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Inferno indignati a Roma: assalto ai mezzi blindati

Degenera il corteo. E' guerriglia: decine di feriti. Attacco ai carabinieri: paura per due agenti. Ministeri nel mirino: crolla il tetto del dicastero della Difesa

Andrea Tempestini
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A Roma si è scatenato l'inferno. La marcia 'pacifica' degli indignati - o dei rivoluzionari del sabato sera -  è durata giusto una manciata di minuti. Nella Capitale, dopo pochi passi, il corteo partito dall'università La Sapienza è degenerato. Tra la folla dei giovani, alcuni antagonisti vestiti di nero, con i cappucci tirati sul volto, hanno iniziato la loro opera di devastazione. Prima è stato appiccato il fuoco ad alcuni Tricolori e alle bandiere dell'Unione europea trovate sulla pensilina di un hotel in via Cavour. Poi una cinquantina di autonomi si è staccata dal corteo ha iniziato una vera e propria guerriglia. Sono seguite le cariche della polizia ed espolosioni di bombe carta. Quindi l'escalation di violenza ha raggiunto picchi incredibili, tra le cariche della polizia e il tentativo di contenere l'assalto con gli idranti. L'epicentro degli scontri prima  era in piazza San Giovanni, e dopo si è spostato in via Labicana e via Merulana. Alcuni uomini incappucciati hanno poi preso d'assalto la sede del Ministero della Difesa in via Labicana, lanciando anche bombe carta e devastando vetrine e uffici all'interno. Un gruppo di black bloc ha dato alle fiamme un blindato dei carabinieri, rimasto isolato sul lato destro di piazza San Giovanni, teatro degli scontri più violenti. I manifestanti hanno continuato a lanciare sassi e bottiglie contro il mezzo e ci sono stati attimi  di terrore per i due carabinieri all'interno del mezzo, che si sono salvati. La frangia di estremisti contava 500 unità, secondo il sindaco capitolino, Gianni Alemanno, arrivati da tutta Europa. I manifestanti pacifici insultavano i black bloc: tre di loro sono stati fermati e consegnati alle forze dell'ordine. Le stesse forze dell'ordine venivano applaudite da grosse parti del corteo quando caricavano i violenti. Guerriglia a San Giovanni - Come detto uno degli epicentri della guerriglia era in piazza San Giovanni, luogo storico delle manifestazioni sindacali e democratiche. Il corteo degli indignati, che doveva essere una manifestazione pacifica, si è trasformato in una vera e propria battaglia urbana che per oltre quattro ore ha messo a ferro e fuoco il centro. La piazza era simbolicamente divisa tra i violenti e i manifestanti pacifici che con le mani alzate stavano cercando di scappare. Le forze dell'ordine sono state prese d'assalto dai black bloc con una pioggia di sassi e sampietrini. Le cariche proseguivano furiose. Continue gli alleggerimenti con i blindati e gli idranti. Intorno alle 18.30 la piazza è tornata sotto il controllo delle forze dell'ordine, e gli scontri proseguivano nelle vie adiacenti. La polizia ha lanciato lacrimogeni anche in Piazza San Clemente per disperde la coda del corteo. Via Labicana e via Merulana - Così dopo San Giovanni il fronte più caldo si era spostato in via Merulana e in via Labicana. In via Merulana sono state incendiati i ponteggi di un palazzo in ristrutturazione. In via Merulana i blindati della polizia hanno sfondato la barricata eretta dagli incappucciati. Le forze dell'ordine hanno creato un imponente schieramento antisommossa, inseguendo per alcuni tratti i violenti. Gruppi organizzati continavano a lanciare pietre e bottiglie contro polizia e passanti. Assalto ai ministeri - Gli incappucciati hanno cercato di irrompere nella sede del Ministero della Difesa, lanciando anche bombe carta e devastando vetrine e uffici all'interno. Il tetto del dicastero è crollato per la barbara violenza dell'attacco. I black bloc, avanzando in via Labicana, avevano preso d'assalto anche l'ex agenzia delle Entrate, una sede dell'agenzia interinale Manpower e una filiale della Banca popolare del Lazio all'incrocio tra via Manzoni e Merulana. Bombe carta e arieti - Proprio in via Merulana i violenti hanno spostato i cassetti dell'immondizia in strada, li hanno incendiati per sfruttarli come barriccate. Le forze dell'ordine hanno risposto con i lacrimogeni. Decine di black bloc sradicavano i pali dell'asfalto e li usavano come arieti per sfondare le vetrine dei negozi in via Emanuele Filiberto. Era vera e propria guerriglia urbana, con i blindati che intervenivano su via Labicana dove proseguivano i lanci di bottigli e bombe carta. L'esplosione di un ordigno artigianale ha gettato nello scompiglio i manifestanti pacifici in via Labicana: una bomba carta è stata lanciata all'interno di un cantiere. Sono state sfondate le vetrine del supermercato Elite, poi del fumo nero si è alzato da largo Corrado Ricci dove sono state incendiate tre macchine (incendi poi domati dai Vigili del fuoco), quindi è stata devastata la vetrina di un bancomat della filiale della Cassa di Risparmio di Rimini