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Il partito del condono resiste

La maggioranza mette Tremonti all'angolo. Cicchitto: "Un Savonarola". Tra sanatoria e patrimoniale, il Pdl sceglierebbe la prima

Giulio Bucchi
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Il governo accelera su condono e decreto sviluppo. L'idea è di portare già giovedì il testo alla Camera pronto per la discussione, anche se il tavolo di coordinamento presieduto in via Veneto dal ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani questa mattina in via Veneto si è concluso con una fumata grigia. "Stiamo lavorando per cercare di trovare una soluzione", ha commentato a caldo il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture . "Se vogliamo fare qualcosa per lo sviluppo e adottare un nuovo sistema fiscale non possiamo che partire da un reset", ha aggiunto il ministro dell'Agricoltura Francesco Saverio Romano, proprio nel momento in cui  la Corte dei Conti criticava l'impianto della riforma fiscale, invitando il governo a scegliere la patrimoniale. Non una cosa da poco, perché in ballo c'è la questione del condono fiscale ed edilizio. Negli ultimi giorni il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto ha ribadito più volte la necessità di una misura non strutturale ma sicuramente "taglia debito". Una boccata d'ossigeno alle casse dello Stato e, si spera, una spinta ai consumi e allo sviluppo. Su questo punto però resta lo scetticismo, se non l'ostracismo, di Giulio Tremonti. E proprio al ministro dell'Economia Cicchitto ha rivolto parole di fuoco dalle pagine del Foglio: "E' un Savonarola, pensa più alle crociate anti-evasori che alla crescita del Paese". Il no al condono arriva però anche dal sottosegretario dell'Economia Luigi Casero, secondo cui sarebbe Bruxelles a impedire una simile misura, considerata dai vertici europei un ostacolo alla lotta all'evasione. Alla fine però conterà e tanto la posizione di Berlusconi: il coordinatore Denis Verdini gli avrebbe consegnato un dossier da cui, numeri alla mano, emerge come senza condono diventerebbe obbligatorio il ricorso all'ancora più antipatica e "punitiva" patrimoniale, sia pur morbida. La Corte dei Conti, però, rischia di sparigliare le carte.

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