Ficcanaso Giulio il Grande Fratello fiscale Tremonti ha la scusa per spiare i nostri conti
Il ministro: "E' finita l'era del segreto bancario". Ma è il pretesto con cui lo Stato potrà controllare i depositi anche senza sospetti
C'era una volta un professore di diritto tributario che credeva nella curva di Laffer (meno tasse, più gettito) e che considerava il «condono non una bella cosa, ma con una sua logica, quando l'evasione si è stratificata a causa soprattutto delle aliquote troppo elevate» (Ansa del 31-1-2003). C'è oggi un ministro che definisce il condono «una minaccia all'afflusso di nuove entrate» fiscali e che annuncia con orgoglio «il superamento del segreto bancario non per completare l'accertamento, ma per partire da qui, invertendo il processo, per vedere se i dati bancari da cui si parte coincidono a valle con le dichiarazioni presentate». Difficile trovare collegamenti tra i due, se non fosse che all'anagrafe di Sondrio risultano registrati entrambi con il nome di Giulio Tremonti. Ha scelto l'Avvenire, il ministro dell'Economia, per smentire le ipotesi di condono e lanciare la sua campagna contro l'evasione fiscale. Una lunga intervista che lascia un po' di stucco anche chi ha seguito con attenzione le evoluzioni filosofiche del ministro negli ultimi anni. L'idea di base è quella di passare dalla repressione alla prevenzione. Concetto rischiosissimo, che si trova ad un passo dalla simmetria logica tra contribuente ed evasore su cui aveva incardinato la sua azione politica l'ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco. Tremonti chiarisce che «nessuno ha in mente traumatiche azioni di polizia tributaria», parla di «una fase di presa di coscienza» e giura che non farà «l'errore di spingere troppo sull'acceleratore». Subito dopo, però, dichiara che con il decreto legge del 13 agosto l'Agenzia delle Entrate potrà infilare il naso a proprio piacimento nei conti correnti dei cittadini non per avere la conferma di un sospetto, bensì per farlo nascere. «Nessuno se ne è accorto», dice il ministro, forse con una punta di ironia. I giornali, in effetti, ne hanno parlato poco. Ma, stando alle segnalazioni che ci arrivano in redazione, se ne sono accorti benissimo tutti quelli, e non sembrano essere pochi, a cui negli ultimi giorni è arrivata una bella lettera di convocazione per chiarimenti davanti al fisco. Lettera contenente pagine e pagine zeppe di movimenti bancari a ritroso nel tempo di cui nessuno, che non sia Pico della Mirandola, può avere effettivamente memoria, ma che dovranno essere invece giustificate per filo e per segno agli ispettori del fisco. Non solo. Tremonti non lo dice, ma accanto ai conti bancari, il cui archivio era già a disposizione del fisco attraverso l'anagrafe tributaria, i funzionari di via XX settembre potranno anche avere accesso alle banche dati degli intermediari finanziari, che conoscono nel dettaglio tutti i movimenti, anche fuori conto, dei contribuenti. Sono i primi passi della nuova strategia tremontiana messa in atto dal direttore dell'Agenzia Attilio Befera, costruita su una serie di provvedimenti ad hoc approvati negli ultimi mesi. Tutto ruota intorno al redditometro, che si basa non solo sul controllo dei conti bancari e sul monitoraggio delle spese sopra i 3mila euro (le quali, se effettuate in contanti, dovranno essere direttamente comunicate al fisco dal negoziante), ma anche sulle segnalazioni dei Comuni e, non ultime, sulle delazioni dei privati cittadini, che saranno prese in considerazione, come ha detto lo stesso Befera, «solo se saranno circostanziate». Sarà un caso, ma l'avvio dei controlli a tappeto che la Gdf sta effettuando in questi giorni coincide con l'entrata in vigore dell'altra grande rivoluzione tremontiana, ovvero l'inversione della prova nell'accertamento fiscale, che diventerà (trascorso un periodo che si aggira sui 60 giorni) immediatamente esecutivo senza più l'iscrizione a ruolo. Anche in caso di ricorso, si dovrà comunque pagare il 30% della somma che poi, in caso di vittoria davanti alle commissioni tributarie (quasi il 40% dei casi), verrà restituita con tante scuse. Tremonti si dice convinto che «la gente capirà», perché la lotta all'evasione «è una necessità morale» e perché ci sarà spazio anche per «una logica premiale». Ovvero: «Più recuperiamo risorse dalla lotta all'evasione, più avremo spazi per ridurre le imposte». Vuoi vedere che il ministro ha varato una legge che obbliga il Tesoro a destinare tutti i proventi della lotta all'evasione all'abbattimento della pressione fiscale e nessuno se ne è accorto? di Sandro Iacometti