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Solo l'odio per Berlusconi riesce a far lavorare la casta

Bersani, Di Pietro, D'Alema e Casini sono assenteisti da record. Ma solo ora che il governo traballa restano in aula per tentare lo sgambetto

Andrea Tempestini
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Giovedì 27 sono arrivati pure trafelati. E non perché a fine mese fosse giorno di paga anche per loro. Nel Transatlantico di Montecitorio suonava la sirena che chiamava tutti i deputati al voto. Dovrebbe accadere ogni giorno alla Camera dei deputati. In realtà si votano provvedimenti normalmente fra  martedì pomeriggio e giovedì mattina: due sedute antimeridiane e due pomeridiane alla settimana. Non accade quasi mai: almeno un terzo dell'aula è vuota di tradizione a meno che in calendario ci sia il voto su grandi eventi: fiducia del governo, manovre economiche, leggi sulla giustizia, richieste di autorizzazioni a procedere delicate. CORSA TRAFELATA Giovedì 27 erano in calendario alcune mozioni parlamentari a favore del trasporto pubblico locale. Cose da peones, nella tradizione. Eppure al suono della campanella erano lì a correre trafelati per non tardare al voto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, il capogruppo del Partito democratico, Dario Franceschini, e quasi tutti i vip dell'opposizione.  Il giorno precedente in aula si votavano altre mozioni sul risarcimento a favore delle persone che hanno subito danni da incidenti stradali. Non proprio un argomento da prima pagina. Quando è suonata la campanella, eccoli lì tutti di corsa: Bersani, Franceschini, Casini, Antonio Di Pietro, Giovanna Melandri, Valter Veltroni, Giorgio La Malfa, Massimo D'Alema. È  così dall'inizio di ottobre, per la prima volta nella legislatura. Una fatica per i leader dell'opposizione, come mai avevano provato in tanti anni di onorata carriera parlamentare. I Bersani, i Veltroni, i D'Alema e i Casini sono sempre stati in cima alla classifica delle assenze nelle sedute che non venivano riprese in diretta televisiva. Un leader che si rispetti non va a votare una leggina: ha cose più importanti da fare. Si fa vedere solo quando c'è da prendere la parola su questioni vitali, e possibilmente a telecamere aperte. Da ottobre  invece Pd, Udc, Idv , Fli e gruppetti sparsi dell'opposizione hanno capito,  anche grazie all'incidente del governo finito sotto sul rendiconto generale dello Stato, che se si mettono di impegno forse riescono in quel che sembrava impossibile: fare cadere da palazzo Chigi Silvio Berlusconi.  Il presidente del Consiglio  li ha così costretti a un superlavoro che nemmeno si immaginavano. E siccome il rischio è dietro l'angolo, in questo mese di ottobre i poveri Bersani, D'Alema, Casini, Di Pietro, Franceschini, Veltroni e compagnia si sono dovuti sciroppare di tutto. C'è il trattato aereo con il Regno hascemita di Giordania? Eccoli  lì in prima fila nei loro banchi a pigiare il bottone. Chissà se Silvio cade alle porte di Amman. C'è il trattato aereo con la Georgia? Occasione ghiottissima. Proviamo a fucilarlo lì. Tutti presenti pure al voto della ratifica sulla navigazione sul Lago Maggiore e quello di Lugano. Naturalmente non sono mancati al voto sull'accordo di cooperazione con il Kuwait in materia di istruzione, né alla ratifica sulla convenzione delle Alpi. Presenze a dire il vero un po' inutili, perché è tradizione il voto congiunto di maggioranza e opposizione su quasi tutti i trattati internazionali, spesso firmati da un governo e poi votati in aula quando c'è una maggioranza diversa. Ma non si sa mai, magari ci si intigna su un comma e l'agguato a Silvio è possibile. Come non essere lì nel giorno della festa? Per qualcuno di loro il superlavoro di questo mese deriva anche da una sorta di psicodramma personale. Tutta colpa di una associazione, la Openpolis, che a fine settembre ha messo in fila tutto il proprio database di presenze, votazioni, e lavoro in aula e commissioni dei due rami del Parlamento, compilando una classifica assai velenosetta. Hanno scoperto che la maggioranza quasi mai è stata tale in aula.  E che se Berlusconi è ancora in piedi lo deve alle generose assenze delle opposizioni. Fossero stati in aula avrebbero mandato a casa il governo da molto tempo. Openpolis ha fatto anche una classifica terribile di chi ha fatto il regalone al Cavaliere. LA LISTA NERA In testa c'è proprio il segretario democratico   Pier Luigi Bersani: 2306 assenze decisive al voto. Terzo posto Di Pietro: 2019 assenze-dono al Cavaliere. Quinto posto per D'Alema: 2003 assenze per cui Berlusconi ringrazia. Nono posto Franceschini: 1534 assenze. Tredicesimo posto per Enrico Letta (1446 assenze), quattordicesimo per Lorenzo Cesa, segretario Udc (1437 assenze), quindicesimo per Giovanna Melandri (1361) e diciassettesimo per Veltroni (1317).  Sui siti Internet, sui blog e fra i militanti di partito è montata una rabbia dilagante verso i loro leader da cui si sono sentiti presi in giro. Così li hanno mandati a lavorare. E loro adesso tristemente ogni giorno timbrano il cartellino. di Franco Bechis

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