Gufo Bersani chiama il Quirinale
Il segretario Pd sente il Quirinale: si candida alla guida di un governo tecnico. Pensa al suo futuro e non collabora al piano Ue
Piazza Affari crolla e i gufi entrano in azione. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani questa mattina ha immediatamente contattato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ha dato la sua disponibilità e quelle delle forze di opposzione a prendersi le responsabilità necessarie di fronte all'aggravarsi della crisi finanziaria italiana. Si sente pronto Bersani a risollevare le sorti del Paese. Si candida per un eventuale governo tecnico. Invece di collaborare al piano che ci chiede l'Europa, pensa ad accaparrarsi il posto a Palazzo Ghigi. Leggi l'articolo sul Pd anti-italiano del vicedirettore di Libero Fausto Carioti «Ciò che mi ha colpito è stato come l'Italia intera, dai camerieri fino ai leader politici dei diversi partiti, si è sentita offesa, ha reagito sfoggiando orgoglio nazionale». Così, secondo l'ambasciatore statunitense a Roma David Thorne, il nostro Paese si sarebbe comportato dopo il siparietto anti-italiano inscenato il 23 ottobre a Bruxelles da Nicolas Sarkozy e Angela Merkel. Ma Thorne guarda l'Italia con gli occhi dell'affetto. La realtà è diversa, molto più avvilente. Soprattutto alla voce «leader politici». Mentre l'emissario di Barack Obama, intervistato dalla Stampa, dipingeva l'Italia fiera e unita nella quale sarebbe bello vivere, i capi dell'opposizione provvedevano subito a smentirlo. Spot del partito della risata - Ma quale offesa, quale scatto d'orgoglio: il presidente francese e la cancelliera tedesca che irridono l'Italia sono i nuovi testimonial del Pd. Lo spot per la manifestazione di sabato prossimo, visibile sul sito del partito, parte proprio dal filmato dei due che ridacchiano del nostro Paese e di chi lo rappresenta. Slogan: «L'Italia merita rispetto e un futuro migliore». Firmato Pier Luigi Bersani. Il messaggio è chiaro: Sarkozy e Merkel fanno bene a ridere dell'Italia finché a governarla c'è Berlusconi. I cui nemici continuano ad essere i migliori amici del Pd. E pazienza se i due si sono mostrati anche nemici dell'Italia, tanto da costringere Giorgio Napolitano a definire le loro espressioni «inopportune e sgradevoli»: a Bersani vanno benissimo così. Con Nichi e Tonino - La risatina serve anche a distogliere l'attenzione da ciò che farebbe la sinistra se stesse al governo. Le riforme che ci chiedono Francia e Germania sono le stesse che appaiono nella lettera «confidenziale» che ad agosto l'allora presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, e il suo successore designato, l'italiano Mario Draghi, avevano inviato al governo. A palazzo Chigi i vertici della Bce, e con essi i leader europei, chiedono di «valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi». Propongono di «intervenire ulteriormente nel settore pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l'età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico». Spingono per una riforma della contrattazione salariale collettiva, «permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione» e caldeggiano altre riforme liberiste.Sono richieste che lo stesso governo Berlusconi ha problemi ad accettare, tant'è che si è detto pronto a trasformarne in legge, in tempi tutt'altro che brevi, solo alcune, come quelle che dovrebbero rendere più liberi i rapporti di lavoro. Ma non è certo Bersani, che si presenta al corteo della Cgil accanto a Susanna Camusso e si candida a governare con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro, il leader che può garantire a Bruxelles stipendi più bassi, licenziamenti più facili, innalzamento dell'età pensionabile e indebolimento del contratto collettivo nazionale. Sarkozy e Merkel - Nel suo partito su questi temi regna il caos: si va dal responsabile economico, Stefano Fassina, per il quale «la ricetta neo-liberista riproposta dalla Bce, in sintonia con i governi conservatori, prima che iniqua è irrealistica», al vicesegretario Enrico Letta, secondo cui, al contrario, «la lettera della Bce indica gli obiettivi ineludibili di un programma di politica economica». Mentre Vendola, per non smentirsi, decreta che quelle stesse richieste sono «il frutto di un crimine della politica, che ha abdicato dai suoi compiti per affidarli a banchieri».Insomma, Bersani sbaglia ad accodarsi alle risate di Sarkozy e Merkel non solo perché mostra al mondo un classe politica divisa dinanzi a chi offende l'Italia, ma anche perché lui stesso è l'ultimo che può permettersi di ridere su come ci si deve comportare davanti alla Ue. Se ne è avuta conferma pure ieri. Di Pietro ha annunciato che lui, Bersani e Vendola si incontreranno «la prossima settimana» per «buttare giù» una lettera all'Europa, in risposta a quella inviata dal governo, con cui Berlusconi ha preso dinanzi alla Ue il massimo di impegni consentiti dall'alleanza con la Lega. «Il modo di trovare i soldi sarà assolutamente differente», assicura Di Pietro. Sarebbe l'ennesimo gesto anti-italiano dell'opposizione: un documento simile, presentato per fini di bassa polemica interna, non farebbe che accrescere le perplessità che istituzioni e investitori già nutrono verso l'Italia. La contro-lettera- Ma è difficile che la contro-lettera della sinistra veda la luce. Sia perché non saprebbero cosa scriverci, sia perché Bersani, intervistato ieri sul Mattino di Napoli, ha detto l'esatto contrario di Di Pietro. Una lettera del Pd alla Ue? Non ci sarà. «Non saremmo mai arrivati a scriverla, perché prima avremmo fatto le riforme che il centrodestra non ha fatto». A quali riforme alluda e d'accordo con chi, Bersani si guarda bene dal dirlo. Finché può, preferisce nascondersi dietro le risatine dei suoi improbabili compagni di strada. di Fausto Carioti