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Affranti Tonino Di Pietro è un uomo disperato "E se non c'è più Berlusconi io cosa faccio?

Di Pietro in crisi di identità: se il premier cade diventa inutile. Vendola chiede le urne subito, ma i democratici hanno paura

Andrea Tempestini
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Quando esce da Montecitorio, dopo aver rilasciato l'ennesima dichiarazione sul governo «sfiduciato che non ha più nulla da dire al Paese», Antonio Di Pietro scopre di aver paura del salto nel buio. «Che lo faccio a fare questo mestiere se non c'è più Berlusconi?», si lascia scappare il leader dell'Italia dei valori al termine del voto con il quale l'Aula di Montecitorio ha bocciato l'aggiustamento di bilancio dello Stato. Parole che dopo l'euforia per aver inferto un nuovo colpo alla maggioranza, danno fiato alle preoccupazioni dell'opposizione su quello che potrà accadere nelle prossime ore. Va bene la richiesta delle dimissioni del presidente del consiglio, ma con quale sbocco? Le elezioni anticipate o un governo di larghe intese? E con chi, eventualmente? Sulla strada da intraprendere, i partiti del centrosinistra e il Terzo polo marciano più divisi che mai. Tanto per cominciare, l'opposizione incassa una vittoria ottenuta per caso. Un po' per le assenze tra le fila della maggioranza, un po' per l'astuzia di uno dei suoi deputati più navigati, il pd Roberto Giachetti. È lui stesso a spiegare i segreti del successo: «Si tratta di intercettare tre deputati ai quali si chiede di nascondersi poco prima della votazione per poi rientrare in Aula al momento opportuno cambiando così i numeri della votazione». Una tattica che ieri ha depistato il centrodestra. Fatto sta che al centrosinistra si sono affrettati a cantare vittoria chiedendo a Silvio Berlusconi di recarsi immediatamente al Quirinale. «Un governo bocciato sul consuntivo non può fare l'assestamento di bilancio e senza assestamento il governo non c'è più. Mi aspetto che Berlusconi ora si convinca ad andare al Quirinale», dà fiato alle trombe Pier Luigi Bersani, segretario del Pd. Guai, rincara la dose Dario Franceschini, il capogruppo, se l'esecutivo dovesse incassare di nuovo la fiducia «su un'altra cosa, magari su una risoluzione generica di due righe. Berlusconi si dimetta, poi sarà il presidente della Repubblica a decidere». Facendo intendere, però, che per quanto lo riguarda le urne non sono inevitabili. Non è un mistero, del resto, che nel Pd Bersani spinga per le elezioni con la speranza di fare il candidato premier del centrosinistra e Walter Veltroni, invece, per un «governo di decantazione» aperto ai ribelli del Pdl magari capitanati da Giuseppe Pisanu. Chiede il voto anche Nichi Vendola, leader di Sel, che invita «le opposizioni unite» a battersi per il «voto anticipato». E per le urne è ovviamente Di Pietro, che addirittura suggerisce a Giorgio Napolitano cosa fare nel caso Berlusconi non si decida a mollare: «Ci auguriamo che il capo dello Stato possa autonomamente prendere atto che questo Parlamento è ormai asfittico e ci mandi alle elezioni anticipate». Parole che provocano la reazione del pd Enzo Bianco: «Quando la smetterà Di Pietro di tirare per la giacca il presidente Napolitano?». Poi c'è il Terzo polo. In Aula Gianfranco Fini, presidente della Camera, ha accettato di sospendere la seduta fino a stamattina: «Mi sembra giusto, date anche le evidenti implicazioni di carattere politico dell'accaduto». Il ko sull'assestamento di bilancio, ha aggiunto, «è un fatto che non ha precedenti». Il vicepresidente di Futuro e Libertà, Italo Bocchino, non va però al di là del solito disco delle dimissioni di Berlusconi: «Ne prenda atto: non ha più i numeri per andare avanti». Più deciso Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc: «È assolutamente necessario che si apra una fase di armistizio tra i partiti. Il Terzo polo è intenzionato a dare un contributo costruttivo». di Tommaso Montesano

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