Ecco la carica dei faziosi L'armata rossa è in tv
Garimberti bacchetta il Tg3, ma è tutta Raitre a tirare colpi bassi al Cav. Per non parlare di La7. A Sky le inviate giocano alla rivoluzione
Mi ha molto stupito che Paolo Garimberti, il presidente della Rai, abbia preso cappello per la faziosità del Tg3 diretto da Bianca Berlinguer. “Garimba” è un mio vecchio amico, abbiamo lavorato insieme alla Stampa e poi a Repubblica. L'ho sempre considerato un tipo sveglio, tanto che mi ha sorpreso vederlo accettare di presiedere la Rai: un dinosauro senza speranze e un ambiente nel quale non vorrei vivere neppure da deportato. Tuttavia, il “Garimba” dovrebbe sapere come è fatta la Rai. Da anni è un rudere lottizzato, ossia diviso in lotti di partito. Nella Prima Repubblica, un pezzo apparteneva alla Dc, un secondo ai socialisti del Psi, un terzo ai comunisti del Pci. Nel proprio orto ciascun partito era sovrano, poteva disporne come gli pareva e piaceva, senza che nessuno dicesse né hai né bai. Nella Seconda Repubblica la spartizione per lotti è rimasta. Sono cambiati soltanto i partiti proprietari. La prima Rete con il relativo telegiornale è roba del Pdl e dunque del cavalier Berlusconi. La seconda in teoria spetterebbe alla Lega, ma un provinciale come il sottoscritto non ha ancora capito se sia o no così. La terza con il Tg3 è sotto l'imperio del Partito democratico e dei suoi presunti alleati. Con il passare degli anni, i direttori del Tg3 sono sempre stati rossi, a cominciare dal mitico Kojak, ossia Sandro Curzi, oggi scomparso. Kojak era un comunista collaudato, tanto d'aver persino lavorato a Radio Praga. Contava più di molte eminenze delle Botteghe oscure. Da vero paraculo (uso il termine con ammirazione) faceva quel voleva, in barba a tutto. ARRIVA LA DIRETTORA I direttori venuti dopo di lui si sono comportati all'incirca nello stesso modo. Gli unici sfortunati sono stati due signore. La prima, Daniela Brancati, durata appena un anno, dal 1994 al 1995, fu segata dalle liti interne al tigì e dagli scioperi. La seconda, Lucia Annunziata, venne messa al Tg3 da Massimo D'Alema dopo la prima vittoria elettorale del centro-sinistra, quella del 1996. Ma anche lei ci rimase poco. A suo giudizio, i tre quarti della redazione del tigì rosso non lavoravano abbastanza. E questo giudizio, diventato pubblico, la obbligò ad andarsene. Chi sta da anni al Tg3 è l'attuale direttora, Bianca Berlinguer, arrivata nel 1991. Ad assumerla era stato Curzi che la stimava come giornalista: brava, bella e lavoratrice. L'unico difetto di Bianca era di essere figlia di Enrico, il segretario del Pci. Il leader comunista chiamò Curzi e osservò che l'assunzione della figlia non gli sembrava elegante né opportuna. Mezzo mondo avrebbe pensato che la ragazza era stata raccomandata dal padre, pur non essendo così… Sembra che l'episodio sia vero, roba impensabile ai giorni nostri. Bianca Berlinguer dirige il Tg3 dall'ottobre 2009. E da quel momento ha fatto un tigì che più rosso non si può. Sempre molto accanito contro Berlusconi. Prima del “Garimba”, qualcuno se ne era adontato. Il sottoscritto no. Ho smesso da un pezzo di guardare il suo telegiornale delle sette di sera, perché è noioso come tutti i mezzi di propaganda. La canzone che canta è sempre la stessa. Il taglio dei servizi idem. I commenti, spesso affidati alla mimica facciale di Bianca, non sono mai sorprendenti. Perché dovrei buttare il mio tempo? Tuttavia so bene che la direttora Berlinguer non viola nessuna legge. È la lottizzazione, bellezza! Qualche ingenuo seguiterà a pensare che la spartizione politica della Rai, un bene pubblico, sia un'anomalia italiana. Ma è un difetto congenito. Per questo, la rossa Bianca stravincerà sempre. Ha il diritto di farlo e lo farà. Aspettate la campagna elettorale e vedrete. Del resto, essere contro il Caimano di Arcore non è uno sport soltanto del Tg3. La maggioranza dei talk show pubblici e privati sta allineata e coperta sulla linea anti-Cav. La 7 si è buttata tutta a sinistra. Il tigì di Enrico Mentana, detto “Mitraglia”, un ultracinquantenne ingrigito, ormai è pronto per trasferirsi nella squadra di Repubblica. Agli ordini di Ezio Mauro, un dittatore freddo che l'ha sempre saputa più lunga di lui. Corrado Formigli, con la sua Piazza pulita, mette in mostra un fanatismo da Santoro dei poveri, privo della geniale cattiveria del vero Michele. Lilli Gruber spasima di fare