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Bugia 2 sugli extracomunitari Sono una grande ricchezza

Spese record per scuola, giustizia, sanità e previdenza. Senza di loro, l'economia italiana non si fermerebbe anzi potrebbe ripartire

Lucia Esposito
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«Gli immigrati sono una ricchezza» aveva sentenziato sicura una ministra che si era fatta affettuosa promotrice di una legge estremamente accogliente e permissiva. Qualcuno ha anche cercato di quantificare tale ricchezza. Le tre affermazioni più gettonate sono: 1) pur costituendo solo il 5,7% della popolazione residente, gli immigrati contribuiscono per l'11,1% alla produzione del Pil (Caritas su stima Unioncamere, 2008); 2) nel 2010 gli immigrati (...) (...)  hanno pagato in tasse contribuendo alla cassa comune 10.827 milioni di euro, costando alla comunità solo 9.950 milioni, con un utile di 877 milioni; 3) senza gli immigrati, l'economia del paese si fermerebbe. Vale la pena di esaminare e confutare tali dati considerando innanzi tutto la loro “precarietà”, se non peggio.  Si tratta di dati disomogenei, per periodi diversi, estrapolati con criteri mutevoli da organismi vari: le voci sono disaggregate, scorporate e sparse in mille capitoli diversi di spesa. Non guasta neppure ricordare che i numeri sono quasi sempre forniti da strutture partigiane, che sono nate per dimostrare la bontà dell'immigrazione e che spesso vivono grazie a essa. La prima affermazione “bara” sull'incidenza demografica degli stranieri: il conto va effettuato sulle fasce di età “produttive”, comprese fra i 15 e i 65 anni, nelle quali gli stranieri (dato 2010, ma costante negli ultimi anni) sono l'8,4% della popolazione. A questo si aggiunga che la struttura demografica degli stranieri è diversa, con prevalenza di lavoratori singoli. Il rapporto più giusto sarebbe dato dai circa 3.170.000 lavoratori stranieri su 22.831.000 occupati, e cioè il 13,9 per cento. Il Pil italiano complessivo nel 2008 era di 1.272.852 milioni di euro: secondo la Caritas gli stranieri avrebbero prodotto 141.287 milioni, che stridono coi 10.827 milioni che gli stessi avrebbero versato alle casse comuni due anni dopo. La seconda affermazione è ancora più stravagante e carica di benevolenza nei confronti dell'immigrazione. Il “trucco” è nelle voci che lo stesso XX Rapporto sull'immigrazione (sempre redatto dalla Caritas-Migrantes) dettaglia nel 2010. Vediamole. Nelle entrate vengono specificati i contributi previdenziali (7,5 miliardi), l'Irpef (2,2 miliardi), l'Iva (un miliardo) e le tasse per permessi di soggiorno e cittadinanza (100 milioni). In 2.665.791 fanno dichiarazioni dei redditi. Prendiamo con generosità questi dati per buoni. Le uscite sono più interessanti. Si dichiarano 2,8 miliardi per la spesa sanitaria. È credibile che, a fronte di una spesa complessiva che si aggira (per difetto) attorno ai 106 miliardi solo il 2,7% sia speso per il 10% e oltre della popolazione residente? Non sarebbe più corretto indicare una cifra approssimata per molto difetto a 10-11 miliardi? Giova ricordare che fra gli immigrati regolari solo il 68% è iscritto al servizio sanitario nazionale:  per questo ci sono più ricoveri d'urgenza e ricorsi al pronto soccorso che sono i più costosi. Si dichiarano 2,8 miliardi per la spesa scolastica. Indicata come il 4,5% del Pil, la spesa per l'istruzione dovrebbe aggirarsi attorno ai 57 miliardi. I ragazzi foresti iscritti nelle scuole sono 673.592 e cioè il 7,5% della popolazione scolastica : sarebbe perciò più corretto indicare una quota di spesa di 4,3 miliardi. Si dichiarano  400 milioni per le spese sociali dei Comuni, e qui è davvero difficile fare dei conteggi anche approssimativi. Suona in ogni caso molto poco credibile che i Comuni spendano solo 60-65 Euro per ogni immigrato in un anno. Le voci di contribuzione sono tantissime e uno sguardo veloce ai bilanci comunali permette di stimare spese almeno cinque volte superiori. Si dichiarano 400 milioni per la casa, e vale la stessa considerazione del caso precedente. Non esiste alcun dato  completo e attendibile circa la