Cerca
Cerca
+

Amaro contrappasso per il Fatto Fan impazzita lo manda in tilt

La lettrice Gildissima blocca l'edizione su internet del quotidiano di Travaglio: "Occhio, siete troppo vulnerabili". E glielo dimostra coi fatti

Costanza Signorelli
  • a
  • a
  • a

Parafrasando un cinico titolo di Cuore, settimanale satirico di estrema sinistra defunto una ventina d'anni fa e diretto da Michele Serra, si potrebbe sintetizzare così: «Il Fatto come John Lennon, ucciso da un fan impazzito».  Il sito web del quotidiano di Travaglio, da due giorni è sotto attacco hacker e tornerà a essere consultabile, se tutto va bene, solo dall'alba di oggi. Ma il sabotaggio non è opera di Berlusconi né di qualche suo prezzolato parlamentare.  Non c'entrano il Cainano Silvio, Al Fano, Nosferatu Ghedini, gli unni padani di Bossi, Rosa e Olindo, Ruby Rubacuori, il procuratore di Bari, la camorra, le escort di Arcore, Lele Mora, Bruno Vespa, e tutti i nemici che ogni giorno vengono magistralmente derisi sulle pagine del Fatto. Perfino Lavitola, Fede e Mills stavolta hanno un alibi. Perfino noi di Libero. A mettere il bavaglio alla banda Travaglio non è stata neppure una legge liberticida tipo quella mai fatta sulle intercettazioni. È tutta colpa di Gildissima, la femme fatale fin dal nome più rossa di Rita Hayworth se il gazzettino delle Procure da due giorni è semi oscurato sulla rete. Lei è un'affezionata lettrice ma anche una discepola e come tale dotata di abilità investigative straordinarie. È così che entra in possesso delle password d'accesso del sito del quotidiano. Essendo innamorata e in buona fede, prova ad avvisare la redazione: «Attenti, siete attaccabili, alla vostra pagina web si accede più facilmente che a Palazzo Grazioli  se si hanno le tette». Ma l'avviso non è di garanzia e la notizia non getta fango sul Banana né sulle sue ministre Patonze, non è in grado di far declassare l'Italia da Moody's e non arriva neppure da un pentito di mafia. Morale, nessuno si fila Gildissima. Lei però si è abbeverata alla scuola dei grandi inquisitori e quindi non demorde, perché si sente nel Giusto: la sottovalutazione della notizia, il sentimento non pienamente corrisposto, quell'insopportabile fascismo che si nasconde dietro ogni mancanza di considerazione, la guardia bassa nella battaglia per il trionfo finale del bene sono un reato da punire. Serve qualcosa di esemplare, un'umiliazione pubblica.  Non per caso documentatissima, determinata e ottusa, Gildissima decide di passare all'azione e comincia a entrare nella pagina web e cambiare i titoli del sito, per dimostrare che non è pazza. Ed ecco che magicamente le sue maniere forti trovano il terreno fertile che – inspiegabilmente? - i precedenti modi urbani non avevano trovato. Il direttore la ascolta, la pagina web viene auto oscurata e appare la mite scritta «Lavori in corso, augurateci in bocca al lupo»: e da oggi i nemici torneranno quelli di sempre, i bananas, ossia i berlusconiani e chi li vota. Da garantisti démodé, chiediamo clemenza per Gildissima e preghiamo i colleghi del Fatto di non denunciarla per sabotaggio, non chiedere nessun tipo di risarcimento danni e  considerare tutte le attenuanti del caso. Aveva ragione, è stata umiliata e provocata, ha avuto cattivi maestri e sicuramente negli ultimi due anni ha vissuto in condizioni ambientali sfavorevoli. La sua mente è stata plagiata da cattive letture, è assuefatta a un clima di violenza verbale, si nutre di odio e nessuno sa spiegarsi perché ma si è convinta che tutti fuorché lei siano cattivi. I suoi sonni sono turbati da nanetti pieni di denti e spelacchiati che vogliono rubarle i soldi e manette che la inseguono, non telefona più a nessuno da quando ha chiesto di avere il cellulare intercettato, ha da poco rotto con  il fidanzato che non conosce la differenza tra prescrizione e assoluzione, teme che tutte le sue amiche siano escort. E non c'è verso di convincerla che non sia così, perché è stata allevata a non sentire altre ragioni che non siano le sue. Ormai appartiene a una setta, e incriminarla aprirebbe inquietanti scenari di concorso di colpa. di Pietro Senaldi

Dai blog