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Le toghe dell'evasione fiscale: una rete tra Italia e San Marino

Diciannove giudici risultavano nullatenenti ma avevano un conto in banca nel Titano: dovranno pagare al fisco 250mila euro

Andrea Tempestini
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Il caso aveva iniziato a montare lo scorso febbraio, dopo l'esposto presentato da un cittadino della Repubblica di San Marino, che sosteneva che 19 giudici italiani che lavoravano nel Titano di fatto risiedessero in Italia, senza però dichiarare alcun reddito. Così, dopo molteplici verifiche dei finanzieri che negli ultimi tempi hanno scandagliato gli intrecci tra San marino e Italia, l'Agenzia delle Entrate ha presentato un conto salato alle toghe incriminate: 250mila euro a testa, l'ammontare delle tasse non pagate negli ultimi cinque anni. Da tutori della legge in furbetti - A rendere paradossale la vicenda è proprio il fatto che nel mirino delle Fiamme Gialle di Rimini ci siano finiti altri 'tutori' della legge, che invece si sono trasformati con disinvoltura in furbetti. La tecnica era semplice. I giudici possiedono una casa a Rimini o in altre città, come Bologna, Ancona, Pesaro, Reggio Emilia, dove de facto abitavano. Ma la residenza fittizia era a San Marino, dove avevano anche un conto in banca non menzionato nella loro dichiarazione dei redditi. Così i giudici risultavano nullatenenti o quasi, pur incassando cospicui stipendi a otto zeri e conducendo una vita dal tenore piuttosto alto. Dal penale al fiscale - Ma la vicenda in verità è ancor più complessa. Ad avviare i primi accertamenti fu il Nucleo di polizia tribuatria della Gdf di Rimini. I magistrati si dicevano tranquilli bollando come "folle" l'accusa di evasione. Dall'inizio l'azione penale era destinata all'archiviazione: per far scattare il reato, infatti, è necessario che l'evasione scollini oltre 180mila euro, mentre gli stipendi dei giudici oscillano tra i 90mila e 130mila euro. Terminati gli accertamenti le Fiamme Gialle hanno concluso che tutte le toghe erano sotto la soglia di punibilità: trasmessa i risultati dell'indagine alla Procura, è stata preparata la richiesta di archiviazione. Ma chiuso il capitolo penale restava quello fiscale. Secondo i calcoli dei finanzieri ci sono comunque cinque anni di imposte non versate. E così è stata aperta una verifica fiscale, che sin dai primi conti ha fatto chiarezza. Il conto da saldare all'Agenzia delle Entrate è di 250mila euro.

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