Smascherati I diciassette ministri a nudo: vite, amori ma, soprattutto, gli scheletri
Alla Giustizia c'è la donna più ricca d'Italia, Passera si diletta con gli alberghi e Terzi è in fuga dalla ex moglie. L'articolo di Bechis
Dove ti giri nel nuovo governo di Mario Monti spunta fuori un banchiere. Ci sono quelli a tutto tondo, come Corrado Passera. C'è chi ha fatto e fa il consigliere di amministrazione di banche, come Elsa Fornero, Francesco Profumo, Piero Gnudi e lo stesso Monti. Ci sono gli ex presidenti di banca, come Dino Piero Giarda. Ci sono gli avvocati di grandi banchieri, come Paola Severino. Ma soprattutto spunta l'origine bancaria perfino dove meno te la saresti aspettata: è nel dna di Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'Egidio e neo ministro all'Integrazione. È figlio di banchiere. Papà Alberto Riccardi, scomparso qualche anno fa ottuagenario per una leucemia fulminante, entrò nella Bna del conte Auletta Armenise come semplice impiegato. Ma alla fine ne divenne vicepresidente. E per dieci anni anche presidente di Interbanca, istituto chiave al centro delle scorribande finanziarie degli anni Ottanta. Il neo ministro Riccardi dunque è cresciuto a pane e finanza come i due fratelli minori - gemelli - Luca (che fa lo storico) e Fabio (che fa il medico). Ma insieme agli indici di Borsa Riccardi ha imparato già lì un po' di santità. In famiglia - zio del nonno paterno - c'è pure un beato: Placido Riccardi, che fu rettore dell'Abbazia di Farfa e che prima di morire insegnò un po' di santità a un giovane monaco tedesco che lo assisteva: Alfredo Ildefonso Schuster, futuro cardinale, arcivescovo di Milano e oggi beato pure lui. Sarà pure la sobrietà la chiave cantata come un'epica dai nuovi araldi del regime Monti, eppure è proprio la moneta la chiave di questo governo. In fondo è naturale: nasce per difenderla (l'euro) dagli attacchi della speculazione. E non è un male che alla moneta gran parte delle truppe nominate per resistere all'assedio siano avvezzi. Così c'è chi fa il banchiere, e chi invece ha un gran conto in banca. Tanto che- pochi lo sanno- ma questo governo ha un primato che fa impallidire perfino il precedente. Voi pensavate che Silvio Berlusconi fosse l'uomo più ricco di Italia? Beh, sbagliato. Secondo la classifica di Forbes è solo il terzo uomo più ricco di Italia. Lo battono Michele Ferrero e Leonardo Del Vecchio. Nel governo Monti invece siede la donna più ricca di Italia: è l'avvocato Severino, nuovo ministro della Giustizia. Nel 2008 balzò alle cronache proprio per quello. Vincenzo Visco aveva sollevato il velo- mettendoli on line- su tutti i redditi degli italiani. E la Severino entrò di prepotenza al 49° posto nella classifica dei diecimila contribuenti italiani più ricchi. Fu la prima delle donne, con un reddito di 6 milioni e 652 mila euro. Riuscì a battere perfino chi risultò seconda (e 58° in classifica generale): Marina Berlusconi. Terza fra le nababbe di casa nostra Miuccia Prada. E nei redditi non era considerata una piccola immobiliare posseduta con la figlia, la Sedibel. Né lo stipendio del marito, anche lui ex banchiere. Il consorte si chiama Paolo Di Benedetto. Nato come avvocato, ebbe però il primo lavoro al Banco di Napoli. Da lì nel 1985 entrò in Consob come funzionario. Lo prelevò Passera quando gli furono affidate le Poste, e lo fece amministratore delegato del Banco Posta Fondi sgr. Si distinse e il centrodestra lo scelse come commissario della Consob. Il banchiere vero in servizio permanente effettivo, Passera, è forse l'unico del gruppo che della moneta si era da tempo stancato. Si capisce ora che decimerà le entrate