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Spuntano le amanti assassine Se perdono uccidono le mogli

A Milano una specializzanda sgozza la rivale. Giovani e incapaci di farsi da parte se l'amante non sceglie loro scatta la vendetta

Costanza Signorelli
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Se un uomo  sposato di 60 anni  ha una giovane amante   di 28,  si dice che lui sia un figo e lei una poveretta  innamorata del marito di un'altra  costretta  a vivere un amore  nell'ombra. In Italia il  55 per cento dei maschi   tradisce la propria partner e il 45 per cento delle donne è infedele.  Se poi l'amante perde la testa e decide  di eliminare la moglie (elemento di disturbo), spesso dipinta dal marito come  una strega, noiosa e petulante, che gli toglie l'aria e il respiro, siamo di fronte alla follia.   Qualcuno (più comprensivo)  la chiama disperazione.  Quella stessa disperazione che   avrebbe spinto la giovane e  graziosa dottoressa,  Vittoria Orlandi,  originaria di Roma, specializzanda in neurochirurgia all'ospedale San Raffaele di Milano, a uccidere  la rivale in amore, Patrizia Reguzzelli, di  58 anni, moglie del medico di base 61enne Marzio Brigatti, che la ragazza aveva conosciuto a gennaio 2010 durante un tirocinio nel suo studio. Nulla di strano: il nostro Paese detiene il record di relazioni extraconiugali   sul posto di lavoro. Sei tradimenti  su   10 avvengono  con i colleghi, con cui si dovrebbe pensare a tutto tranne che al sesso. A volte queste infedeltà durano anche diversi anni, spesso a insaputa del partner. Infatti tra la dottoressa Vittoria e  il dottor  Marzio  era nata una relazione che andava avanti da un po' ma a settembre lui aveva cambiato idea:   l'aveva lasciata per tornare dalla moglie. Quando la smetteranno  i maschi di vivere tutto senza un codice morale? Quando la smetteranno di  credere di essere i padroni  del mondo, di poter tradire impuniti, di prendere e lasciare una donna come fosse un giocattolo? Questa mancanza di rispetto e assenza di onestà intellettuale    probabilmente hanno pesantemente  ferito   la giovane dottoressa  al punto da spingerla a voler  uccidere la rivale. Che tra l'altro sembra l'avesse chiamata al telefono mesi prima per ricordarle: «Stai con un uomo di 61 anni e hai l'età di nostra figlia». Ma è stato quel «torno da mia moglie», non ti amo più, non ti voglio più,   a spingere Vittoria  a chiamare la rivale per volerle  raccontare i particolari intimi della loro relazione. L'appuntamento è fissato per mercoledì. L'Orlandi la mattina  si comporta come sempre: va in ospedale al San Raffaele. Poi intorno alle 9 raggiunge piazzale Loreto, dove incontra la moglie del suo amante. Da qui le due donne, ognuna con la propria macchina, si spostano  in un parcheggio in via Lago Malaspina. La signora Reguzzelli scende dalla propria auto e sale su quella della Orlandi che le racconta quei   dettagli piccanti di lei con il marito che fanno infuriare  la donna. Litigano e arrivano alle mani.  L'Orlandi prende dal cassetto del cruscotto un coltello da cucina con una lama da 19,5 centimetri.   «Ho cominciato a colpirla a occhi chiusi», dirà poi  la ragazza. Un taglio alla gola. Netto e profondo, da parte a parte. Poi la dottoressa ha  trascinato il corpo  per alcuni metri  sull'asfalto e l'ha lasciato  lì a terra nel parcheggio. Ed è fuggita, liberandosi poi dell'arma del delitto:  lo ha gettato   in un cassonetto, a Vimodrone, poco lontano dal luogo del delitto.  Attraverso la targa dell'auto, parcheggiata accanto al corpo, sono risaliti all'identità della vittima. È bastato contattare i familiari, il marito in particolare e poi l'amante  è stata convocata in caserma per l'interrogatorio. Dopo qualche  ora è  crollata: ha ammesso tutto. La giovane,  ora in stato di fermo,  ha raccontato al pm Maria Vulpio che  il medico l'aveva lasciata, dopo un periodo di convivenza, proprio a causa del divario d'età, ma che continuava a vederla frequentemente. Lui, invece dirà: «Sono incredulo,  tra noi era tutto  finito». La giovane in  stato di confusione, dopo la confessione, ha persino  chiesto di tornare a casa. Il pm  sta preparando la richiesta di convalida del fermo che arriverà  sul tavolo del gip per poi  fissare l'interrogatorio che si terrà probabilmente nei prossimi giorni. Ora eliminato l'elemento di disturbo (la moglie), lui è vedovo e lei  in carcere. «Chiaro che la moglie sarà stata dipinta dal marito come una donna noiosa che  non gli dava libertà  e comunque come l'impedimento per la loro storia d'amore», spiega la psicologa  Vera Slepoj. «L'ha voluta eliminare come prevede la visione infantile.   Come è chiaro che non siamo di fronte al grande amore.  Oggi questi delitti   non avvengono  più per grandi passioni,  ma per una forma di   egoismo  di tipo narcisistico», aggiunge la psicologa. «Nonostante  gli strumenti culturali, professionali e di indipendenza economica, viviamo in una realtà dove l'individuo non si sente più inserito in un contesto sociale e concentra tutte le sue energie su una visione ottocentesca dell'amore, senza però riuscire  a  vivere quei sentimenti. Se    salta l'unico rapporto che è riuscito  a mettere in piedi,  anche se perverso e malato, salta la sua identità». di Daniela Mastromattei

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