su Otto e mezzo la diretta del funerale di Berlusconi. Il panciuto Luca Telese vuol dimostrare di essere l'unico comunista rimasto in Europa. E tratta la sua foglia di fico, Nicola Porro, come un fastidioso destrone, erede della Luisella Costamagna, epurata con stile neo-sovietico. Dell'Infedele di Gad Lerner meglio non parlare. I lettori di Libero sanno che non sono mai stato un tifoso di Silvio. Ho predetto per tempo la sua crisi. E l' ho invitato a ritirarsi dalla politica. Ma questo non mi impedisce di staccare la mia spina personale ai programmi troppo faziosi e dunque noiosi. Decidendo che per me sono inguardabili. L'ho fatto da un pezzo con il Ballarò del compagno Floris. La sera dell'incidente di Fini che straparla sulla signora Bossi mi sono goduto la partita Juventus-Fiorentina. E solo da Libero ho appreso il trattamento di super favore riservato da Floris a Fini: venticinque minuti di concione, il doppio del tempo complessivo concesso al ministro Gelmini e al sinistro Vendola. Ma la faccenda non mi scandalizza. Anche Floris coltiva come meglio crede il proprio orto lottizzato. Pagando il canone Rai con la puntualità dei fessi, pago anche il diritto del compagno Giovanni a condursi come un militante. Il vero scandalo è Fini: un presidente della Camera, terza carica istituzionale della Repubblica, che va in diretta tivù a fare propaganda politica. Ma questa è una questione che riguarda la Casta. Un verminaio dal quale non mi aspetto più nulla. Mi aspetterei, invece, qualcosa da un'emittente televisiva che si regge sugli abbonamenti dei privati. Sto parlando di Sky e del suo telegiornale, SkyTg24. Un po' di giorni fa, il ramo italiano dell'impero di Rupert Murdoch ha festeggiato un evento importante per la sua cassa: l'aver conquistato cinque milioni di clienti. Uno di questi sono io, e da molto tempo: un abbonato storico che versa il costoso gettone allo Squalo soprattutto per le partite di calcio e il telegiornale continuo. Quali diritti hanno gli abbonati di Sky? Soltanto due: pagare o disdire il contratto. Anche il criticare è possibile, ma come succede in molte grandi aziende i clienti contano come il due di picche. Nessuno risponde mai ai rilievi, il vertice e i piani sottostanti se ne fottono. Del resto, che cosa pesa il singolo rispetto a cinque milioni di baionette? Nulla. Tuttavia, poiché fin da piccolo ho imparato a non starmene mai zitto, voglio fare una domanda alla redazione del tigì di Sky. E in particolare alla nuova direttora, Sarah Varetto. Guardo questo telegiornale almeno cinque o sei volte al giorno. Notando un mutamento rispetto al tono di un anno fa. Quello che avevo descritto in un libro dedicato ai media italiani e ai giornalisti che ci lavorano. Sotto la direzione di Emilio Carelli, SkyTg24 era già diventato uno strumento di battaglia politica contro il centro-destra. Un po' mi stupiva, sapendo che Carelli era un cattolico cresciuto dai salesiani e addestrato come televisionista nelle reti del Berlusca. Ma la brava e bella Varetto ha fatto un passo in più. La mia impressione è che l'equilibrio e l'imparzialità del suo tigì siano diventati un foglio di cartavelina, dietro il quale si nasconde un gioco allo sfascio che non mi piace per niente. PIANETA SKY Anche la signora Varetto ha un'attenuante. Mi dicono che il tigì di Sky lo vedano quattro gatti. Ovvero, oltre a me, poche migliaia di spettatori. Un ascolto persino più basso di quello raccolto da Rai News, il telegiornale rosso di Corradino Mineo, figlio malvisto dagli alti comandi di viale Mazzini. Ma si può essere piccoli e, al tempo stesso, brutti. Vale a dire, troppo enfatici nel dipingere con gioia il disastro italiano, la nostra ridicola debolezza in Europa, gli scioperi proclamati dal sindacato, le piazze ribelli con le molotov. Ci sono giornaliste di Sky tragicamente buffe nella loro convinzione di fare le inviate di guerra sul fronte di una rivoluzione proletaria: unica luce nella notte nera del berlusconismo. Questo ammazza la credibilità di un telegiornale che, per di più, appartiene a un capitalista con la dentatura da squalo. Forse la direttora Varetto dovrebbe proporsi una domanda. Se l'Italia sparisse nella voragine della crisi economica, quanti dei suoi cinque milioni di abbonati rimarrebbero in grado di pagare il costoso gettone che tiene in piedi Sky? Toccando ferro, le rispondo così: pochi, davvero molto pochi. di Giampaolo Pansa