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Chi deve salvare l'Europa non sa fissare un incontro

La Ue pianifica vari meeting per salvare l'euro, ma non riesce nemmeno a fare una conferenza stampa

Lidia Baratta
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Pasticcio in salsa europea. Dopo settimane di confronti, e con la crisi  internazionale che morde i mercati finanziari e i conti pubblici di mezza Europa, a Bruxelles l'accordo sulle misure di sicurezza fatica a concretizzarsi. Ieri c'è stato qualche timido passo in avanti, con la Germania che ha smussato le sue pretese e si è avvicinata alla Francia.  È fatta? Macché. Gli spumanti erano pronti. Tuttavia, l'atteso vertice in programma domani potrebbe risolversi con l'ennesimo buco nell'acqua. Tant'è che per prudenza è stata convocata un'altra riunione per il 26 ottobre. Che si aggiunge al primo incontro tecnico di ieri e all'assise di domani. Tre riunioni, insomma, per non decidere granché. Tra le maggiori difficoltà, l'organizzazione di una conferenza stampa volta ad annunciare il piano Ue. E nell'imbarazzo generale  il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha ammesso che il rischio è di un «danno di immagine disastroso». Il crac della Grecia, però, fa tremare le vene ai polsi dei leader Ue: bisogna evitare il contagio ad altri paesi membri, hanno pensato a Berlino prima di dare il via libera formale alle linee guida del Fondo salva Stati. La Germania, però, non contribuirà con più di 211 miliardi di euro al fondo e in  linea di massima esclude la possibilità che l'Efsf si finanzi attraverso la Banca centrale europea (Bce). A sbloccare il «sì» tedesco, secondo gli addetti ai lavori, avrebbero contribuito pure le pressioni dei giganti della finanza. Ieri Dieci società europee hanno scritto una lettera in questo senso al direttore dell'Efsf, Klaus Regling.  Si tratta di Deutsche Bank, UniCredit, Allianz, Axa, Banco Popular, Commerzbank, Mediobanca, Generali, Munich Re e Pimco, il più grande gestore globale. Il mondo bancario e assicurativo  vede con favore la prospettiva che il Fondo   possa «assicurare parzialmente le obbligazioni pubbliche». Non resta che aspettare. Nonostante i tira-e-molla, gli operatori finanziari sono apparsi ottimisti. Dopo una settimana di pericolose oscillazioni, infatti, ieri i mercati di titoli pubblici hanno chiuso con uno  slancio di ottimismo che rivela, appunto,  fiducia nella capacità dei leader Ue di porre in essere misure efficaci contro la crisi del debito. Dopo aver toccato in apertura quota 404 punti, lo spread Italia Germania ha visto nel pomeriggio un progressivo riassorbimento fino a 375 punti. Analogo ottimismo si è registrato anche sulle borse del Vecchio continente. I listini hanno chiuso la seduta con rialzi attorno ai tre punti percentuali. Francoforte ha tirato la volata (+3,5%) a Parigi, Madrid e Milano (tutte in progresso del 2,8%). Il mercato è sembrato credere alle indicazioni arrivate da Berlino che ha smentito divisioni tra la cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il presidente francese Nicolas Sarkozy. «Non ci sono divergenze di base» ma serve un po' di tempo per tarare i «dettagli tecnici» ha detto il portavoce della Merkel stemperando la paura, all'origine del crollo di giovedì, di divisioni tra i due più importanti Paesi dell'Eurozona. Sembra condivisa, poi, l'esigenza di ricapitalizzare le banche europee e adottare un atteggiamento più pragmatico rispetto alle perdite da assumere in relazione al debito della Grecia. Si parla di 80-90 miliardi di euro.   In questo clima, dunque, nonostante appaia sempre più probabile un nuovo taglio del valore dei bond di Atene per stabilizzare il debito greco fino al 60% del valore nominale, le borse europee hanno deciso di fidarsi della politica. Si tratta, tuttavia,  di una fiducia fondata più su eventi sperati che su azioni concrete. L'ultima spiaggia. di Francesco De Dominicis

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