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Se vuoi toccare l'articolo 18 torna l'ammucchiata: riecco la Triplice

E' bastato annunciare una modifica per rimettere insieme Cigl, Cisl e Uil: la Triplice non vuole nemmeno sedersi a un tavolo

Andrea Tempestini
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Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, lancia l'appello: «Ricostruiamo le ragioni unitarie, divisi si viene sempre penalizzati». Luigi Angeletti non chiude la porta: «Ci vedremo nei prossimi giorni». Ma quel che è certo, avverte il segretario generale della Uil, è che «se il governo dovesse proseguire sulla strada sbagliata di cambiare le norme sui licenziamenti, uno sciopero generale lo facciamo sicuramente». Dopo la rottura, tra Cgil, Cisl e Uil vanno in scena le prove generali della ricomposizione. Merito, si fa per dire, della lettera d'intenti che il governo ha spedito a Bruxelles con l'innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni e, appunto, le nuove regole sui licenziamenti. Due punti sui quali i sindacati sono pronti alla mobilitazione. Il videoeditoriale su LiberoTv: "Le bugie del sindacato sui licenziamenti" «Dateci il tempo di discutere», mette le mani avanti Camusso quando in piazza del Popolo, nel corso della manifestazione nazionale dei pensionati della Cgil, arriva la domanda sulla possibilità di uno sciopero unitario con le altre organizzazioni sindacali. «Ci stiamo parlando per capire cosa vuole il governo. Valuteremo tutte le scelte e le possibilità che ci sono», aggiunge. Intanto, però, il disgelo con Cisl e Uil è iniziato. «Abbiamo apprezzato il giudizio sulla lettera e anche il fatto che sia tornato nel loro vocabolario la parola sciopero che sembrava abrogata», dice soddisfatta la numero uno di Corso d'Italia, che in attesa di rinnovare l'alleanza con Angeletti e Raffaele Bonanni tira dritto con il suo programma di mobilitazioni contro l'esecutivo: il 3 dicembre, infatti, la Cgil sarà in piazza con una manifestazione sul lavoro: «Se l'operazione del governo è quella di cancellare l'articolo 18 e gli ammortizzatori sociali, noi non ci siamo stati e non ci staremo». Quindi la stoccata a Maurizio Sacconi, ministro del Welfare, che aveva auspicato un tavolo di confronto sulle misure da intraprendere: «Sui licenziamenti non c'è bisogno di nessun tavolo di discussione perchè questo tema non è un problema da affrontare e discutere. L'unico licenziamento ammissibile è quello del governo». Angeletti è il primo a rispondere all'appello di Camusso: «Sciopero generale? Se saremo d'accordo sulle cose da fare perché no?». Poi il segretario generale della Uil rinvia alla prossima settimana: «Ci siamo sentiti e vedremo nei prossimi giorni se avremo una convergenza. L'unità serve a risolvere i problemi». Nel frattempo, rullano i tamburi di guerra. «Sui licenziamenti il governo sta facendo cose irragionevoli: la richiesta della Bce è infondata, non la faremo passare», promette Angeletti, ieri protagonista alla manifestazione per lo sciopero nazionale del pubblico impiego a Roma. «Se questo governo non cambia registro, proclameremo lo sciopero generale di tutte le categorie, per tutto il Paese». Più interlocutoria la risposta di Bonanni. L'unità sindacale, sostiene il numero uno della Cisl, c'è «sicuramente» sull'opposizione ai licenziamenti facili, «una provocazione ideologica che noi non possiamo che combattere». Ma «sul resto», frena, «credo che siamo ancora molto lontani» dopo la rottura iniziata nel 2009 con la riforma dei contratti e confermata con il diverso atteggiamento sulla vertenza con la Fiat. Governo e maggioranza incassano la svolta sindacale con filosofia. «Non c'è dubbio che siamo di fronte ad un fatto nuovo, visto che finora siamo riusciti ad ottenere l'appoggio della parte più riformista della rappresentanza, ma Cgil-Cisl-Uil stanno scegliendo la strada più facile», osserva Giuliano Cazzola, vicepresidente della commissione Lavoro della Camera (Pdl). «Se davvero scegliessero la strada di uno sciopero generale unitario, sarebbe la seconda occasione che perdono dopo aver girato le spalle alla possibilità che gli avrebbe offerto l'articolo 8 della manovra di Ferragosto (quello sulla deroga all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori in base alle intese tra aziende e sindacati, ndr)». La minaccia di una mobilitazione unitaria, tuttavia, è destinata a non spaventare l'esecutivo. «Il governo tirerà dritto e i sindacati faranno la fine dei loro colleghi greci, giunti ormai ad un anno di scioperi con l'esecutivo che va avanti lo stesso», è la previsione di Cazzola. La riforma del mercato del lavoro, ha ricordato anche ieri Sacconi, è infatti sollecitata dalle istituzioni internazionali, Ue, Fondo monetario e Ocse in testa. «Per questo dico che sarebbe divertente vedere quale sarebbe l'atteggiamento di Cgil-Cisl-Uil qualora nella prossima legislatura fosse la sinistra ad essere chiamata ad attuare il programma concordato con Bruxelles», osserva Cazzola. Una conclusione cui è giunta, fanno notare dalla maggioranza, anche la componente veltroniana del Pd, come testimonia la lettera del deputato Giorgio Tonini al Fatto, secondo cui i punti della missiva spedita all'Ue «impegnano anche noi». Per questo Camusso, per rinforzare il fronte anti-Palazzo Chigi, spera di portare dalla propria parte anche Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria: «Ha improvvisamente riscoperto l'amore per il governo. Noi vorremmo che con qualche coerenza difendesse gli accordi che abbiamo fatto insieme». La leader degli industriali risponde in serata: «Faccio un appello ai sindacati: lavoriamo insieme, non è con le posizioni ideologiche che risolviamo i problemi. Un autunno caldo renderebbe il Paese più debole». di Tommaso Montesano

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