Gasmann pensa al mutuo: fiero di cinepanettoni e nudi
A teatro con un testo impegnato, l'attore non si pente di nulla. Con i soldi del calendario ha acquistato un appartamento
Al cinema recita in pellicole leggere e divertenti (in questo periodo lo ritroviamo nelle due commedie Ex, Amici come prima e Baciato dalla Fortuna), mentre a teatro affronta con serietà e coraggio tematiche importanti. Alessandro Gassmann è un attore dalle mille sfaccettature, cui da sempre piace mettersi in gioco utilizzando registri diversi. Direttore da qualche anno del Teatro Stabile del Veneto, dal prossimo 8 novembre sarà al Teatro Franco Parenti di Milano, con lo spettacolo Roman e il suo cucciolo. La storia di Roman la coinvolge molto, vero Alessandro? «Beh, da un punto di vista professionale, mi vede sia protagonista che regista: è una sfida importante. L'incontro con quest'opera di grande attualità, scritta da Reinaldo Povod, è avvenuto circa due anni fa. Da allora porto in giro per teatri Roman ed è molto significativo ricominciare da Milano, una città multietnica e concentrata sul lavoro». Qual è l'importanza di questo testo? «Ha una valenza sociale, assolutamente non politica: offre uno spaccato fedele delle nostre periferie, di quello che può accadere agli stranieri, non più extracomunitari, che si trasferiscono in Italia. I protagonisti sono due romeni, un padre analfabeta e suo figlio, nato nel nostro Paese. Entrambi restano coinvolti in storie di droga. Di romeni che riescono a rifarsi una vita in Italia, trovando un lavoro onesto e integrandosi, ne conosco molti. Ma, purtroppo, ci sono anche quelli che non hanno fortuna e che, spesso, vengono costretti a fare scelte sbagliate: è di loro che voglio occuparmi». Spera di ottenere qualcosa in particolare, raccontando la storia di Roman? «Questa è una rappresentazione che scuote il pubblico: le scene sono violente e il linguaggio è quello della strada. Mi auguro di far riflettere e posso dire di metterci del mio: sono convinto che tutti facciamo parte della stessa società. Trovo molto divertenti le persone di colore che incontro per strada a Roma e parlano romanesco molto più di me. È importante trovare una strada nuova all'integrazione, attraverso il rispetto e delle leggi. Lo spettacolo è patrocinato da Amnesty International, di cui sono testimonial per l'Italia». A teatro lei è impegnato ad affrontare argomenti importanti e scomodi, mentre al cinema la ritroviamo in spettacoli leggeri. Cos'è per lei il cinema? «È il modo migliore di divertirsi, seguendo l'istinto. Un po' come mi ha insegnato mio padre: lui non ha mai avuto la puzza sotto il naso nello scegliere i copioni cinematografici. Ho fatto anche i cinepanettoni, si sa, e ne vado orgoglioso. Come sono fiero del record di incassi messo a segno da Ex, Amici come prima, la commedia di Carlo Vanzina in cui ho recitato ultimamente. Il cinema ti offre anche la possibilità di fare cose più impegnative: mi è successo con Caos Calmo, un film meno recente di Ferzan Ozpetek, Il bagno turco». Il bagno turco è stato la sua consacrazione, giusto? «Ha fatto in modo che la critica si accorgesse di me. Fino ad allora avevo recitato in film molto leggeri: Ozpetek mi ha dato la possibilità di crescere. In realtà è stato un colpo di fortuna: due colleghi, prima di me, avevano rifiutato di farlo e così fui scelto; per me non c'era alcun problema a interpretare un eterosessuale che, d'improvviso, si scopre attratto dagli uomini». Deve perdonarmi, ma non posso fare a meno di chiederle una cosa… «Vuole parlare del calendario? Sono felice di ricordarlo, anche se non ho più gli addominali e il fisico di allora (questo mi fa arrabbiare): non l'ho mai rinnegato. Come potrei? Mi hanno riempito di soldi, così tanti che ci ho comprato casa. Non mi dispiace aver posato nudo: quello che mi lascia perplesso è il clamore eccessivo destato in Italia da un calendario. Non è che un oggetto, serve a vedere che giorno è oggi: se ci sono delle belle foto tanto meglio». Un anno fa a Venezia lei ha presentato un bellissimo documentario su suo padre, Vittorio Gassmann: qual è il ricordo più significativo di lui? «A 19 anni debuttai al suo fianco nello spettacolo teatrale Affabulazione di Pier Paolo Pasolini: un testo complesso. Durante il primo atto, papà volle assecondarmi e mettermi a mio agio, non recitò come sapeva fare veramente. Nell'intervallo, prima che il secondo tempo iniziasse, mi abbracciò e mi fece i complimenti. Poi aggiunse: “Guarda che adesso che si rialza il sipario inizio a recitare anch'io e nessuno più si accorgerà di te”. Fu proprio così». di Giovanni Luca Montanino