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Roma, furia degli sciacalli Cori e insulti contro il Cav

Silvio lascia e la folla si raduna per insultarlo tra cartelloni, slogan e trenini. Ma non mancano i sostenitori, salutati dal Cavaliere

Andrea Tempestini
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Gli ultimi atti di una lunga parabola politica, o quantomento di una legislatura, che si è conclusa ufficialmente alle 21.40 di sabato 12 novembre. Silvio Berlusconi si è dimesso. Nell'ultimo Consiglio dei ministri ha ringraziato sentitamente i colleghi di Governo, e in particolare Gianni Letta, che "la sinistra non vuole in un nuovo governo tecnico". Poi il Cavaliere si è receato al Colle per formalizzare le dimissioni. "Tra un'ora il premier si dimetterà. Un gesto che ufficializzerà la fine del Governo", aveva spiegato in precedenza il Guardasigilli, Nitto Palma. Ma agli sciacalli non basta, e così si sono dati appuntamento a via del Corso, a Roma, tra la Camera dei deputati e Palazzo Chigi. La folla non era paga dell'annuncio delle dimissioni di Berlusconi, e ha accompagnato gli ultimi istanti del governo tra slogan, insulti e fischi. Dopo l'annuncio ufficiale la festa si è scatenata, tra trenini di gioia e la consueta razione di insulti. Non mancavanoperò i sostenitori del Cav, ai quali il presidente del Consiglio dimissionario ha tributato un saluto scendendo dall'auto. Gli ultras della politica - Un gruppo di persone si era radunato per scandire ad alta voce il coro "Berlusconi dimissioni". La folla di sciacalli, raggruppata a ridosso delle transenne che recintano la piazza, sfoggiava cartelli di ogni genere. C'è chi si avventura a scrivere "12 novembre, festa di liberazione". Qualcuno era più soft, e il cartello recitava: "Bye bye Silvio party", oppure "Game Over". Un manifestante che si distingueva per particolare intraprendenza dichiarava minaccioso al megafono: "Seguiremo Silvio dappertutto, da Palazzo Chigi a Palazzo Grazioli, da Palazzo Grazioli al Quirinale, dove canteremo l'Alleluia. Abbiamo già contattato gli strumentisti". In strada anche decine di fotografi che immortalavano i pasdaran dell'antiberlusconismo che scandivano slogan come "noi siamo italiani, abbiamo un sogno nel cuore, Berlusconi a San Vittore". Il grottesco Alleluia è stato poi effettivamente intonato, mentre quando il Cavaliere ha lasciato Palazzo Grazioli si sono alzati i cori "buffone, buffone" e "mafioso, mafioso". La folla attendeva poi Berlusconi in via del Quirinale, che era stata occupata impedendo il passaggio delle auto: per sgomberare l'area è dovuta intervenire la polizia. Anche davanti al Quirinale si sprecavano gli insulti. Tra gli scatenati non poteva mancare anche l'onorevole Antonio Di Pietro, beccato dal vicedirettore di Libero, Franco Bechis, mentre improvvisava un comizietto a suon di insulti nella sua personalissima "Piazzetta Loreto". Il saluto ai sostenitori - Il Cavaliere, in precedenza, aveva dribblato i novelli ultras della politica. Berlusconi era sceso dall'auto e si è affacciato all'ingresso di Palazzo Grazioli per salutare un gruppo di giovani sostenitori che ne attendevano il rientro da Palazzo Chigi. L'arrivo del corteo blindato è stato accolto fa fischi e insulti. I contestatori si erano assiepati davanti all'ingresso principale del palazzo, su via del Plebiscito, mentre i fan di Berlusconi si erano raccolti dietro le fioriere in prossimità dell'ingresso posteriore, su piazza Grazioli, quello effettivamente utilizzato dalle auto del Presidente del Consiglio. Il Cavaliere era sceso dall'auto e, circondato dalla scorta, si era affacciato sulla soglia del portone rivolgendo ampi gesti di saluto e sorrisi ai suoi sostenitori.

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