltato: nelle condutture c'è la legionella
Il simbolo del fallimento dell'Emilia rossa è un ospedale fantasma nella nebbia. Come le cattedrali nel deserto, solo con qualche variante geoclimatica, politica e di destinazione. È sorto da ormai ventun anni nel comune di Ferrara, a Cona, a 10 chilometri dalla città, grazie alla finanziaria del 1988 che sovvenzionava l'edilizia sanitaria. A tutt'oggi è incompiuto. Pensato come un servizio alla salute pubblica, si ritrova con una spanna di guano di piccione su pavimenti e letti per i degenti, con fili penzolanti e perfino una contaminazione da legionella negli impianti idrico-sanitari, scoperta due settimane fa proprio nell'imminenza, dopo numerosi rinvii, del trasferimento dei ricoverati dall'ospedale cittadino Sant'Anna. Tutto procede schizofrenicamente, si smontano i macchinari, si scollega il sistema delle prenotazioni e si sospendono gli interventi. Il trasloco costa centinaia di migliaia di euro e il vecchio ospedale, l'unico ancora in funzione, affitta altri macchinari. L'esito naturale di «una gran porcata, frutto di un'enorme speculazione sulla pelle dei cittadini», denunciata da oltre vent'anni il senatore del PdL Alberto Balboni, che agli esordi del progetto era capogruppo del Msi nel consiglio comunale della città estense e unico rappresentante dell'opposizione nell'assemblea dell'Unità sanitaria locale. CONTINUE DENUNCE Era l'epoca del consociativismo, quando gli appalti pubblici finivano regolarmente all'impero delle cooperative rosse. E la Coopcostruttori di Argenta nel 1994 si era aggiudicata la gara da 100 miliardi di lire, sebbene le relazioni dei geologi avvertissero che quel terreno è in una buca (una voragine, alla luce degli ultimi sviluppi), soggetto a subsidenza. I motivi della scelta di una posizione così disagiata rimangono ancora misteriosi, ma si sborseranno alcuni miliardi di lire in più per realizzare palificazioni e le idrovore per drenare acqua. Era stato previsto anche un sistema di «viabilità di servizio», osserva il consigliere regionale del Pdl Mauro Malaguti, «ma non è ultimato né definito, mentre il trasporto pubblico prevede una sola linea urbana e non è ancora in funzione la cosiddetta metropolitana di superficie». Nonostante ciò il costo finale dell'opera supererà i 300 milioni euro secondo le amministrazioni coinvolte, «ma se si sommano tutti i costi accessori si raggiunge facilmente la cifra di 500 milioni di euro», spiega Balboni, per limitarsi soltanto alla costruzione. I suoi calcoli seguono passo dopo passo le vicissitudini del mostro mangiasoldi. A corto di denaro mentre Coopcostruttori fallisce, nel 2002 le istituzioni si salvano in corner con un megamutuo da 65 milioni di euro stipulato con l'Inail, che però pretende garanzie e ora riscuoterà un super-affitto da milioni di euro. L'appalto edilizio viene rilevato dal Consorzio Progeste (sempre della galassia Coop rosse), insieme ai servizi no-core del nosocomio affidati per 29 anni e 10 mesi in esclusiva per una cifra intorno a 30 milioni di euro. COSTI LIEVITATI Così, mentre l'ospedale non è ancora entrato in funzione, le spese si gonfiano fino a toccare «un miliardo di euro, per di più buttati al vento perché con appena cinque milioni di euro si sarebbe potuto ristrutturare il Sant'Anna, che vanta alcune cliniche all'avanguardia», precisa Balboni che ha coinvolto la Commissione d'inchiesta parlamentare sulla Sanità, ottenendo l'acquisizione della documentazione sul caso, come per altri grandi scandali politici. Oggi, all'assemblea legislativa dell'Emilia Romagna, Malaguti e altri dieci colleghi del Pdl proporranno l'adozione di una risoluzione «per stilare un piano serio e verificabile del trasferimento dell'ospedale cittadino di Ferrara a Cona». Ma il centrodestra intende coinvolgere anche l'assessore alle Politiche per la salute e magari commissariare la struttura. Intanto il trasferimento slitta al 2012 e i ferraresi già preferiscono gli ospedali del Veneto. «Figuriamoci cosa accadrà quando in città non vi sarà più un ospedale e occorrerà», conclude amaramente Balboni. di Andrea Morigi