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La parola del premio Nobel: "L'euro? Fa schifo..."

Stieglitz e le cattive politiche di austerity. "Due ostacoli per l'Italia, il debito pubblico e la moneta unica che vi immobilizza"

Andrea Tempestini
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Ha scritto pagine e pagine per descrivere gli effetti negativi delle politiche di Austherity sostenute dal Fondo Monetario internazionale. E ha parole non meno negative sulla filosofia germano-centrica che ha gestito negli ultimi anni l'euro. Joseph Stieglitz, Nobel per l'economia nel 2001 dice la sua durante un incontro riservato organizzato da Gi Group in vista del Business Forum di Milano. L'Italia sta affrontando una crisi molto grave. Quali sono i principali problemi? «Ritengo che l'Italia abbia due problemi. Uno è il debito pubblico e l'altro è l'euro. Già tre anni fa a una cena con grandi speculatori si parlava di scenari di attacco nei confronti di Roma. Non con tutti i dettagli che ora conosciamo, ma era già tutto previsto. Immagino che le previsioni fossero non difficili visto il rapporto deficit/Pil e l'assenza di vere riforme. In aggiunta c'è il problema dell'euro». Vuol dire che l'euro non ha portato benefici? «La moneta unica così come è stata costruita è una gabbia che non consente exit strategy. Se la Grecia avesse avuto la dracma, avrebbe già risolto la maggior parte delle grane. Da crisi come quelle di Atene si esce soltanto con una corretta gestione della valuta, ma l'euro non consente nessuna delle opzioni risolutiva attualmente conosciute. Mi meraviglio che già tre anni fa rappresentanti politici come la Merkel non si siano preoccupati di modificare i rapporti monetari tra Stati». Quale direzione per l'Europa? «vedo due strade. O si costruisce la vera unione fiscale ed economica. O salta l'euro». Sono gli scenari del 2012? «Vorrei ricordare che anche dopo il default c'è vita». Default per quali Stati? «Dico che se la Bce non avesse acquistato titoli dei singoli Stati la situazione attuale sarebbe ben peggiore. Viceversa gli Stati che hanno fatto default e svalutato la propria moneta si sono ripresi generalmente nell'arco di due anni. Basta vedere cosa è successo alla fine degli anni '90 in Russia e nel 2001 in Argentina». di Claudio Antonelli

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