Così parlava Mario Monti: "L'euro è un gran successo. Basta guardare la Grecia"
A settembre celebrava il successo della moneta unica: "Atene piegata al rigore". Ma i fatti lo hanno poi smentito
Che Mario Monti fosse un europeista convinto, lo si sapeva da tempo. Quello che sorprende, e un po' inquieta considerando che sarà lui, al 99%, l'uomo che dovrà trascinare l'Italia fuori dalla crisi, è la sua fede cieca nella moneta unica. Una fede che sfocia in paradossi tipo questo, esibito a L'infedele, il talk di Gad Lerner su La7 nella puntata dello scorso 26 settembre: "L'euro è stato un successo - ha spiegato convinto l'economista e professore della Bocconi - e la prova è la Grecia, costretta a dare peso alla cultura della stabilità con cui sta trasformando se stessa". Un sacrificio sull'altare dell'euro, il rischio default di Atene, che si spera non debba toccare anche all'Italia. "L'euro un successo, guardate la Grecia". La gaffe di Monti su LiberoTv Fede incrollabile - Si riparte però da un punto fermo: l'euro. E dai benefici che ha dato all'Italia, un "patrimonio nel tempo". "Se l'Italia non avesse fatto parte dell'euro - ha detto Monti - ci sarebbe più inflazione, politiche meno disciplinate e meno rispetto per le generazioni future". Un beneficio che comporta anche un onere: "L'Italia non può ignorare le sue responsabilità in quanto stato membro fondatore" dell'Ue. E da buon premier in pectore ecco una carezza ad Angela Merkel, uno dei suoi principali sponsor politici: "Mi piacerebbe vedere un maggiore rispetto per la Germania di oggi", rispetto per l'essere "più rigorosi, più costanti nel tempo, meno a breve termine e più pazienti". Concetti ribaditi anche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che l'ha ricevuto per due ore al Quirinale. Un faccia a faccia anticipato dalla telefonata tra il presidente e il collega americano Barack Obama, che ha già espresso "piena fiducia nel nuovo governo". Che non c'è ancora ma manca poco, nonostante le frenate di parte del Pdl. Il totoministri è già in dirittura d'arrivo, con nomi bipartisan come Gianni Letta, Pier Ferdinando Casini e Giuliano Amato, qualcuno dice suggeriti dall'amico Mario Draghi. Casta e Lega nel mirino - Non si può dire comunque che l'economista non sia partito in quarta nel suo imminente ruolo di presidente del consiglio italiano. L'ex commissario europeo, intervenendo mercoledì a un convegno a Berlino, ha detto la sua sulla situazione che tra poco dovrà affrontare: "L'Italia ha un enorme lavoro da fare". Il problema, secondo l'ex rettore della Bocconi, non è la crescita ma "rimuovere gli ostacoli alla crescita stessa". Per farlo, non ci possono essere "molte divergenze intellettuali". Chi come Umberto Bossi (e Di Pietro) si dice contrario a ipotesi di governi tecnici è avvisato. "La crescita - continua Monti in una riflessione-intervista raccolta dal Financial Times - richiede riforme strutturali" per eliminare "ogni privilegio" alle categorie sociali più protette. La Casta è l'altro bersaglio di Mario, che infatti mette nel mirino "chi protegge la propria circoscrizione elettorale".