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Così Fini sogna la vendetta

La giunta per il recolamento della Camera decide che per il bilancio dello Stato è tutto da rifare. Fini duro, Reguzzoni di più

Andrea Tempestini
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Gianfranco Fini dopo il ko a Montecitorio del governo gongolava. "E' un fatto senza precedenti", spiegava il presidente della Camera. "Ha chiare implicazioni politiche", aveva aggiunto fornendo così la sua interpretazione: per il leader futurista si è trattato di un trappolone all'interno della maggiornaza, e non come sostenuto da fonti di governo e dallo stesso Silvio Berlusconi di un incidente di percorso. Così, il giorno successivo, lo stesso Fini ha dato la sua personale 'pennellata' con implicazioni politiche al ko alla Camera: la Giunta per il regolamento - all'interno della quale dopo lo strappo dello scorso 14 dicembre ha un ruolo determinante - ha deciso, a maggioranza, che l'Aula non può andare avanti con l'esame del Rendiconto generale dello Stato perché l'articolo 1 preclude i restanti articoli. L'iter del provvedimento, dunque, è da considerarsi concluso. Tutto da rifare. L'Italia rimane senza bilancio. Il Paese, per il pasticciaccio del governo e poi per il colpo basso di Fini, perde altre tempo. Una scelta discutibile - Il documento, che equivale al bilancio dello Stato, va riscritto integralmente dopo l'intoppo in aula del governo. Le tempistiche per la ristesura del testo sono tutte da vedere. Inoltre, i tempi dell'iter parlamentare non sono certo fulminei. Quella della giunta per il regolamento è stata una scelta poco lungimirante. Nella commissione presieduta da Fini hanno prevalso le logiche politiche sul buonsenso. Meglio forzare la situazione, cercare la spallata, mettere all'angolo il governo e Silvio Berlusconi piuttosto che salvare il Def. Una decisione quantomeno azzardata che arriva nei giorni bui della crisi economica, nelle settimane di pasione del fondo salva-Stati, della crisi di Atene e della tensione sui nostri titoli di Stato, che nonostante gli ultimi giorni di relativa tranquillità non è sopita. Reguzzoni durissimo - Ma c'è anche un altro fronte polemico che vede al centro l'atteggiamento del presidente della Camera. Fini, infatti, ha intrapreso una girandola di incontri a Montecitorio con i leader dell'opposizione. Risultato, Gianfranco ha deciso di fissare per domani, giovedì, le comunicazioni del premier, Silvio Berlusconi, all'aula. Durissima la replica del capogruppo leghista, Marco Reguzzoni: "Nella gestione di questa vicenda Fini si è dimostrato assolutamente di parte perché non consente al governo di riferire questo pomeriggio, per permettere alle opposizioni di tenere oggi le loro riunioni". Questo, ha insistito Reguzzoni, "è un atto lesivo della dignità del Parlamento. Fini ha fatto valutazioni politiche, in una sede istituzionale, in ua sede istituzionale, sul comportamento del governo che non competono a lui". Il voto al Senato - Nel frattempo, al Senato, per alzata di mano è stata respinta la richiesta di sospensiva da parte dell'opposizione sui lavori della Nota di aggiornamento al Def dopo la bocciatura di lunedì sull'articolo 1. Le opposizioni, a partire dai senatori del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori, hanno abbandonato Palazzo Madama al momento del voto per protestare contro la scelta del governo e della maggioranza di procedere con la votazione. "Il governo ritiene - aveva spiegato in precedenza il sottosegretario all'Economia, Luigi Casero - che, come già successo nel passato, non ci sia sul primo tema (la bocciatura alla Camera del rendiconto, ndr) una relazione imminente con l'altro", cioè con l'esame del Def al Senato. Il sottosegretario ha ricordato che è già accaduto in passato che sia stata approvata "prima la legge di stabilità e poi il rendiconto e l'assestamento". L'impegno, ha proseguito Casero, "è comunque approvare il Def in Senato e proseguire nell'approvazione del Rendiconto e dell'Assestamento alla Camera. Riteniamo che i due provvedimenti abbiano un iter diverso e si può procedere con il Def in quest'aula".

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