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Pisapia dà 8mila euro a ogni famiglia rom

Bocciato il piano di Maroni che prevedeva di chiudere i campi rom. In 40 si comprano una cascina coi soldi dei cittadini milanesi

Lucia Esposito
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La picconata del consiglio di Stato arriva quando 40 rom di via Idro hanno appena appena incassato un assegno di 8mila euro per trasferirsi in una cascina nel Pavese. «Il piano per l'emergenza nomadi è illegittimo». In diciotto pagine di sentenza, i giudici demoliscono l'asse istituito dall'ex ministro dell'Interno Maroni per chiudere a chiave i campi nomadi di Milano: spariscono i poteri commissariali affidati al prefetto, vengono dichiarati «decaduti» tutti i progetti controfirmati dal Comune, si eclissa ciò che resta dei 13 milioni di euro stanziati per sigillare le baraccopoli autorizzate. L'accusa dell'associazione Europeans Roma Richts Centre Foundation resiste alle obiezioni delle istituzioni e trascina nel fango tre anni di politiche nazionali sui campi nomadi. A Milano, dove si puntava a chiudere 4 campi nomadi entro fine anno dopo la «liberazione» del Triboniano, la consulta Rom stappa lo champagne: «Bisogna sospendere subito il piano, è finita l'epoca della discriminazione razziale». Il piano nomadi nazionale - secondo i giudici - è viziato da uno stato di emergenza «non motivato». Comincia tutto nel 2008. La Romania entra in Europa, le periferie di Milano si riempiono di bidonville abusive e i cittadini cominciano a convivere con baracche e sacchi stracolmi di rifiuti. «A Milano» scrivono i giudici,  «i nomadi sono stimati in circa seimila. Una cifra che – specie se rapportata alle dimensioni e alla densità abitativa dell'agglomerato urbano milanese – non appare un fenomeno di dimensioni ed entità tale da rendere inefficaci gli ordinari strumenti e poteri». Tradotto: bastavano le leggi ordinarie, altro che superpoteri al prefetto per accelerare gli sgomberi. La conclusione brucia l'intero dossier, perché oltre al decreto del 2008 sono da considerarsi illegittimi «anche tutti i successivi atti commissariali». In prefettura, per il momento, si aspettano le motivazioni della sentenza e le contromosse del nuovo governo. La polemica politica, però, è già esplosa. Riccardo De Corato, ex vicesindaco e leader del fronte della tolleranza zero, parla di «conseguenze pesantissime» e va oltre: «Prepariamoci ad una nuova invasione. La sentenza del consiglio di Stato è politica, l'emergenza era evidente. Ora si fermerà l'iter di chiusura dei campi, nonostante l'elargizione di denaro da parte della giunta Pisapia». Aggiunge l'europarlamentare Carlo Fidanza (Pdl): «Il governo intervenga, servono nuovi strumenti per stroncare le attività illecite e favorire l'integrazione sociale». Il sentiero, irto di difficoltà, prevedeva la chiusura entro fine anno dei campi di via Novara, via Bonfadini, via Negrotto e via Idro. La giunta Pisapia, appena insediata, ha concentrato i suoi sforzi sui progetti di «inserimento abitativo». L'ultimo in ordine di tempo, avviato dalla precedente amministrazione e concluso nei giorni scorsi, prevede la concessione di un sostegno al mutuo per una decina di famiglie del campo di via Idro. Oltre al danno la beffa: scompare il piano, ma intanto i soldi incassati dai rom sono inattaccabili. «Il piano l'abbiamo ereditato dal centrodestra» si difende l'assessore alla Sicurezza Marco Granelli, «vedremo quali effetti concreti ci saranno dopo questa sentenza. Il progetto di via Idro è molto più utile di quelli del mio predecessore De Corato, che aveva dato 15mila euro ai rom di Triboniano per tornare in Romania». La road map, continuamente dilazionata nel tempo, doveva partire dal campo di via Novara, già parzialmente svuotato negli ultimi mesi. Davanti alla sentenza del consiglio di Stato, però, la Consulta Rom va all'attacco: «Bisogna fermare tutto» insiste Dijana Pavlovic, rappresentante delle associazioni, «ora inizia una stagione diversa per le comunità rom e sinte». All'attacco Matteo Salvini (Lega): «Decisione assurda. Ora via alla raccolta di firme a favore del piano rom» di Massimo Costa

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