La vergogna di Gianfranco Fini Organizza lui l'imboscata
Il presidente della Camera ha incontrato Bersani, Casini e Rutelli. Strategia comune: astensione sul rendiconto, poi sfiducia
Mozione di sfiducia: presentarla o no? L'opposizione è alla prese con la questione del giorno e, pur tra mille ripensamenti e timori, l'orientamento che sembra prevalere è quello di presentarla. Nello studio del presidente della Camera, Gianfranco Fini, per quasi tutto il pomeriggio si susseguono incontri e colloqui. Si comincia con un lungo faccia a faccia tra Fini e Renato Schifani, presidente del Senato. Man mano che passano i minuti, lo studio di Fini si va affollando: prima arriva il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Poi tocca alle opposizioni. Arrivano Casini e il segretario udc Lorenzo Cesa, Francesco Rutelli, il vicepresidente dei senatori Pd Luigi Zanda e il vicepresidente Csm, Michele Vietti, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, insieme a Dario Franceschini. Un vertice più che allargato, il cui tema presumibile proprio la mozione. Alla domanda diretta su quale sarà la scelta dell'Udc in tal senso salomonicamente Pier Ferdinando Casini risponde: «Ogni giorno ha la sua pena». Anche Bersani è stato più che abbottonato sul vertice. «Abbiamo fatto due chiacchiere con il presidente Fini», si limita a dire il segretario del Pd. Molto più chiara è la posizione di Beppe Pisanu, che appartiene sempre alla maggioranza ma sempre più critico verso il governo: «Se la mozione di sfiducia puntasse alla nascita governo di larghe intese o di unità nazionale la voterei. Da mesi mi batto per questa soluzione, come potrei tirarmi indietro?». Del resto, l'appuntamento per decidere sulla questione è per stamattina alle 11 con la riunione dei capigruppo dell'opposizione. Esiste già una strategia? Sì, una linea ci sarebbe: astensione di tutta l'opposizione per verificare i numeri della maggioranza e poi mozione di sfiducia al governo guidato da Silvio Berlusconi. Quindi Pd, Idv e Terzo Polo si stanno orientando in tal senso per il voto sul rendiconto dello Stato 2010. La strategia, che qualcuno dei rappresentanti della stessa maggioranza definisce già «ingegnosa», permetterebbe di far approvare il provvedimento, rispondendo positivamente alla richiesta dei responsabilità invocata dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Nessuna preclusione, e meno che mai ostilità, verso Gianni Letta. Ma un governo guidato dal sottosegretario, o da Schifani, con il Pdl e l'Udc, no, non può essere. Pensare a un «nuovo governo senza il Pd è da irresponsabili», ha dichiarato chiaro e tondo Casini. Il quale, poi, precisa che «in caso di dimissioni dell'esecutivo presieduto dall'onorevole Berlusconi, spetta al Capo dello Stato, e non ad altri, l'indicazione di una personalità incaricata di formare il nuovo governo». Quel che pensano l'Udc e il Terzo Polo è che sia «necessario uno sforzo straordinario delle forze politiche di maggioranza e di opposizione per salvare l'Italia», non basta allargare la maggioranza ai centristi. Quindi, sottolinea il leader Udc, «non è stata da noi formulata alcuna valutazione sull'ipotesi di un governo presieduto dal dottor Letta che, come si sa, gode della massima stima. Ogni altra considerazione è frutto del palese tentativo di trovare espedienti o alibi per la mancata assunzione di serie responsabilità». Se Casini non si sbilancia sulla mozione, più esplicito è invece rispetto alla questione della sussistenza della maggioranza alla Camera. Il leader dei centristi spiega che «ridurre il problema ad una questione di pura contabilità parlamentare è roba da età paleolitica», mettendo in rilievo, invece, la preoccupazione degli italiani per i loro risparmi di fronte alla volatilità dei mercati. E del resto «se anche si arrivasse «a 316 voti di maggioranza» nel voto di domani sul rendiconto «a che cosa servirebbe? Così non si può andare avanti». di Caterina Maniaci