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Verso un governo a tempo di tecnici

Berlusconi apre a Mario Monti ma chiede equilibrio nella distribuzione dei ministeri e garanzie sulla giustizia

Andrea Tempestini
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La tensione tra Silvio Berlusconi e il presidente della Repubblica, che con un mini-golpe è riuscito sostanzialemente a imporre il nome di Mario Monti, nelle ultime ore del governo è stata altissima. Ma tra un bicchiere di vino e un piatto di pasta - il pranzo a Palazzo Chigi è durato più di due ore - si è consumato l'incontro tra il professor Monti e il Cavaliere, che dopo essere stato ai margini della trattativa sul governo tecnico ci è entrato con prepotenza. Prima con lo strappo di giovedì sera, quando ha fatto i nomi di Angelino Alfano e quello di Gianni Letta. Poi, nel corso del pranzo, ammorbidendosi sul nome di Monti, trattando sul nome dei ministri e sul programma del possibile governo tecnico. L'accordo prevederebbe una matrice prevalentemente tecnica - si va insomma verso un governo di soli tecnici - seppur a tempo. In serata Berlusconi ha spiegato che l'appoggio al professor Monti sarà subordinato unicamente all'approvazione delle misure previste dalla lettera dell'Unione europea, e il Cav ha poi ribadito che la spina a questo esecutivo può essere staccata in ogni momento. I ministeri - Per quanto riguarda la partita relativa ai dicasteri le strade percorribili paiono essere due. Una, la più probabile, che prevede tecnici a tutti i dicasteri, ipotesi sgradita a tutte le forze politiche in campo e soprattutto a Berlusconi, che vedrebbe completamente svuotata la legittimazione elettorale ottenuta alle urne nel 2008. La seconda strada prevede una spartizione dei dicasteri tra uomini della maggioranza uscente e pedine messe in campo dall'opposizione, in una logica di pesi e contrappesi che pare difficile da gestire. Resta però cruciale il nodo del ministero della Giustizia: Berlusconi chiede garanzie sul prevedibile assalto giudiziario che, con il suo passo indietro, crescerebbe di intensità e con un immediato scatto. Vi sarebbe poi una via di compromesso, che prevede di portare nel nuovo esecutivo sia Gianni Letta (per il quale si è speso Berlusconi) sia Enrico, del Partito Democratico. Ma sul nome del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha svelato Berlusconi, la sinistra ha posto un veto. Il programma - L'altro lato della trattativa che prosegue anche dopo le dimissioni di Berlusconi è quello relativo al programma. L'ormai celeberrima lettera della Banca centrale europea, pur fissando punti e qualche scadenza, si configura come un modello d'insieme, che non equivale certo a un'agenda governativa. Insomma: quali i tempi? Quali le priorità? L'arcobaleno parlamentare, Pdl escluso, sembra inoltre coeso sulla necessità di introdurre la famigerata patrimoniale, la tassa sulla ricchezza. Questo uno dei nodi principali del colloquio tra Berlusconi e Monti, con il primo che avrebbe chiesto garanzie circa il fatto che il balzello, per altro non chiesto dalla Bce, non venga introdotto nel programma di un governo a cui ancora il Cavaliere non ha deciso se accordare il proprio appoggio. Successivamente la posizione di Berlusconi sulla patrimoniale si sarebbe alleggerita: in aula, come riferisce il vicedirettore di Libero Franco Bechis nella sua diretta sms, il capogruppo Fabrizio Cicchitto ha aperto alla "tassazione delle grandi ricchezze", bisogna capire in che termini (per ora si ipotizza una tassa unicamente sui patrimoni delle società). Per quel che riguarda il resto del programma di Monti, prevederebbe liberalizzazione delle professioni, un piano di dismissioni e, tra i vari punti, la reintroduzione dell'Ici. La squadra di Monti - Prima del pranzo l'agenzia di stampa Agi aveva diffuso l'identikit del governo che vorrebbe Mario Monti. Guido Tabellini, professore della Bocconi, al ministero dell'Economia; Carlo Secchi allo Sviluppo; Lorenzo Ornaghi, rettore dell'Università Cattolica di Milano, all'Istruzione; Lanfranco Senn alle Infrastrutture; Cesare Mirabelli alla Giustizia; Giuliano Amato agli Esteri; Enzo Moavero come sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Monti spinge così per un governo di soli tecnici, senza nessun politico.

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