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Berlusconi lascia il Quirinale Bini Smaghi verso Bankitalia

Il consigliere Bce "vede" Palazzo Koch, Annuncio già stasera: una scelta di compromesso dopo mesi di veleni e coltelli

Andrea Tempestini
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Manca poco a Lorenzo Bini Smaghi per venire nominato governatore di Bankitalia. Il premier Silvio Berlusconi è salito al Quirinale per comunicare a Giorgio Napolitano il nome del successore di Mario Draghi, prossimo presidente della Bce. L'incontro è terminato è l'ufficialità, come confermato da Umberto Bossi, è attesa entro questa sera. "Domani (oggi per chi legge, ndr) farò la mia proposta", ha spiegato Silvio Berlusconi: è attesa la lettera del premier al Consiglio Superiore della Banca. Il favorito delle ultime ore pare essere Lorenzo Bini-Smaghi, costretto a lasciare il posto nel board della Banca centrale europea (due italiani sarebbero troppi e la Francia mugugna: la stessa Francia che non ebbe troppa solerzia a rimuovere il suo 'doppio' ai tempi dell'insediamento di Jean-Claude Trichet). Nicolas Sarkozy marca stretto Berlusconi: le pressioni di Sarkò per rimuovere Bini-Smaghi al più presto dal consiglio direttivo della Bce paiono avere avuto un ruolo fondamentale anche per la scelta della successione in via Nazionale, anche perché lo stesso Bini Smaghi tiene in scacco il governo: lui molla la Bce soltanto per una contropartita succulenta. Bankitalia, appunto. Una scelta sbagliata - La scelta di Bini Smaghi sarebbe un compromesso in grado di non fare felice nessuno. La verità, inoltre, è che la scelta è in grado di mostrare la debolezza di Silvio Berlusconi - che non riesce a imporsi -, ma è soprattutto una scelta sbagliata: ora che Draghi è al vertice della Bce, il governatore di Palazzo Koch dovrebbe essere nominato nel segno della continuità, una figura con cui Draghi possa dialogare. La presidenza dell'Eurotower, insomma, va sfruttata, e non vanificata rompendo il filo diretto tra Draghi e Bankitalia con una persona pescata da un altro mazzo. Scontro Saccomanni-Grilli - Il punto è che tra Berlusconi, Umberto Bossi e Giulio Tremonti, per la nomina a governatore di Bankitalia, l'aria è sempre stata tesissima. Lo scontro si è giocato tutto sui due nomi forti che hanno tenuto banco da giugno scorso (da che per la prima volta in veste ufficiale Napolitano e il Cavaliere parlarono della successione a Draghi): i nomi sono quelli di Fabrizio Saccomanni e di Vittorio Grilli. Il primo è l'uomo caldeggiato da Berlusconi, una scelta di continuità poiché è il direttore generale dei Bankitalia; il secondo è spinto da Bossi e Tremonti, una scelta di rottura e che polarizzerebbe sempre di più la maggioranza: si tratta di un fedelissimo di Tremonti, dell'attuale direttore generale del Tesoro. Tarantola e Visco - Ma nelle convulse ore finali di una lotta che si trascina da troppo tempo sono spuntati nomi come funghi. Gli ultimi che rimbalzavano tra Palazzo Chigi e Palazzo Koch erano quelli di Annamaria Tarantola e Ignazio Visco. La prima è una donna paludata, un'altra (possibile) scelta di forte continuità: in Bankitalia dal 1971, vicina a Mario Draghi e attuale vice direttore generale (nominata del marzo del 2009), ha dalla sua il gradimento del Colle. Mercoledì sera il nome della Tarantola si faceva con insistenza, ma il giorno successivo le sue quotazioni erano già in picchiata: un fuoco fatuo. Visco, infine, sarebbe l'uomo con le maggiori chance di superare i veti incrociati della politica. Anche lui vicedirettore generale della Banca d'Italia, da tempo svolge compiti istituzionali che lo hanno portato a lavorare in stretto collegamento con il ministero del Tesoro: è infatti il deputy di Mario Draghi in tutte le sedi internazionali e lavora al fianco di Grilli anche nel Comitato economico e finanziario dell'Unione Europea. Un mix di 'grillismo' e 'saccomannismo'. Il compromesso - Nel complesso scacchiere diversi nomi andrebbero - almeno in linea teorica - a proseguire la linea tracciata da Mario Draghi: Saccomanni, Visco e la Tarantola. Certo non Bini Smaghi. Dall'altro lato della barricata c'è Grilli (o meglio, ci sono Bossi e Tremonti). E' stato proprio il nome del direttore del Tesoro ad aver complicato la questione. Quella di Grilli sarebbe una scelta in netta contrapposizione alle posizioni di Silvio Berlusconi, che uscirebbe indebolito da una sua eventuale nomina, al pari di quella di Bini Smaghi. Così in questo contesto si era fatto - e si continua a fare, ma pare avere poche possibilità - il nome di Domenico Siniscalco, ministro delle Finanze nel Berlusconi bis e ter: un'altra figura esterna e alternativa a Grilli. Ma niente da fare: per trovare una linea comune non sono bastati cinque mesi abbondanti. Così, con ogni probabilità, la scelta cadrà su Bini Smaghi: una figura rispettata all'estero per cui va trovata una poltrona, verrebbe quasi da dire un Papa straniero nella lotta politica (Berlusconi contro Tremonti) scandita da troppi colpi bassi. Una scelta di rottura, ma rottura differente rispetto a quella invocata dal ministro dell'Economia. Un compromesso che rende tutti infelici e che, francamente, avvilisce le istituzioni, costrette a sottostare ai suoi desiderata.

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