presenza di stranieri negli alloggi di edilizia pubblica: si sa solo che in molti comuni essi superino il 10% e che il loro numero sia in rapido aumento. In alcuni casi essi sono più del 60% delle nuove domande di assegnazione: il comparto si sta piano piano trasformando in loro appannaggio quasi esclusivo. La creazione del patrimonio edilizio pubblico è stata fatta con grandi sacrifici economici da parte dei lavoratori e di tutti i contribuenti: esso oggi dovrebbe essere un bene a disposizione dei ceti più deboli della nostra società, un ammortizzatore delle storture sociali. É impossibile quantificare un costo complessivo del patrimonio e quindi il beneficio economico di chi lo utilizza ma sicuramente si tratta per gli stranieri di una cifra molte, molte volte superiore a quella Si dichiarano 2 miliardi per spese di tribunali e carceri. In realtà tale cifra basta a malapena a coprire le spese di mantenimento e sorveglianza per i 24.404 stranieri detenuti nelle carceri italiane nel 2011, che sono il 36,2% del totale della popolazione carceraria. Questo significa che il loro costo vero è più di un terzo di tutte le spese del Ministero della Giustizia pari a 7 miliardi e 561 milioni nel 2009, e cioè 2 miliardi e 737 milioni, cui vanno sommate le spese  per i carabinieri e tutti gli altri organi di polizia implicati nella gestione. Si dichiarano 500 milioni per i centri di espulsione ed accoglienza. Solo nei centri di identificazione nel 2010 ci sono passate più di 18mila persone, oggi sono molti di più. Si dichiara un miliardo per le spese previdenziali. Questo è un dato evidentemente infedele. Solo per pensioni nel 2007 sono stati corrisposti 2 miliardi e 564 milioni (294.025 percettori), poi ci sono 380 milioni per 292.130 assegni per nucleo famigliare, sussidi ai disoccupati (125.098 nel 2005) e ai cassintegrati (65.546 nel 2005). Solo così - sommando le voci esaminate - i 9,95 miliardi diventano fra i 25 e i 30, sempre per difetto. Ci sono poi i rifugiati politici che costano 1,6 miliardi. Un decreto del 1996 stanziava, ad esempio,  35.000 lire giornaliere per ogni zingaro profugo dalla ex Jugoslavia. A tutti questi costi vanno aggiunte altre voci, alcune delle quali incontrollabili e difficilmente calcolabili: Fondo nazionale per l'inclusione sociale, Caritas, Opera Nomadi e una miriade di associazioni di assistenza, le spese per le operazioni di vigilanza e di polizia, gli sgomberi degli abusivi, il lavoro della Guardia costiera, l'impegno del volontariato, gli oboli e le donazioni volontarie dei cittadini. C'è poi l'enorme costo della malavita straniera, il ricavato di furti e di rapine, dei traffici di droga e della prostituzione. Ci sono gli effetti nefasti sul valore degli immobili nei quartieri occupati dagli stranieri. Sono queste ultime spese che non possono neppure essere stimate ma che dilatano molto il costo dell'immigrazione che pagano i cittadini. Non basta. C'è un'altra voce che viene normalmente ignorata: quella delle rimesse. Secondo l'Eurispes gli immigrati regolari in Italia avrebbero trasferito tramite canali consentiti circa sei miliardi di euro di rimesse verso i loro paesi di origine nel 2007, con un aumento del 30% rispetto ai 4,5 miliardi dell'anno precedente. La Banca Mondiale stima l'ammontare del reale trasferimento ad almeno il doppio. Nel 2007 i turisti stranieri hanno portato in Italia valuta per 31 miliardi e 79 milioni di Euro (dati Turismo & Finanza): considerando l'aumento continuo degli immigrati  e dell'uscita legale e illegale di denaro, e la crisi del mercato turistico, non è sbagliato direche oggi le rimesse dei lavoratori stranieri annullano gli effetti benefici di almeno metà del turismo straniero in Italia.Da tutto questo risulta con chiarezza che, non solo l'immigrazione non sia una ricchezza, ma che incida ogni anno sulla comunità come un paio di finanziarie. Alla fine non serve neppure più confutare l'ultima delle affermazioni da cui si è partiti: é certo che, senza gli immigrati, l'economia del paese non si fermerebbe affatto. Anzi. di Gilberto Oneto (2.Continua)

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