La guerra delle pensioni Duello Berlusconi-Bossi
Il premier ripropone la riforma delle pensioni ma il Carroccio si oppone. Summit fino a tarda notta. Senza l'accordo il governo hal le ore contate
Si continua a trattare. Il braccio di ferro tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi va avanti. Ma la soluzione ancora non c'è. E il consiglio dei ministri di ieri non è servito a sciogliere i nodi sul tavolo. «Ci si è tenuti sul vago, si è disegnata la cornice, ma ancora non è stato deciso cosa metterci dentro. Quello che si è riscontrato, però, è la volontà di tutti di trovare un accordo e di andare avanti con questo governo», racconta un ministro uscendo da Palazzo Chigi. Il premier ha aperto la riunione elencando le linee guida su cui l'esecutivo ha intenzione di muoversi. Pensioni, lavoro, liberalizzazioni, abbattimento del debito e delega fiscale sono i temi su cui si sta discutendo, ma sui contenuti non c'è ancora nulla di concreto. Di questo avevano parlato in precedenza Berlusconi, Tremonti e Bossi, ma per ora la quadra non è stata trovata. Da registrare, però, una leggerissima apertura della Lega. Bossi rimane contrario a toccare le pensioni perché «non possiamo far pagare i conti della crisi ai pensionati», ma «visto il momento difficile in cui siamo, dobbiamo trovare soluzioni che vadano bene a tutti». L'impasse, dunque, non si sblocca. E al termine del consiglio dei ministri, durato poco più di un'ora, i vertici del Carroccio si sono fermati a cena dal premier, segno che le trattative sono andate avanti per tutta la sera. Per oggi non è previsto un altro consiglio dei ministri. Ci sarà, forse, mercoledì mattina. «Siamo in un vicolo cieco. O la Lega fa un passo indietro sulle pensioni oppure a quel punto il Cavaliere potrebbe decidere di passare la mano e dimettersi», confida un ministro. E in queste ore si è tornato a valutare anche la possibilità di un governo alternativo guidato da Gianni Letta o Renato Schifani con l'obbiettivo di allargare la maggioranza all'Udc, in modo da superare l'ostacolo Bossi. «La Lega sulle pensioni non arretra», titola oggi la Padania, lasciando poche speranze al Cavaliere. Ma nel Pdl si continua a confidare nella maggiore disponibilità dimostrata da Roberto Maroni. Anche se nell'entourage berlusconiano alcuni pensano che le pensioni siano solo un escamotage e che Bossi stia usando questo pretesto per staccare la spina al governo e andare a votare. «Forse perché teme che andando avanti con così perderà voti», dicono. Ieri, comunque, nei vari incontri e nella riunione di governo, si sono evidenziate due linee diverse. Da una parte Giulio Tremonti, che vorrebbe portare a Bruxelles misure che non limitino troppo la libertà d'azione del governo, dall'altra Gianni Letta spinge invece per mettere «nero su bianco» i provvedimenti per la crescita, altrimenti «si rischia di andare allo sbaraglio». Tra le ipotesi allo studio, per tenere buona l'Europa c'è anche l'idea di inviare all'Ue un documento di indirizzo per indicare i punti delle misure che l'esecutivo ha intenzione di varare. Una giornata difficile quella di Silvio Berlusconi, passata a cercare un punto di contatto tra l'ultimatum dell'Europa e la posizione della Lega, contraria a toccare l'età pensionabile. Reduce dal consiglio europeo di Bruxelles, dove dovrà tornare domani per illustrare le decisioni prese, il Cavaliere in mattinata è salito al Colle per rassicurare Giorgio Napolitano sull'esito del vertice europeo. Poi, nel pomeriggio, un lungo incontro con Giulio Tremonti per arrivare a un compromesso. Vertice a cui, appena giunti a Roma, si sono uniti anche i vertici della Lega. Le previsioni, però, non erano delle migliori. Nel Pdl, infatti, il clima è pessimo da almeno da due giorni. «Con la Lega siamo arrivati al redde rationem, se si mettono di traverso sulla riforma delle pensioni, che è l'unica risposta seria da dare a Bruxelles, vuol dire che hanno deciso di far cadere questo governo per metterne su un altro», è il tono dei commenti in via dell'Umiltà. Questa volta, però, secondo il “cerchio magico” berlusconiano, il Cavaliere non si fermerà. «Le risate di Merkel e Sarkozy lo hanno fatto arrabbiare e gli hanno fatto molto male dal punto di vista umano. Quindi ora il premier è più che mai deciso a mettere in campo riforme credibili per affrontare la crisi», continuano dalla sede del Popolo della Libertà. «E poi la riforma delle pensioni Berlusconi l'ha già fatta due volte, si tratta solo di completarla», fa notare Renato Brunetta. «Sì, ma se la Lega si impunta, il governo cade», osserva un altro ministro, Gianfranco Rotondi. «Questo è il momento delle grandi scelte. Il premier deve decidere se fare un decreto, con il rischio che un pezzo della sua maggioranza non ci stia, oppure non farlo e tenere la maggioranza unita, ma col rischio che il Paese sprofondi», fotografa la situazione Emma Marcegaglia. Mentre Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani gli chiedono ancora una volta di farsi da parte. Ma dall'Udc fanno sapere: «Noi potremo anche votare la riforma delle pensioni, ma solo se la maggioranza è unita. Non possiamo sostituirci alla Lega». di Gianluca Roselli