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Infangati Il metodo delle toghe e della sinistra "Sputtana il Cav e poi nascondi le notizie"

Il metodo antipremier. Se la Procura di Roma chiede di archviare, i giornali progressisti insabbiano la notizia

Andrea Tempestini
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Su Repubblica neanche una riga (neanche-una-riga) e sulla Stampa neanche una riga (neanche-una-riga) mentre sul Corriere hanno messo la notiziola due volte, forse per l'imbarazzo di non sapere dove piazzarla: una breve a pagina 10 e un'altra breve a pagina 27.  Poi si passa ai servi di procura, quelli del Fatto: in un riquadrino a pagina 7 sono costretti ad ammettere che per la famigerata inchiesta di Trani, poi passata a Roma, «i pm hanno chiesto l'archiviazione del premier. Alla base della decisione la mancanza di una violazione di legge e l'inesistenza di un danno certo». Questo ieri. Sciocchezze, che volete che sia: l'inchiesta di Trani fu soltanto uno dei tanti e squassanti terremoti mediatici & giudiziari che è svaporato nel niente dopo aver lasciato presagire tutto. Non c'era concussione, non c'era «minaccia a un corpo amministrativo», non c'era neanche uno straccio di abuso d'ufficio: c'era soltanto che Berlusconi, come tutti strasapevano, avrebbe voluto chiudere Annozero e intervenire su Ballarò e su qualche altro programma; c'era naturalmente che ne parlava al telefono con l'universo mondo (compresi il commissario Agcom Giancarlo Innocenzi e il direttore della Rai Mauro Masi) ma c'era, soprattutto, che alla fine Berlusconi non c'è mai riuscito, o meglio: Annozero si è fatto fuori da solo per autocombustione (con la collaborazione di un altro direttore, Lorenza Lei) e gli altri programmi sono ancora lì o sono trasmigrati senza lutti per nessuno. Ma non è necessario parlare di tutto questo per rilevare lo schifo censorio dei giornali di ieri: ma se lo ricorderanno il casino, almeno?  Il Fatto partì per primo con una sparata in prima pagina: «Telebavaglio, Berlusconi sotto inchiesta»; Repubblica: «Rai, ecco le telefonate del premier», «Berlusconi, Minzolini e Innocenzi sono iscritti nel registro della procura», intervista al procuratore capo di Trani: «Il guardasigilli non ci fa paura, è un'inchiesta seria e faremo un pool»; il Corriere: «Inchiesta misteriosa» (infatti, ndr) e intervista a Bossi: «Le telefonate? Silvio stia più attento»; apertura del Tg3, quello notoriamente obiettivo: «Indagati per concussione». Allarmatissimi Franco Siddi  e Roberto Natale della Federazione della stampa: il primo parlava di «dittatura dolce» e il secondo diceva che per trarre conclusioni «non c'è bisogno di aspettare l'esito dell'inchiesta», questo mentre il sindacato della Rai chiedeva le dimissioni di Augusto Minzolini (Tg1) e Michele Santoro pellegrinava a Trani per una fondamentale deposizione giudiziaria. Tutto questo tra il 13 e il 16 marzo 2010. Il bello è che non abbiamo citato neppure una delle miriadi di intercettazioni che già tutti sapevano essere «irrilevanti» (in prima pagina lo scrisse solo Il Mattino di Napoli) ma che furono pompate all'inverosimile anche se ora, ci informano, non c'è reato e non c'è danno. Ma già allora - si provi a negarlo - tutte le anomalie erano facilmente riscontrabili. La competenza territoriale, per cominciare, che era palesemente romana: tanto che  l'inchiesta passerà nella Capitale; l'indagine era unicamente fondata su intercettazioni telefoniche di conversazioni tra persone residenti a Roma (non a Trani) e naturalmente fu usato il solito trucchetto di intercettare conversazioni di parlamentari mettendo sotto controllo persone vicine a un onorevole se non al premier. In questo modo Berlusconi fu «intercettato» casualmente per 18 volte. E casualmente finì su tutti i giornali. Diversamente dal suo proscioglimento. Fa niente. Domani è un'altra inchiesta. di Filippo Facci

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