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Cav indeciso e con la febbre

Berlusconi con 39 di febbre. Apre al nuovo esecutivo, ma chiede delle garanzie. "Se salta tiriamo fuori un altro premier". Enrico Bondi o Dini?

Andrea Tempestini
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«Ho trentanove di febbre...», dice Berlusconi con la voce nasale. Prova a farsi scudo col termometro, Silvio, ma c'è poco da fare: i dirigenti del Pdl non lo lasciano riposare, assediano Palazzo Grazioli tutto il giorno. «Presidente, devi riflettere», i colonnelli che non vogliono Mario Monti alla guida di un governo di larghe intese (fronte trasversale di ex An ed ex Forza Italia) affrontano il capo a brutto muso. Non capiscono l'improvvisa inversione a U del Cavaliere - dalla richiesta del voto anticipato all'accettazione di un nuovo esecutivo -, anzi temono di aver capito troppo bene: «Ci ha mollati, sta pensando solo ai ca..i suoi». "E' SPAVENTATO" A metà pomeriggio finisce il vertice di partito e alcuni pidiellini fanno un salto alla Camera. Caffè alla Buvette: «Berlusconi è spaventato per le sue aziende e per i suoi figli», fa un autorevole dirigente azzurro, «ma non ci può lasciare così, in appoggio a un governo Monti: sarebbe la fine del bipolarismo e del Pdl». Casini è al lavoro, a via dell'Umiltà lo sanno: da qui al 2013 metterà in piedi il progetto che era di Berlusconi - la sezione italiana del Ppe - unendo i moderati di centro, sinistra e destra. E svuotando il Popolo della Libertà.  Guarda la gallery : chi non vuole Monti Silvio? Agli occhi dei suoi sembra più interessato al proprio futuro. Si trattiene lungamente in riunione con il fratello Paolo e il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, mentre i ministri stanno fuori dalla porta ad aspettare: il povero Galan, dopo lunga anticamera, riesce a farsi riceve per un solo giro d'orologio. E va via tutto scocciato. Nessuno però ha il coraggio di dire in faccia al Cav. quello che pensa. Cioè che mentre tutti sono in sbattimento per le sorti del partito, lui si cura l'orticello. Decide in ragione delle proprie convenienze. Berlusconi ascolta, poi prega tutti di stare uniti: «Lo so, anche io sono dell'idea che si debba andare a votare, ma non possiamo reggere il peso della speculazione per due o tre mesi, in attesa che si aprano le urne». Soprattutto «non possiamo assumerci noi il peso di questa responsabilità». Nel caso, la colpa del fallimento dell'opzione Monti va fatta ricadere sulla sinistra. Silvio sta valutando anche questa ipotesi: «Noi porremo delle condizioni», riflette. Alcune potrebbero essere irricevibili per l'opposizione.  Ad esempio  l'indicazione del ministro della Giustizia con la conferma di  Nitto Francesco Palma (che ieri consigliava ai suoi di non preparare i bagagli: forse si rimane). Ma la blindatura degli uscenti è invisa al Pd (ovviamente) e anche a Napolitano e a Monti: i due lavorano a un esecutivo che sia un mix di tecnici e politici. Tutte facce nuove, però. Anche a Berlusconi, sotto sotto, la soluzione andrebbe bene: finirebbe l'assedio dei ministri uscenti davanti alla sua residenza romana. L'altro enorme problema di Silvio è la Lega. Mercoledì notte il Cavaliere ha litigato con Bossi, che è andato via urlando:  «Tu suicidati pure, noi non ci stiamo. Facciamo opposizione». Ieri ha discusso con Maroni, che al telefono ha minacciato di far saltare tutte le giunte sul territorio dove Pdl e Lega governano insieme. Se c'è una cosa che infastidisce Berlusconi è litigare col Senatur. Una soluzione per evitare lo sfascio della coalizione potrebbe essere l'appoggio esterno al governo Monti: nessun esponente del Pdl entra nell'esecutivo, il partito vota la fiducia all'ex commissario europeo per farlo partire, ma poi decide di volta in volta se approvare le sue leggi. Tutto ciò permetterebbe di mantenere  in piedi il centrodestra nella sua formulazione attuale. L'ultima ipotesi è ribaltare il tavolo: «Proponiamo noi un candidato se non ci piace Monti». In ambienti berlusconiani è circolato il nome di Enrico Bondi e anche quello di Lamberto Dini. "APPOGGIO ESTERNO" Si vedrà. L'uomo di Arcore prende tempo e affida la decisione all'ufficio di presidenza del Pdl, convocato per sabato. «Nel caso riuniremo la direzione nazionale, è una scelta importante», spiega in serata Berlusconi ai senatori. La verità è che si tratterebbe solo di una ratifica, perché, in cuor suo, Silvio ha già deciso: «Diremo sì a Monti. Se ci tirassimo indietro, la gente indicherebbe noi come i responsabili della crisi economica. E se andassimo al voto adesso, saremmo condannati a sconfitta sicura». Quest'è. L'ultimo pensiero è malinconico. E Silvio lo riserva ai “traditori”. Non ha ancora assorbito il colpo, il Cavaliere. E ai senatori rivela il suo stato d'animo: «Che amarezza quei voltafaccia. Antonione e Carlucci, in particolare. Sono stati beneficiati in tutti i modi». Il primo «è stato aiutato quando era perdente e in difficoltà». Gabriella e il totem dell'irriconoscenza: «Ha lavorato 12 anni a Mediaset. Avrei capito il suo passaggio al gruppo misto, ma passare nell'Udc... Come si fa?». di Salvatore Dama

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