Da Craxi agli insulti di Rosy e Bossi Tutti gli stronzi della politica
Umberto, la Bindi e Stefania Craxi militano in partiti diversi, ma sono uniti dagli improperi rivolti agli avversari
Per non rovinare la media, hanno timbrato anche ieri. Montecitorio, esame del ddl costituzionale sulla libertà d'impresa. Scintille tra leghisti e sinistra. Il padano Pierguido Vanalli a un certo punto perde la pazienza col collega democrat Furio Colombo: «Se non lo conoscessimo non sapremmo che dice una stronzata dietro l'altra tutti i giorni». In precedenza, il dominus pidiellino Denis Verdini si era rivolto al finiano Aldo Di Biagio all'urlo di «pezzo di merda». I puristi storceranno il naso, ma qui si registra addirittura la doppietta. Che la politica fosse finita nel water lo si sospettava da un po'. Che la prevalenza del termine che il vocabolario definisce «tratto di sterco solido dalla forma cilindrica» fosse così schiacciante, però, lo sospettavano in pochi. Nell'ultima settimana, lo stronzo ha ulteriormente consolidato il primato. Merito del secco uno-due targato B&B, Bindi e Bossi. Con la presidente del Pd che se la prende coi Radicali anti-Aventino definendoli «stronzi che galleggiano anche senz'acqua» (prontamente rintuzzata da Pannella: «La Bindi è il presidente degli stronzi»). E col grande capo padano che, richiesto di commento sulle uscite di Flavio Tosi, prima fa il dito medio e poi spiega che il sindaco di Verona «è uno stronzo che ha riempito la Lega di fascisti». Senza contare il contributo, ancorché postdatato, del Lavitola d'antan (intercettazioni del 2009) pubblicato l'altro giorno da Repubblica: «Questo stronzo di Tremonti non vuole firmare assolutamente l'attribuzione dei fondi al capitolo sull'editoria». Il bello dello stronzo è che è trasversale, unisce laddove idee e passioni dividono, avvicina mondi all'apparenza inconciliabili: lo stronzo affratella, altroché. Anche ad alti livelli. Capitò qualche mese fa che il presidente della Camera Gianfranco Fini, per spiegare a un bimbo di origine straniera i mali del razzismo, dicesse che «chi vi dice che gli stranieri sono diversi è uno stronzo» (replica del leghista Calderoli: «Altrettanto stronzo è chi illude gli immigrati»). Il campione indiscusso resta però il Senatur. Al punto che una esatta statistica degli stronzi bossiani è impraticabile. Ci si limiterà pertanto a citare alcuni bersagli a mo' di esempio, scusandosi con eventuali esclusi. Si sono presi di stronzo dal capo della Lega: Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini, la categoria dei giornalisti in blocco, i romani tutti e Giuseppe Garibaldi. Dall'archivio: rissa in transatlantico tra Willer Bordon (Margherita) e Luigi Compagna (Udc). Compagna: «Questo è un discorso da stronzo!»; Bordon: «No, lo stronzo sei tu!» (li dividono a fatica). Battibecco Brigandì (Lega) - Borghesi (Idv) col padano che dà al dipietrista di «stronzo, infame, pezzo di merda e fascista». L'allora ministro Claudio Scajola ad un lavoratore dell'indotto Alitalia che strilla che i politici sono tutti ladri: «Perché generalizza? È come se io dicessi che sono tutti stronzi come lei, ma non lo dirò». Menzione d'onore per il pasdaran berlusconiano Giancarlo Lehner, che dà sfoggio di apprezzabile cultura definendo l'arcinemico finiano Italo Bocchino «gavno», che indovinate un po' cosa vorrà mai dire in russo. Al netto della parziale e perfettibile casistica di cui sopra (e al netto dei ciclopici sforzi compiuti in questi giorni) lo stronzo d'oro resta però saldamente appannaggio di Stefania Craxi. Anno 1993: l'allora candidato sindaco di Roma Francesco Rutelli si augura in diretta tv di «vedere Craxi consumare il rancio nelle patrie galere». La figlia Stefania la prende comprensibilmente male e definisce Rutelli «un grandissimo stronzo». Lui querela e vince: cinquantamila lire di risarcimento. E qui arriva il colpo dell'artista, in quanto l'erede Craxi decide di versare l'importo stabilito dal giudice in cinquanta comode rate da mille lire cadauna «per potergli scrivere cinquanta volte “grandissimo stronzo” sulla causale di versamento». E si converrà che sono soddisfazioni. di Marco Gorra