Cerca
Logo
Cerca
+

Autoritari Il ducetto Sarkò si sente Napoleone "Tutta la Francia deve leggere il mio discorso"

Festa dei caduti delle Forze armate, diktat dell'Eliseo: obbligo di ripetere le parole del presidente. Ma qualcuno si ribella

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

Con le elezioni presidenziali francesi fissate per la prossima primavera, il protagonismo frenetico di Nicolas Sarkozy comincia a stancare anche in patria. L'ultimo passo falso Sarkozy l'ha commesso l'undici novembre scorso, data in cui si commemora l'armistizio di Rethondes del 1918 che pose fine alla prima guerra mondiale. Due giorni prima delle celebrazioni, i sindaci francesi si sono visti recapitare un'insolita lettera del prefetto nella quale si leggeva: «Ho l'onore di farvi pervenire, con questa lettera, il messaggio del presidente della Repubblica, che dovrà essere letto in occasione della cerimonia di commemorazione dell'11 novembre che organizzerete nel vostro comune». Nella busta c'era il discorso presidenziale intitolato «Omaggio della Nazione ai soldati morti per la Francia», discorso che è stato effettivamente letto durante la ricorrenza. Ma l'imposizione del discorso di Sarkozy non è piaciuta a molti sindaci. Il primo a reagire è stato René Balme, sindaco del partito di Sinistra di Grigny: «Ecco una grande novità nella nostra democrazia, che consiste nel fare in modo che i prefetti ordinino agli eletti dal popolo di essere i portavoce di Monsieur Sarkozy, presidente della Repubblica e candidato alle elezioni presidenziali!». Balme non contesta soltanto lo stile autoritario con cui, attraverso i prefetti, si è imposto loro di diventare i ventriloqui del presidente, ma anche il contenuto del discorso. In un passaggio cruciale, Sarkozy scrive: «Oggi, in questo avvio di XXI secolo, le nostre truppe sono impegnate in Africa, nel vicino Oriente, in Afghanistan e i soldati continuano a cadere sotto la bandiera francese affinché la nostra bandiera, lei, non cada mai». Il sindaco ribelle ribatte: «ci inchiniamo sempre davanti ai morti di tutte le guerre, ma», aggiunge riferendosi proprio al passaggio in cui Sarkozy ricorda i conflitti in cui sono impegnate le truppe francesi, «questo slancio lirico si presume debba farci dimenticare che non esiste guerra giusta». Ma la questione non è soltanto di uno scontro tra il militarista Sarkozy e un sindaco pacifista, perché, come ha notato il quotidiano Libération, anche i prefetti, nella loro lettera ai sindaci, ricalcano il discorso di Sarkozy: «Questa grande commemorazione nazionale», scrivono, «deve d'ora in poi consentire di esprimere la riconoscenza della Nazione ai tutti i suoi soldati, e specialmente a quelli che hanno partecipato a operazioni fuori dai confini nazionali dalla fine dell'anno 2010». Una frase che, nota il quotidiano, è chiaramente «un'eco fedele dei desiderata del capo dello Stato». Né convince la difesa dei prefetti, che sostengono che è tutto nella norma della tradizione repubblicana, perché anche negli anni scorsi i sindaci si sono visti recapitare, per la commemorazione dell'11 novembre, messaggi scritti dal ministero della Difesa, da un rappresentante dei veterani, e talvolta dal primo ministro. Ma proprio il ricordo della tradizione repubblicana li obbliga a specificare: «Quest'anno è stato il presidente della Repubblica a scriverlo».  Guarda un po' che combinazione. Improvvisamente una commemorazione della conclusione di quella prima guerra mondiale cui seguirono accordi sciagurati, così gravosi per la Germania da preparare il secondo conflitto, diventa «d'ora in avanti» una celebrazione delle azioni belliche francesi all'estero. E casualmente il discorso che suggella questa svolta è firmato, insolitamente rispetto alla tradizione consolidata, dal presidente della Repubblica, che ha fortemente voluto il conflitto in Libia. Discorso che quindi, tramite i volenterosi prefetti, viene imposto ai sindaci. Diciamo che, altrettanto casualmente, i sindaci sono diventati, loro malgrado, propagandisti per la campagna presidenziale di Sarkozy. Troppe coincidenze per non essere una furbata. di Giordano Tedoldi

Dai blog