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In soccorso arriva Pannella: ultimo tappa buchi nel Pdl

Due ribelli lasciano il Pdl e vanno con Udc. I voti "sicuri" alla Camera scendono a 314. Il Cav prova a sostituire i fuggiaschi

Giulio Bucchi
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La maggioranza è in crisi: due deputati del Pdl sono passati all'Udc, i maldipancisti sono pronti a seguirli, anche senza voglia di poltrone. Silvio Berlusconi teme di cadere a Montecitorio ed è pronto all'estrema risorsa: giocarsi la carta radicale e una impronosticabile alleanza con gli uomini di Marco Pannella, in rotta con il centrosinistra dal giorno della fiducia del 14 ottobre. "Il premier è molto più leale dei democratici", ha confidato qualche giorno fa Pannella. Prove tecniche di clamoroso accordo? Paniz a Belpietro: "Non tradisco Berlusconi" Guarda il video su LiberoTv Di seguito l'articolo di Fausto Carioti: La maggioranza si scioglie, resta la nebbia Popolo della libertà, Lega e alleati non hanno più i numeri per tenere in piedi il governo. All'esecutivo non basterebbe nemmeno uscire indenne dal voto della prossima settimana sul rendiconto 2010, che tutti indicano come il probabile certificato di morte politica del premier. Dal giorno dopo, nell'aula della Camera, il governo ricomincerebbe a prendere schiaffi. Ognuno dei quali sarebbe fatale, a partire dal voto di fiducia sulla legge di stabilità, dove stanno per essere inseriti i provvedimenti necessari per onorare gli impegni presi con la Banca centrale europea. L'uomo dei miracoli, il coordinatore Denis Verdini, sinora è riuscito a garantire i numeri necessari. Promette di farcela anche stavolta: «Con questi me la vedo io» va in giro a dire dei transfughi. Ma il compito pare al di sopra delle sue possibilità. Solo ieri hanno lasciato il gruppo del Pdl, destinazione Udc, Alessio Bonciani e Ida D'Ippolito. Nelle stesse ore un deputato di rilievo come Giuliano Cazzola chiedeva a Berlusconi di «trattare una resa onorevole» e invocava un esecutivo guidato da Gianni Letta. Particolare importante: Cazzola e D'Ippolito sono due forzisti della prima ora. Così come sono berluscones a 24 carati i sei firmatari della lettera in cui si chiede al Cavaliere di farsi «promotore di una nuova fase politica e di un nuovo governo», allargando la maggioranza ai centristi. E se il prezzo deve essere il cambio di guida a palazzo Chigi, loro sono disposti a pagarlo. Isabella Bertolini e Giorgio Stracquadanio, i cui nomi appaiono in calce alla lettera, vengono da lustri di ortodossia berlusconiana. Roberto Antonione, che dell'appello è il primo firmatario, volle come padrino di battesimo della figlia proprio il Cavaliere. Deputati come questi non sono in vendita e se qualcuno pensa di convincerli a tornare nei ranghi promettendo qualche poltrona resterà molto deluso. Più probabile, semmai, che l'emorragia continui. «Nel giro di quarantott'ore potrebbero uscirne dal gruppo del Pdl altri cinque o sei», avverte uno di quelli tentati dal grande passo. Di sicuro, i tempi in cui il governo poteva contare sulla maggioranza dei deputati - 316 voti - sono un ricordo. Ma il fatto che il Cavaliere non abbia più la maggioranza nei due rami del Parlamento non vuol dire che ce l'abbia qualcun altro. Napolitano ieri ha terminato le «consultazioni informali» dalle quali sperava che potesse emergere una certa condivisione sul nome di Mario Monti come premier di un esecutivo di soli tecnici. Ha scoperto che l'ampio consenso non c'è né su Monti né sull'esecutivo tecnico. Pdl e Lega sono del tutto contrari e pure l'opposizione non sembra compatta, essendo tentata anch'essa dall'andare al voto il prima possibile. Napolitano ha potuto solo ricordare alle forze politiche «le responsabilità» che conseguono dalle loro libere scelte. Insomma, se la situazione resta senza sbocchi la colpa è di chi non ha seguito i suoi consigli. Anche ieri il Quirinale ha ribadito a Pdl e Lega che qualunque governo dovrà avere un ampio appoggio da parte dei parlamentari eletti nelle liste vincitrici delle elezioni del 2008. Ipotesi, quella del ribaltone sostenuto da un'ampia schiera di fuoriusciti dal Pdl, che appare forse possibile alla Camera, ma assai improbabile al Senato. Questo riduce le ipotesi per il dopo-Berlusconi a un governo politico guidato da un altro premier suggerito dal Pdl e sorretto da una maggioranza più ampia. I nomi caldi sono i soliti due: Renato Schifani, seconda carica dello Stato, e Gianni Letta, che potrebbe essere indicato direttamente dal Cavaliere. Un simile cambio in corsa consentirebbe di allargare la coalizione ai centristi e farebbe rientrare nel recinto quasi tutti i fuoriusciti. In ogni caso, sia che Berlusconi resista sul ponte di comando sia che debba lasciare il timone, il voto anticipato resta lo sbocco più probabile della crisi in corso. di Fausto Carioti

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