all'incrocio di via dei Serpenti. Diversi feriti - Un uomo è ricoverato al Policlinico Umberto I in condizioni definite "gravi" per lo scoppio di un petardo o di un altro oggetto esplosivo che gli avrebbe amputato alcune dita: si tratterebbe di un militante di Sinistra e Libertà. Ci sarebbero diversi altri feriti: secondo quanto si è appreso almeno una settantina. In ospedale anche un poliziotto che negli scontri ha riportato una frattura alla gamba. Successivamente si è appreso che gli agenti feriti erano almeno due. Ferito anche un fotografo dell'AdnKronos colpito da una pietra alla festa in piazza San Giovanni. Anche due troupe di SkyTg24 sono state assalite dai facinorosi. Colpito al volto anche un militante dei Cobas, in via Cavour, che stava tentando di fermare un lancio di bottiglie contro i vigili del fuoco intenti a domare il rogo di un Suv. Rifugio nel vicariato - Il corteo si era spezzato in due per l'intervento della polizia. Famiglie e manifestanti, terrorizzati, erano bloccati al colosseo. Altri hanno scavalcato il recinto del Vicariato per mettersi al riparo all'interno della Basilica, e cercavano rifugio con le braccia alzate al cielo. Su di loro piovevano fumogeni. Dopo un primo momento è stato lo stesso vicariato di Roma a permettere che l'accesso in questione restasse apero. La scelta è stata motivata secondo quanto si è appreso dall'esigenza di permettere ai manifestanti pacifici di abbandonare la zona di guerriglia. Gli insulti ai black bloc - Mentre black bloc in azione mettevano a ferro e fuoco Roma, altri manifestanti cercavano invano di allontanarli dal corteo. Diversi passanti insultavano i black bloc che nascosti dai loro vestiti neri assaltavano tutto ciò in cui sio imbattevano. Anche i No Tav e gli anarchici, in testa al corteo, hanno insultato pesantemente i delinquenti. Undici vetture tra blindati e camionette di Fiamme gialle e polizia hanno chiuso completamente il passaggio lungo via dei Fori imperiali in direzione di Piazza Venezia. Anche un bimbo di 10 anni -  Tutti i violenti erano completamente vestiti di nero. Il loro aspetto era inquietante, con il volto nascosto dai passamontagna e con i caschi in mano mentre nelle prime fasi iniziali e pacifiche del corteo non rivolgevano parola a nessuno. Per loro parlava lo striscione dietro al quale si annidiavano: "Se ci prendono il presente noi ci rubiamo il futuro". Tra i manifestanti è stato avvistato un uomo con un bambino di soli 10 anni, con il volto nascosto da una kefiah. "Il debito non lo paghiamo" - Lo slogan dei manifestanti del corteo pacifico era sempre lo stesso: "Noi il debito non lo paghiamo". A Roma le misure di sicurezza erano alte, perché le previsioni già prima degli scontri erano negative: si sapeva che il corteo rischiava di subire le inflitrazioni di vandali pronti a devastare la città. La protesta avrebbe dovuto essere pacifica e costruttiva, una via per esprimere le proprie idee senza violenze. Gli scontri, seppur innescati da una netta minoranza, hanno spazzato via tutti i buoni propositi. I manifestanti sono confluiti nella capitale da tutta Italia: sono arrivati da 80 province, soprattutto da Milano, Genova, Emilia Romagna e Toscana. Al corteo prendono parte diverse sigle: No Tav, Popolo Viola, sindacati, partiti comunisti extraparlamentari, centri sociali, disoccupati, precari, collettivi studenteschi e anche i no global. Le prime avvisaglie di tensione si erano viste già sabato, quando gli indignati si erano accampati davanti al Parlamento attendendo il voto di fiducia. Dopo la votazione, l'ira dei manifestanti si era scatenata con lanci di uova e vernice, cori e proteste. Il percorso - L'itinerario dei manifestanti prevedeva la partenza dalla Sapienza per poi attraversare via Cavour, dove sono subito scoppiati gli scontri. Quindi il percorso proseguiva per Largo Corrado Ricci, via dei Fori Imperiali, piazza del Colosseo, via Labicana, via Manzoni, via Emanuele Filiberto, per poi arrivare a piaza San Giovanni, dove sono previsti interventi e una discussione relativa alla crisi e alle proposte per uscirne. I manifestanti intendono occupare diverse piazze e luoghi adiacenti al percorso, sulla falsa riga di quanto fatto dagli indignados spagnoli a Puerta del Sol a Madrid. L'operazione è stata chiamata 'Yes, we camp', scimmiottando il celebre slogan di Barack Obama, "Yes, we can". In tutto il mondo - Oggi, sabato 15 ottobre, le manifestazioni degli 'indignados' si espandono a macchia d'olio in tutto il mondo. Il movimento di giovani e precari nato in Spagna cinque mesi fa sull'onda della crisi economica minaccia battaglia. Secondo quanto riferito dagli organizzatori, i cortei si terranno in 952 città e 82 Paesi: da Roma a New York, da Londra a Francoforte, da Madrid ad Atene, Da Tel Aviv a Santiago del Cile. A Londra, tra gli indignati, c'era anche il fondatore di Wikileaks Julian Assange: l'hacker dopo essere stato fermato dalla polizia, ha arringato la folla.

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