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Silvio telefona a Lavitola: "Facciamo la rivoluzione"

Repubblica sbatte in prima gli sfoghi di Berlusconi, che sbotta: "Non conto un cazzo. Assediamo Palazzo di Giustizia"

Andrea Tempestini
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La tregua era durata qualche giorno. Fin troppo, evidentemente. Puntaule, Repubblica ha ripreso a diffondere intercettazioni, telefonate private del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Le ultime schiaffate in prima pagina sono altre conversazioni con Valter Lavitola. Risalgono all'ottobre 2009, pochi giorni dopo che la Corte Costituzionale ha parzialmente bocciato il Lodo Alfano. Il Cavaliere, assediato a livello mediatico e giudiziario, si sfoga.  "La gente non conta un cazzo" - "Non conto niente... Che cosa vuoi che conti ... Hai visto la Corte Costituzionale che ha datto che io sono esattamente come gli altri ministri... Quindi non ho bisogno di tutele - si sfoga con Lavitola -. Allora, parliamoci chiaro, la situazione oggi in Italia è la seguente: la gente non conta un cazzo... Il Parlamento non conta un cazzo... Siamo nelle mani dei giudici di sinistra, sia nel penale che nel civile, che appoggiandosi alla Repubblica e a tutti i giornali di sinistra, alla stampa estera...". Laconico il commento di Lavitola: "Ci fanno un culo come una casa". "Consulta occupata" - Ma il premier continua a togliersi sassolini dalle scarpe, spiegando che "poi quando in Parlamento decidono qualcosa che alla sinistra non va, interviene il presidente della Repubblica, che intanto non te la fa fare prima...come quella delle intercettazioni...e poi passa tutto alla Consulta, che hanno occupato, e con undici giudici la bocciano". "Facciamo la rivoluzione" - Poi c'è il passaggio più duro. Berlusconi spiega che quando viene aggredito dalla stampa e "semplicemente chiede un danno per far capire a questi giornali che non possono andare avanti così, rivolgendosi in maniera disarmata a quella magistratura civile che gli è ostile dicendo 'se per caso trovo un giudice onesto e vinco, quello che porto a casa lo da a un'istituzione benefica'...ti dicono che non c'è la libertà di stampa, che lui è un dittatore...". Quindi il Cavaliere lascia intendere di non star bene e di pensare al ritiro. C'è poi una seconda opzione. Lo sfogo privato che per Repubblica diventa titolo da prima pagina, diventa lo scandalo, la minaccia. "Oppure facciamo la rivoluzione, ma la rivoluzione vera... Portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di giustizia di Milano, assediamo Repubblica: cose di questo genere, non c'è un'alternativa...".

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