Israele è già in guerra con l'Iran Il resto del mondo guarda
Russi e occidentali litigano, intanto il Mossad elimina il generale a capo del programma missilistico di Teheran
Non il Fato, ma Israele, anzi, il Mossad, è il vero responsabile della devastante esplosione di sabato scorso nella base dei Pasdaran, di Bigdaneh in cui si armano i missili Shebab, in grado di raggiungere Israele. Questa è la clamorosa rivelazione del Time, che cita fonti dell'intelligence occidentale, certe di questa versione dolosa, confermata peraltro da varie circostanze. Innanzitutto dal fatto che nello scoppio è morto un personaggio chiave dei Pasdaran, il generale Hassan Moghadam, noto come «padre degli Shebab», che ha fondato 25 anni fa le forze balistiche iraniane, che era responsabile delle ricerche industriali militari e organizzato le squadre dei Pasdaran addette ai missili. Se fosse vera la versione ufficiale di un incidente avvenuto durante il trasporto di materiale esplosivo, la morte del generale rimarrebbe inspiegata. È infatti evidente che un personaggio di tale levatura e responsabilità non assiste – neanche da lontano – a operazione di routine ma pericolose, mentre sicuramente può avere assistito a un lancio di missile, deflagrato appunto per sabotaggio. Comunque sia, è certo che la perdita del generale Moghadam (probabile vero obbiettivo dell'esplosione) è un durissimo colpo per Teheran. La versione dell'attentato è infine suffragata dall'arresto da parte delle autorità iraniane del giornalista Hassam Fathi, capo del «politico» del quotidiano Ettelaat, con l'accusa di «avere turbato l'ordine pubblico» per avere affermato in un'intervista alla Bbc che aveva ragione Israele nel sostenere che di ben altro che di un banale incidente si era trattato. Vi è infine la certezza che Israele tenta da anni tutte le strade per rallentare il programma nucleare iraniano: l'anno scorso ha «intossicato» col virus Stuxnet ben 30.000 personal computer iraniani, inclusi quelli del personale atomico, mentre sempre a sicari del Mossad viene addebitata la responsabilità delle «strane morti» di alcuni fisici nucleari iraniani addetti al programma atomico, tutti uccisi in attentati. Certo è che Israele – in cui vivono molti ebrei di madre lingua Farsi (persiana) fuggiti da Teheran dopo il 1979 e quindi con solidi legami col Paese – ha una profonda penetrazione spionistica in Iran. Questo, anche grazie all'appoggio che da anni fornisce alla guerriglia curda del Pejak, il quale ricambia -è opinione di molti analisti - favorendo l'infiltrazione in Iran di agenti segreti israeliani attraverso il Kurdistan iracheno. L'esplosione di Bigdaneh cade in un momento di particolare tensione tra l'Iran e una comunità internazionale, che, dopo le circostanziate rivelazioni dell'ultimo rapporto dell'Aiea, non ha più spazio per farsi illusioni circa la natura civile e non militare del programma atomico iraniano. Nel rapporto Aiea, oltre a varie circostanze spiegabili solo con un programma nucleare militare, si afferma anche che proprio a Bigdaneh e in altre basi i pasdaran hanno sostituito alcune ogive dei missili Shebab con armamento tradizionale, con ogive armate di bombe atomiche. A riprova del mutamento del clima e della fine delle illusioni occidentali, ieri, il ministro degli Esteri William Hague ha affermato che l'Inghilterra «non chiede e non prepara un'azione militare contro l'Iran, ma è chiaro che per il futuro tutte le opzioni restano aperte». Posizione simile a quella dell'amletico Barack Obama che ieri ha confermato che «nessuna opzione è esclusa», ma che ha aggiunto: «Per risolvere il nodo del nucleare iraniano la diplomazia è e resta la via privilegiata». Privilegiata. Non unica. di Carlo Panella