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Licenziamenti, mezzo Pd è con Ichino

Il senatore democratico: il governo vuole riprendere il mio disegno di legge? Se fa sul serio è giusto appoggiarlo. L'articolo 18 è superato

Andrea Tempestini
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Caro Direttore, naturalmente è bastato che nella lettera del nostro governo all'Unione europea di mercoledì scorso venisse menzionata  una nuova disciplina dei licenziamenti per motivi economici nelle aziende in crisi, perché si scatenasse la bagarre. Berlusconi e Sacconi un po' se la sono cercata, la bagarre: toccare il nervo scoperto dei licenziamenti, con un'indicazione del tutto generica come quella contenuta nella loro lettera, non poteva suscitare reazioni diverse. Venerdì, però, Berlusconi ha corretto l'errore:  su Canale 5 ha dichiarato che il governo intende far suo il progetto di riforma contenuto nel disegno di legge n. 1873, che due anni fa ho presentato in Senato con altri 54 senatori dell'opposizione. Se il governo fa sul serio e resta in piedi  -  cose entrambe delle quali è lecito dubitare -  questa potrebbe essere una vera grande riforma bipartisan, di quelle di cui il nostro Paese ha enorme bisogno. Vediamo perché. Metà dei nostri lavoratori dipendenti non hanno alcuna protezione per il caso di perdita del posto, o ne hanno una molto debole. Parlo delle centinaia di migliaia di lavoratori a termine, “a progetto”, co.co.co., “partite Iva” fasulle, che hanno perso il lavoro in questi ultimi tre anni di crisi, senza un giorno di preavviso e senza alcun trattamento di disoccupazione. Ma c'è bisogno di una profonda riforma anche per la metà protetta. Perché anche la vecchia protezione forte contro il licenziamento -  il famoso articolo 18 dello Statuto del 1970  -  è molto difettosa. Essa di fatto consiste in una sorta di ingessatura del rapporto di lavoro; ma quando viene l'acquazzone anche il gesso si scioglie, e anche il lavoratore protetto dall'articolo 18 si trova con un pugno di mosche in mano. Da questa grande crisi alcuni nostri settori e aziende usciranno in declino o in fase di contrazione; altri in crescita: per esempio i settori delle macchine utensili, della meccatronica, dei mobili e arredamento, del cuoio e pelle, della moda, e tanti altri. Abbiamo dunque la necessità assoluta di attrezzarci per trasferire i lavoratori dalle aziende che non possono più valorizzare il loro lavoro a quelle che hanno bisogno di loro, garantendo loro la continuità del reddito, una assistenza intensiva e un investimento sulla loro professionalità nel passaggio dalla vecchia occupazione alla nuova. In altre parole, occorre una riforma semplice ma incisiva, capace di coniugare la massima possibile flessibilità delle strutture produttive con la massima possibile sicurezza per i lavoratori nel mercato del lavoro. E che estenda la nuova protezione a tutti i nuovi rapporti di lavoro dipendente che si costituiranno d'ora in avanti: non soltanto a metà di essi, come è avvenuto fino a oggi con l'articolo 18. In sostanza si tratta di questo: un codice del lavoro semplificato, composto di 70 articoli molto chiari e facilmente traducibili in inglese, suscettibili di applicarsi a tutta l'area del lavoro sostanzialmente dipendente. Così si supera il dualismo fra protetti e non protetti nel mercato del lavoro. L'idea è che, in partenza, questo nuovo “diritto del lavoro unico”, per la parte relativa ai licenziamenti si applichi soltanto ai rapporti di lavoro nuovi, che si costituiranno da qui in avanti. La nuova disciplina si può sintetizzare così: tutti a tempo indeterminato (tranne, ovviamente, i casi classici di contratto a termine, per punte stagionali, sostituzioni temporanee, ecc.), a tutti le protezioni essenziali, in particolare contro le discriminazioni, ma nessuno inamovibile. E a chi perde il posto una garanzia robusta di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, di continuità del reddito e di investimento sulla sua professionalità. Quello che l'impresa risparmierà in termini di tempestività dell'aggiustamento degli organici basta e avanza per coprire il costo di una assistenza alla danese nel mercato del lavoro. Se davvero fosse questo che il governo si propone di fare - anche nei dettagli, perché è sempre lì che il diavolo si nasconde!  - in questa cosa andrebbe appoggiato. di Pietro Ichino

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