di famiglia, visto che lo stipendio da ministro valeva sì e no i gettoni di presenza ai consigli di amministrazione fin qui percepiti. Chissà, forse lui nella vita ha sempre sognato di fare tutt'altro. L'ultima idea che gli era venuta è stata quella dell'editoria, dove si è lanciato insieme alla seconda moglie, Giovanna Salza e ai figli di primo letto, Luigi e Sofia. Ha acquistato dalla Federico Motta i diritti multimediali sulla storia medioevale curata da Umberto Eco, e fino al momento sembra averci perso 377 mila euro. Si rifarà. Se si volesse dargli una mano, bisogna riempire stanze e tavoli da pranzo dell'Hotel Villa Fiori sul lago di Como, a due passi da Cernobbio. La proprietà è sua, insieme ai fratelli Antonello e Bianca e alla anziana madre, Clelia Petitti. Le camere sono appena state ristrutturate, e il posto è incantevole. Il ristorante Raimondi è noto nella zona, ma onestamente si può mangiare di meglio. Ora che è diventato superministro, sarà comunque difficile riuscire a prenotare un tavolo. Succede sempre così. Per altro Passera è uno che potente è sempre stato, non facendosi mai veri nemici. Perfino all'epoca della guerra Mondadori, lui era il comandante delle truppe di Carlo De Benedetti. Attaccò agguerrito, ma finì per fare innamorare delle sue capacità il generale avversario, Fedele Confalonieri, che gli propose una miriade di volte di varcare il Rubicone. Trasversale, Passera. Come Piero Gnudi, che ora dovrà occuparsi di turismo (non proprio una sua specialità), e che da una vita è legato alla Bologna che conta. Amico di Romano Prodi e di Pierferdinando Casini, è sempre stato in ottimi rapporti sia con Gianfranco Fini che con lo stesso Berlusconi. Tanto che nessuno se la sentiva di togliergli quella presidenza dell'Enel che gli stava tanto a cuore e che per anni ha tenuto. A Roma Gnudi si è sempre mosso sapendo dove andare. Era uno degli ospiti preferiti e più coccolati con la compianta regina dei salotti, Maria Angiolillo. Trasversale un pizzico anche Antonio Catricalà, che fu guardiano del Berlusconi 2001-2006 dalla segreteria generale di palazzo Chigi, legato però davvero solo a Gianni Letta. Però amico di tutti, soprattutto di quelli che frequentano l'esclusivo Circolo del Tiro a Volo dei Parioli di cui è socio. Con il Cavaliere ha avuto pochi scontri. E una sola volta ne uscì pazzo. A Linate era atterrato un cargo che portava a bordo animali assai velenosi, come alcuni scorpioni. Bloccato dalle pratiche, pare fosse urgente rispedirlo via, perché qualche scorpione stava fuggendo. Ne erano stati avvistati ad Arcore, non lontani dalla villa del Cavaliere. Fu così che Catricalà apprese l'aracnofobia di Berlusconi, che gli ordinò per il primo consiglio dei ministri utile un decreto caccia-scorpioni. Il poverello provò a spiegare che era impossibile, non c'era necessità e urgenza, e si rischiava pure la violazione di norme comunitarie. Non ci fu verso, decreto fu. Abituato a cavarsela con l'uno e l'altro schieramento anche Giulio Terzi di Sant'Agata, neo ministro degli Esteri. Il mentore delle sue fortune è stato Gianfranco Fini. L'inizio delle sue sfortune invece è nel primo matrimonio, con Gianna Gori, poi diventata marchesa di Terzi di Sant'Agata. Come molti matrimoni è naufragato nel 2004. Lui si è rifatto una vita all'estero (nuova compagna e due figli) in attesa della lunghissima causa di divorzio. Lei, Gianna, non si è rassegnata. Per anni lo ha tormentato con i suoi avvocati scrivendo a giornali, ministri e perfino al presidente della Repubblica Napolitano per intimare la cancellazione del nome della rivale nelle cronache diplomatiche. di Franco Bechis