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Il lato B del premier: ciò che Monti non ha detto

Esordisce: il momento è durissimo. Poi promette: super Ici, via le province, tagli alla Casta, meno tasse per le donne e ritocco alle pensioni

Lucia Esposito
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Privatizzzioni, liberalizzazioni, previdenza, lavoro, fisco. Parte grosso modo da questi cinque punti il piano del Governo di Mario Monti.Il nuovo presidente del Consiglio italiano - che ieri ha giurato al Quirinale - alzerà il velo oggi al Senato sul programma.   Gli interventi di peso - e assai discussi in questi giorni - riguardano le pensioni e la patrimoniale. Finora sono state fatte diverse ipotesi. L'obiettivo del nuovo inquilino di palazzo Chigi (che ha l'interim per il ministero dell'Economia) è tenere a bada i conti pubblici. Da oggi Monti  a scoprirà le carte, per iniziare a giocare una partita su  due tavoli.    Quello della credibilità, coi mercati che guardano  alla sostenibilità del debito e al pareggio di bilancio.   E quello della crescita, con le riforme   strutturali che il Paese attende da troppo tempo. Lavoro e flessibilità - Una parte del programma del Governo tecnico dovrà gioco-forza ricalcare la lettera della Bce di agosto e le richieste dell'Unione europea. I due cardini del progetto Monti vanno dunque coniugati con una fase delicatissima dell'economia nazionale alle prese con il terremoto nei mercati internazionali. Una mission impossible che il premier porterà avanti, in particolare, con gli altri ministri economici. Anzitutto l'ex ad di IntesaSanpaolo, Corrado Passera, cui sono stati affidati sia lo Sviluppo economico sia il dicastero delle Infrastrutture e trasporti. L'altro ministro chiave è Elsa Fornero, piazzata al Welfare. All'economista ed esperta di previdenza (ed ex vicepresidente di Intesa) tocca probabilmente gestire il dossier più caldo.  Il menu delle misure è in parte obbligato, per gli impegni da   onorare con l'Europa, ma ci sono margini di discrezionalità. Dunque,   il lavoro, con la flessibilità, ma non con i licenziamenti facili. Per i giovani potrebbero essere varati incentivi e riduzioni sui contributi. Sulle pensioni, il ministro Fornero potrebbe spingere il piede sullo spostamento  al sistema contributivo. Ipotesi che la responsabile del Welfare ha sostenuto fino a pochi giorni fa sulle colonne del Sole 24 Ore. Meccanismo, quello contributivo, che «restituisce individualmente in forma di pensione l'insieme dei contributi (capitalizzati) versati da ogni lavoratore nel corso della sua vita lavorativa, senza oneri per i terzi, e con un ricco “premio” nel caso di posticipo del pensionamento».   Come messo nero su bianco dalla stessa Fornero, si tratterebbe di applicare, a partire dal 2012, il metodo contributivo pro-rata per tutti i lavoratori, rendendo subito effettive un'età minima di pensionamento pari a 63 anni (con 20 anni di anzianità oggi richiesti per le pensioni di vecchiaia) e una «fascia di flessibilità» che incoraggi il lavoratore a ritardare l'uscita fino ai 68 (70) anni, con un incremento di pensione che   tenga conto dei maggiori contributi versati e della maggiore età.   Nella proposta della Fornero l'equità non è considerata meno importante della sostenibilità. Obiettivo è  superare le  differenze di trattamento previste dallo spartiacque del 1995 per il calcolo della pensione con metodo contributivo piuttosto che con il  metodo retributivo che individua tre categoria: «salvati», «parzialmente protetti», «indifesi». Assai articolato il capitolo privatizzazioni. Si parte dalla vendita di immobili pubblici (5 miliardi l'anno dal 2012 al 2014). Ma si può fare di più, visto che il patrimonio immobiliare dello Stato vale 400 miliardi di euro. Discorso a parte per le società. Le aziende quotate non verrano prese in considerazione mentre gli occhi verrano puntati sugli altri gioielli del Tesoro come   Poste, Ferrovie, Poligrafico, Rai e Fintecna. Un dossier a metà tra Monti e Passera. Il quale si occuperà anche del capitolo liberalizzazioni (servizi pubblici locali e professioni) oltre che del rilancio della legge annuale sulla concorrenza.  Poco o nulla si sa, invece, delle intenzioni del Governo in campo fiscale. Si parla insistentemente del ritono dell'Ici sulla prima casa (vale 3,5 miliardi l'anno) da accompagare con un aggiornamento pesante dei valori catastali (fermi al 1996) per alzare il gettito (di almeno 1,5 miliardi) legato alle seconde case.    E mentre fra gli addetti ai lavori circola la voce di un ulteriore inasprimento dell'Iva, continua ad aleggiare senza essere smentito il prelievo forzoso sui conti correnti. Ieri Monti, di fronte a una domanda dei giornalisti, ci ha scherzato su: «Può fare la domanda» le sue uniche parole che fanno tutto tranne che allontanare lo scippo in banca. I numeri sul tavolo del premier sono questi: la misure potrebbe colpire 1.385 miliardi di euro e un'aliquota al 6 per mille assicurerebbe risorse non inferiori a 6 miliardi che potrebbero lievitare facilmente fino a 10. Allo studio ci sarebbe pure una vera e propria patrimoniale annuale a 360 gradi sulla sulla ricchezza delle famiglie: immobili (case e terreni), liquidità (conti correnti e depositi bancari) e valori mobiliari (azioni e titoli). Stiamo parlando, in totale, di 8.600 miliardi.    Resta da capire che fine farà la riforma fiscale. La delega va attuata entro settembre 2012 e deve garantire 4 miliardi di risparmi. A rischio ci sono agevolazioni da 20 miliardi. E ieri la Corte dei conti ha sollevato perplessità sulla tabella di marcia. Ai partiti  Monti avrebbe promesso una stretta ai furbetti delle tasse per  aumnetare le entrate frutto della lotta all'evasione.  Una raffica di «sacrifici» che saranno addolciti da interventi drastici alla spesa dello Stato con tagli ai costi della politica, la nascita del super Inps e la riduzione uscite enti e ministeri con la spending rewiev. di Francesco De Dominicis twitter@DeDominicisF

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