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Si fa la conta sulla fiducia Previsione: da 309 a 312

Oggi il voto del rendiconto dello Stato sarà il vero banco di prova per la maggioranza dopo il gelo degli ultimi giorni. Il calcolo dei sì e dei no

Lucia Esposito
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Sarà la conta per la sopravvivenza, o la prova che i numeri per questo governo non ci sono più, come auspicano le opposizioni. In realtà, il Rendiconto dello Stato su cui l'Aula della Camera è chiamata a votare oggi passerà indenne, non fosse altro per il fatto che le opposizioni sono intenzionate ad astenersi. L'appello sarà nel primo pomeriggio. Alla mattina si riuniranno i capigruppi di Pd, Idv e Terzo Polo. Subito dopo i Radicali, che hanno sei deputati e servono come il pane, incontreranno Bersani. Sul piatto c'è la questione di un'eventuale mozione di sfiducia al governo. E lì allora si vedranno davvero le cifre, perché oggi, fatti due calcoli tra chi va e di chi viene, la maggioranza dovrebbe attestarsi a quota 314. Due in meno dell'ultima fiducia del 14 ottobre, ma stessa cifra del 14 dicembre 2010, quando l'assalto del centrosinistra è stato respinto per poco, grazie al passaggio di una sparuta truppa ex Idv e Api, tra cui il trio Cesario-Scilipoti-Calearo, poi confluiti nei Responsabili, che ora si chiamano Pt. Guarda il video del vicedirettore di Libero Pietro Senaldi su LiberoTv Da allora la situazione è ancora più tesa e ingarbugliata. Contro il governo non ci sono solo più Pd, Italia dei Valori e terzopolisti, bensì una quota che oscilla tra nove e dieci deputati cosiddetti malpancisti, frondisti, alcuni dei quali firmatari di una lettera in cui chiedono a Berlusconi di fare passi chiari per scongiurare il suicidio collettivo. Secondo alcuni, i “maltestisti”, per coniare un termine caro allo scajoliano Paolo Russo, sono arrivati a quota 20: numero magico per formare un nuovo gruppo alla Camera, sganciato dal Pdl. Mentre al Senato, dove il 15 novembre tocca al maxi-emendamento (su cui il ministro Frattini spera non sia posta la fiducia), sarebbe pronto un gruppo gemello. Il ko, però, si rischia a Montecitorio. La strada è sempre più in salita non tanto per la verifica odierna (il Rendiconto è un provvedimento tecnico caro anche al Colle), ma per un'eventuale fiducia che il premier intende chiedere per proseguire nella legislatura. Tuttavia oggi è il primo vero banco di prova per la maggioranza dopo le tensioni degli ultimi giorni. Come fa notare bene Giuliano Cazzola, deputato Pdl, critico per l'attuale andazzo politico ma non tanto da mettere in discussione il proprio voto favorevole al governo, «mi aspetto che in Aula venga fuori chi ci sta e chi no». Un po' come tuona il Cavaliere: «Voglio vedere in faccia chi mi tradirà». Una sfida agli ex azzurri sul punto di mollarlo per passare con il “nemico”. Il pressing per recuperare i delusi è costante, Berlusconi stamani dovrebbe incontrare i frondisti più scettici. Isabella Bertolini e Giorgio Stracquadanio hanno confermato che il loro voto odierno sarà favorevole, perfino Roberto Antonione, capo della mini-scissione dell'hotel Hassler, potrebbe dire sì al documento in esame. Giancarlo Pittelli non sa ancora cosa farà. Giustina Destro e Fabio Gava sono dati tra gli incerti, ma del resto anche a metà ottobre si erano astenuti e nel pallottoliere della maggioranza sono considerati ormai quasi irrecuperabili. Così come non ci si aspetta che l'ex Responsabile Luciano Sardelli cambi idea: anzi, partirebbe proprio da lui, insieme ad Antonino Milo e al sottosegretario Scotti l'idea di formare un nuovo gruppo da affiancare poi all'Udc. Ne farebbero parte in futuro anche l'ex Pdl Santo Versace e altri del Misto. Semaforo verde invece all'esecutivo da parte degli ex finiani ora membri di Fare Italia: Andrea Ronchi, Adolfo Urso, Pippo Scalia e Antonio Buonfiglio, sebbene quest'ultimo sia stato chiaro: se il Rendiconto deve essere considerato alla stregua di un voto sulla fiducia dico di no. A quel punto, allora, gli incerti sarebbero di più: Franco Stradella, ex azzurro, non farà certo mancare il proprio voto a Berlusconi, ma è anche fermamente convinto che ci sia bisogno di riforme liberali e di un allargamento della maggioranza ai centristi per tenere fede agli impegni assunti con l'Europa. Pippo Gianni, esponente del Pid, potente corrente del ministro Saverio Romano, dopo qualche dichiarazione del tipo («tutti i giochi sono aperti»), si atterrà alla linea del gruppo: «Finché Romano è nell'esecutivo voteremo la fiducia a Berlusconi». Però il malessere cresce: sono dati tra i delusi perfino fedelissimi del Cavaliere come l'avvocato Gaetano Pecorella, che lo invita a lasciare la mano a Letta o a Monti, o il capo dei Repubblicani Francesco Nucara. La differenza, come al solito, la faranno quelli del Gruppo Misto, come Francesco Stagno d'Alcontres, della pattuglia Grande Sud di Micciché. «Casini mi ha contattato», ammette, «ma ho detto no all'Udc». I centristi si sono già presi tre deputati del Pdl (la Carlucci, Ida D'Ippolito e Alessio Bonciani), ma non è detto che via dell'Umiltà stia lì a guardare senza rendere pan per focaccia. Si parla di altre tre in viaggio verso il Pdl per frenare l'emorragia. Fondamentale, però, per andare avanti sarà il sostegno del grande alleato leghista. di Brunella Bolloli

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