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Il flop del dito di Cattelan: decidono quattro pensionati

Esperimento dell'assessore Boeri, una sorta di assemblea, è un fallimento. Pochi e tutti anziani: c'erano soltanto giornalisti

Andrea Tempestini
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Un'altra giornata all'insegna del dialogo. E delle non decisioni. L'assessore alla Cultura Stefano Boeri ha chiamato in piazza i milanesi per decidere il destino del famoso “dito” di Maurizio Cattelan. All'appello, però, hanno risposto in pochi: una decina di persone alle 18 - ora prevista  per il dibattito con i cittadini -, poco meno di un centinaio alle 19. Qualche curioso, un po' di intellettuali. E tanti vecchietti. Che protestano «scandalizzati», perché quel dito - ovvero il monumento “L.O.V.E” installato davanti alla Borsa di Milano - è «decisamente volgare». «Un insulto per la città», per alcuni, «esteticamente brutto», per altri. Ma che, comunque lo si veda, rappresenta una «rivoluzione digitale», che «pone domande sulla gestione dello spazio pubblico». Se c'è una cosa certa, infatti, nella bagarre di commenti, idee balzane e discussioni, partita ieri sera proprio davanti a Palazzo Mezzanotte, è che quella mano, con le dita amputate e il medio alzato non ha lasciato indifferenti. Posizionata da più di un anno davanti alla sede della Borsa, la scultura, alta ben 11 metri, ha suscitato le reazioni più disparate. Soprattutto da quando l'artista ha deciso di regalarla alla città. Ma a un patto: la scultura deve restare dov'è. Ecco allora che Boeri, pur schierandosi dalla parte di quelli che vorrebbero la statua di fronte alla Borsa in via definitiva, strizza l'occhio anche a chi quell'opera l'ha sempre criticata. E modera un dibattito di piazza, dicendo di «volere ascoltare» il parere dei cittadini: «Secondo i sondaggi, l'85% dei milanesi vorrebbe che il monumento restasse qui - ha detto l'assessore, che il 30 settembre dovrà prendere una decisione definitiva sulle sorti del dito -. C'è chi lo vede volgare, chi provocatorio, chi vendicativo. Per alcuni sarebbe il classico saluto romano, per altri, uno sberleffo alla città». Su una cosa Boeri tace: il costo di rimozione dell'opera. «Una spesa ingente», confessa in separata sede ai giornalisti. Un dettaglio, che spiegherebbe anche la cautela dell'archistar nel criticare il genio di Cattelan. Dalla Borsa, intanto, i lavoratori escono ad ascoltare. Interviene Giulia: «Da quando c'è il dito noi lavoriamo più serenamente», dice suscitando i rimproveri dei colleghi in giacca e cravatta. Ma l'applauso parte un minuto dopo, quando una ragazza prende il microfono: «Perché non lo facciamo diventare un monumento itinerante? Potremmo metterlo davanti a quelle istituzioni a cui vorremmo mandare un vaffa...». «A cominciare, magari, da Palazzo Marino», le fa eco sottovoce un pensionato. Difficile valutare l'esito della discussione. Ma ovviamente, «l'esperimento è riuscito», secondo l'assessore, che ha dato appuntamento in piazza Croce Rossa «per discutere anche del monumento a Pertini». di Linda Stroppa

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