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Spunta la bandiera di Al Qaeda Caos a Bengasi: mercì, Sarkò

Le immagini diffuse da un giornalista di Vice.com subito minacciato. Ma in Libia gli ex di Osama arruolano kamikaze

Costanza Signorelli
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Sono tornati a Bengasi con il loro drappo nero di morte. Sono i veterani “afghani” e “iracheni” della Cirenaica. Issano il loro vessillo sul palazzo di giustizia, così che tutti possano vedere l'emblema della luna piena  sventolare sotto il proclama della Brigata dei Sostenitori di Al-Qaeda nel Maghreb: «Non c'è altro Dio al di fuori di Allah». Per il giornalista di Vice.com, Sherif Elelwa, che ha fornito per primo la documentazione fotografica dell'evento, lo scoop coincide con le minacce: «Taglieremo la lingua a chiunque parli male di questa bandiera», gli intima un uomo armato e in tuta mimetica nei dintorni dell'edificio, aggiungendo una “raccomandazione” sull'utilizzo delle immagini: «Non pubblicarle. Ti causerà dei problemi». Allah ti vuole - Chiedono curiosamente riservatezza perché vorrebbero far mistero delle loro vere intenzioni agli alleati occidentali grazie ai quali sono arrivati al potere. Hanno petrolio in abbondanza per ricompensare, tramite le loro istituzioni, la Nato, il presidente francese Nicolas Sarkozy e la coalizione dei volonterosi che li hanno aiutati a rovesciare il regime. Nel frattempo, con la bandiera di Al Qaeda, lanciano un messaggio ai mujaeddin ancora dispersi sui vari fronti. Allah wants you. Non c'è più bisogno di sforzarsi nella clandestinità per trovare un campo di addestramento. Così a Tripoli si ricostituiscono tutte le attività di reclutamento della galassia jihadista, colpita al cuore e alla testa nel compound di Abbottabad e nelle membra con gli attacchi dei droni americani in Pakistan e in Afghanistan. Un esito quasi scontato per chi, mentre sosteneva di combattere per la libertà, aveva scelto come capo delle operazioni militari proprio Abdul-Hakim Belhaj, l'ex comandante del Gruppo Combattente Libico Islamico, una costola di Al Qaeda. Ora il suo potere va espandendosi a vista d'occhio. Poche settimane fa, Belhaj aveva ordinato ai suoi combattenti di prendere il controllo dell'aeroporto di Tripoli, fino ad allora controllato da una brigata di berberi, gli Zintan, che aveva contribuito a liberare la capitale dalle truppe di Gheddafi. Pochi giorni più tardi, lo stesso Belhaj in un discorso pubblico aveva vantato la benedizione del Cnt sul proprio operato. Intanto, alcune fonti anonime di Vice affermano che  un gruppo interno al Cnt sta facendo appello ai fondamentalisti islamici, salafiti in possesso di una certa preparazione militare, affinché si uniscano a un corpo d'élite. Promettono «benefici speciali» e una paga adeguata (per i parenti) sia nel caso che si muoia in battaglia che nell'ipotesi in cui si ritorni a casa. Stanno arruolando schiere di kamikaze per le operazioni suicide, in sostanza. Del resto, prima e dopo le congratulazioni di Ayman Al Zawahiri «al nostro popolo in Libia per la loro vittoria contro il tiranno» Muammar Gheddafi, e all'invito a proseguire la guerra santa, esportandola in Algeria, i messaggi dei terroristi islamici verso la Libia si sono moltiplicati e intensificati. Dietro le quinte - Gli ex ribelli coltivano una strettissima sintonia con il leader di Al Qaeda nel Maghreb Islamico, Abu Musab Abdelwadoud, che il 3 ottobre ha ricordato loro l'obbligo per la Libia di «essere governata dalla legge tollerante della sharia islamica». Gli hanno obbedito pubblicamente, il 23 ottobre, non appena dichiarata la “liberazione” del Paese. C'era un suggeritore, insomma, dietro il capo provvisorio del Cnt, Mustafa Abdul Jalil, quando anticipava che «la sharia sarà la principale fonte di legge, ogni norma che contraddice l'islam sarà abrogata». Poi ha precisato che voleva riferirsi alla restaurazione della poligamia, abolita nell'ex Jamahiriya. Era soltanto il primo segnale di un ritorno agli usi e ai costumi del VII secolo, alle pratiche tribali codificate nel diritto coranico. Le tappe successive, nella marcia di allontanamento dalla civiltà, saranno amputazioni, flagellazioni, lapidazioni, magari anche qualche crocifissione, da applicare ad apostati dall'islam, adulteri, omosessuali e assassini (di musulmani). Non hanno un granché da imparare, in realtà, i nuovi governanti di Tripoli. È da loro, le tribù ostili a Gheddafi, che sono sorti alcuni dei più importanti capi della rete terroristica fondata da Osama Bin Laden. Accanto ai molti che sono stati uccisi e sono venerati come martiri del jihad,  una delle figure più in vista nell'attuale struttura di comando di Al Qaeda è Abu Yahya Al Libi, il cui nome di battaglia ne indica la provenienza. E forse prelude alla creazione, sulle rive del Mediterraneo, di un nuovo Emirato che farà da culla per i terroristi. di Andrea Morigi

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