Caso Mori, nuove aggravanti: trattativa tra il boss e lo Stato
I pm Ingroia e Di Matteo hanno contestato all'ex generale dei carabinieri di "aver tratto benefici" dalla latitanza di Provenzano
La trattativa tra mafia e Stato entra formalmente nel processo per favoreggiamento aggravato all'ex generale dei carabinieri Mario Mori. I pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo hanno contestato all'ufficiale una nuova circostanza aggravante indicando nell'accordo tra Cosa nostra e pezzi delle istituzioni la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano, oggetto iniziale del processo. I pm hanno spiegato che "avere garantito a Bernardo Provenzano il protrarsi della latitanza" ha comportato "benefici di varia natura" per l'imputato Mori. Abuso di poteri - Vi è poi una seconda aggravante contestata a Mori ma anche al coimputato il colonnello Mauro Obinu. Si tratta "dell'ulteriore aggravante per avere commesso il fatto con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione da loro rispettivamente ricoperta". Per la prima volta viene, dunque, formalmente contestato il presunto accordo tra Stato e Cosa Nostra in un processo. In altre parole, a Mori viene contestato non solo il favoreggiamento per la latitanza per Provenzano, ma l'esecuzione di un "accordo in cambio della cessazione delle stragi". Nuovi atti nel processo - Nell'udienza di oggi, venerdì 11 novembre, inoltre i pm hanno poi chiesto di depositare nuovi atti istruttori. Tra questi due interrogatori resi da Agnese Piraino Leto, la vedova del giudice Paolo Borsellino nel dicembre 2009 e nel gennaio 2010 ai magistrati di Caltanissetta e trasmessi nei giorni scorsi alla Procura di Palermo. Sempre oggi è stato chiesto il deposito dell'interrogatorio di Sebastiano Ardita, il direttore del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sentito nei giorni scorsi come persona informata dei fatti dai magistrati che indagano sulla trattativa.