La sinistra fa la scandalizzata ma ha votato 13 sanatorie
Finocchiaro, Vendola, D'Alema: tra 1995 e 2000 hanno approvato condoni su fisco, pensioni, lavoro nero e perfino pesca
Nei 17 anni della Seconda Repubblica il centrosinistra ha governato per 7 anni. Il centro destra per 10. Naturale che i numeri di palazzo Chigi siano a favore di Silvio Berlusconi. Su tutto. O quasi. Perché nei 10 anni alla guida del Paese il centro destra ha approvato 12 condoni di varia natura: edilizio, contributivo e fiscale sopra tutti. Il centrosinistra ne ha approvati 13. Talvolta se ne vergognava e provava a chiamarli con nome diverso: “sanatoria, contenzioso guidato, concordato”, ma di condoni si trattava. Votati anche da insospettabili, da quelli che oggi si stracciano le vesti al solo sentirne parlare. Chi ne ha votati più di tutti è stata l'attuale capogruppo Pd in Senato, Anna Finocchiaro Fidelbo: 11 condoni. Ma non scherzano neanche i dieci condoni messi in saccoccia da Giovanna Melandri e da uno che il politico non fa più, ma adora moraleggiare via carta stampata come Furio Colombo. Non che avessero una passione particolare per i condoni: semplicemente erano fra i più diligenti in aula e quando il governo di centrosinistra metteva la fiducia sulle manovre, loro votavano per disciplina di schieramento. Non sono gli unici, perché nella storia degli aficionados dei condoni di sinistra ci sono nomi davvero a sorpresa. Solo sabato scorso il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola si è allontanato per un momento dagli studi televisivi dove commentava la tragedia di Barletta («questi sono i risultati dei condoni edilizi», aveva sentenziato), e ha raggiunto in piazza il segretario della Cgil, Susanna Camusso, tuonando: «La sola idea di un condono è l'indice dell'impudicizia scandalosa della classe dirigente». Vendola da buon cristiano può dire che si indica il peccato al di là del peccatore. Ma prima deve essersi cosparso la testa di cenere: perché di questo peccato in Parlamento si è macchiato ben otto volte. La prima volta vinse perfino un maldipancia che rischiò di spaccare il suo gruppo: era il 16 marzo 1995, e a infarcire la manovra primaverile di condoni era il governo di Lamberto Dini sostenuto da centrosinistra e Lega. I condoni proposti erano 3: agricolo, edilizio e sul bollo auto (oltre a un aumento di 3 punti dell'Iva), e alcuni leader della sinistra si rifiutarono di votarlo. Disse no Bertinotti. Disse no Diliberto. Disse no anche Cossutta. Vendola invece alzò la sua manina: a lui i condoni andavano bene, pur di non fare tornare al governo Berlusconi. Le cronache dell'epoca ricordano che per questo gesto eroico il futuro governatore della Puglia ebbe anche un premio: un bacio in Transatlantico di Rosa Russo Jervolino. Dal vizio però Vendola non riuscì più a liberarsi: da lì al 2000 di condoni ne avrebbe votati altri cinque: due edilizi (e fanno tre in tutto), uno agricolo, uno previdenziale e anche un bel concordato fiscale. Come Nichi a quota otto condoni si trovano appaiati l'attuale presidente del Pd, Rosy Bindi, e due leader di primo piano del partito come Massimo D'Alema e Valter Veltroni (che ebbe con i condoni anche qualche guaio da sindaco di Roma). Allo stesso punto della classifica Livia Turco, Vincenzo Visco e Sergio Chiamparino. A quota 6 Romano Prodi, che alla guida del governo di condoni ne ha fatti di più, ma non tutti li ha votati in aula. A quota 5 condoni si trova uno dei nuovi politici di grido del momento: il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Mentre a quota 3 (quelli del 1995) c'è perfino il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che non dovrebbe quindi avere problemi di coscienza dovesse mai trovare alla firma un nuovo condono.