Sarkozy è il comico di Francia Ma noi non siamo da meno
Mughini: l'Europa sghignazza di noi da decenni. Siamo il Paese inconcludente che pure De Gaulle prendeva per in giro
È esattamente così. L'Europa ci ha puntato una pistola alla tempia, come avrebbe fatto qualsiasi creditore con un debitore ostinatamente inadempiente. Sì o no dobbiamo dire fra poche ore dove risparmieremo gli euro di un debito pubblico che ci sta uccidendo, e che soprattutto ucciderà la società dove vivranno i nostri figli? Sì o no sta avvenendo nell'Italia reale la oscena alleanza tra Lega e sindacati nell'opporsi quanto più recisamente a una misura la cui necessità è divenuta epocale a un tempo in cui l'aspettativa di vita è cresciuta di dieci o quindici anni, ossia alla decisione di posticipare l'età in cui guadagnarsi il diritto alla pensione, ciò di cui ci azzanniamo da almeno vent'anni e ne cadono ogni volta i governi? Vi stupite a questo punto che qualcuno fra i leader europei, e penso naturalmente al siparietto in cui Angela Merkel e Nicolas Sarkozy hanno tentato di fare concorrenza ai fratelli Marx nell'atteggiare il loro volto a un ghigno di derisione nei nostri confronti, ci sbeffeggi? Premesso che quanto ai rapporti politici fra gli Stati nessuno dovrebbe dare lezioni agli altri, tanto più in consessi ufficiali che la drammaticità della situazione rende delicatissimi, ho di questo loro gesto infausto un'idea molto diversa da quanti (lo ha fatto ieri su Libero Tommaso Montesano in un articolo molto divertente) si sono affrettati a enumerare le tante volte in cui Sarkò s'è meritato qualche sghignazzo. Purtroppo quanto a sghignazzi meritati, a gaffes sesquipedali, a comportamenti che inducevano al sorriso se non allo sprezzo capi di Stato e diplomatici, il nostro attuale capo del governo in questi ultimi anni non ha avuto rivali al mondo. Ed è vero, come ha scritto Gianluigi Paragone, che per un tempo noi avevamo preso per buoni quegli atteggiamenti, che c'era piaciuta quel tantino di goliardia che corrompeva l'eccessiva rigidità del protocollo diplomatico. Ma adesso? Condivido quel che ha scritto Paragone. Che per quanto «impropria» sia la risata che si scambiano Merkel e Sarkozy, in essa «c'è il marameo finale ai sogni del Cavaliere e di tutti noi che ci avevamo creduto». Sì o no? - Ma lasciamo stare se i ghigni dei due leader europei che pur ancor ci offendono fossero riusciti o meno. Andiamo alla sostanza delle cose, a vedere se sì o no l'Italia di oggi meriti che la quotazione della sua immagine sia talmente infima nel mondo. E allora. Siamo sì o no secondi in Europa nella corsa verso l'abisso, subito dopo la Grecia? Sì o no quando leggete gli indici che indicano la vitalità di una società e della sua economia, l'Italia è perennemente agli ultimi posti? Sì o no in questi tre mesi che sta durando l'affondamento del Titanic chiamato Euro, il nostro governo ha dato rarissimi e contradditori sintomi di vita? Sì o no il dislivello tra il costo del nostro debito e il costo del debito tedesco è a dir poco spaventoso da quanto l'uno e l'altro Paese pagano rispettivamente il denaro che prendono in prestito? Sì o no, come ha scritto Luca Ricolfi nel suo ultimo libro, non esiste paese al mondo in cui lavoro che produce ricchezza sia tassato quanto il nostro? Sì o no è allucinante che la Lega - un partito che dovrebbe rappresentare il nord industriale, il lavoro a rischio e di qualità, le partite Iva che non chiudono bottega il sabato e la domenica - si trovi sul punto dell'andare in pensione il più presto possibile in sintonia con i sindacati confederali, ossia con i più strenui difensori dello status quo? Se in queste ore andasse giù il governo, sarebbe finalmente un atto d'onore. La prima volta in un paio d'anni che non è più questione di Patrizia D'Addario o di Nicole Minetti, e bensì del come la società italiana vive e produce. Naturalmente questo disastro e questo rovinio dell'immagine d'Italia nel mondo, questo esser presi ancora una volta per “italianuzzi” buoni solo a fare le pizze e a suonare il mandolino, non è affatto nato con Berlusconi e la sua leadership. Stimmate - Sono purtroppo le stimmate della storia italiana del Novecento, quella storia cominciata con un Risorgimento in cui avevamo perso tutte le battaglie. È vero che pagammo con 600mila morti la vittoria del novembre 1918 e dunque che la bandiera italiana sventolasse a Trento e Trieste, solo che nel corso di quella guerra ci fu il disastro di Caporetto, il disastro di truppe italiane sopraffatte e circondate da truppe numericamente inferiori. Un disastro talmente connotativo dell'identità italiana che un grande intellettuale oggi dimenticato, il professor Mario Silvestri, scrisse un libro a raccontare la sempiterna “Caporetto” d'Italia, un disastro che si rinnovava a ogni epoca e a ogni generazione. La guerra insegna - E a proposito dei nostri rapporti con i cugini francesi, lo avete dimenticato quel che perpetrammo nel giugno 1940, quando li attaccammo alle spalle nella proporzione di cinque soldati nostri contro uno dei loro, e che non andammo avanti di un metro, e che supplicammo i nazi di lanciare alle loro spalle dei paracadutisti e quelli si rifiutarono perché non lo giudicavano cavalleresco? Qualcuno di voi che mi sta leggendo lo ha mai avuto sotto gli occhi il discorso che pronunciò allora Charles De Gaulle, quello in cui dice che la Francia stava sottostando allo «stivale» tedesco e allo «scarpino» italiano? È più bruciante per il nostro onore questa espressione di De Gaulle o il ghigno di Sarkozy? Questa è stata la nostra storia recente, la nostra identità la più riconosciuta. E quale che sia il genio di tantissimi italiani e in tutti i campi. Un italiano di genio era il giornalista Gianni Brera, uno che fingeva di parlare di sport per parlare invece dell'Italia. Lui l'aveva combattuta la Seconda guerra mondiale. Ne aveva dedotto che fossimo “italianuzzi”, piccoli e poveri, e che per vincere nella guerra del football dovevamo essere astuti, ben chiusi in difesa, rapidissimi nel contrattaccare e colpire. Non siamo una grande potenza, ve lo volete mettere in testa? Altro che i ghigni o gli sberleffi di quello o quell'altro. Dimostriamo nei fatti che valiamo di più, che siamo un Paese dov'è incisa la storia del mondo. Del resto non è un caso che quanto al football siamo stati ben quattro volte campioni del mondo. di Giampiero Mughini