Tonino spera nel morto: "Tutti a casa o sarà rivolta"
Il leader dell'Idv calvalca la piazza ed evoca la violenza. Il popolo Viola: "Monetine come con Craxi". Risposta Pdl: "Irresponsabili"
Antonio Di Pietro evoca scenari da anni di piombo: «Prima che ci scappi il morto, mandiamo a casa questo governo». Il Popolo viola, che oggi si farà trovare davanti a Montecitorio, pensa invece ad un “Raphael bis”, con Silvio Berlusconi al posto di Bettino Craxi: «Porteremo i nostri cinque centesimi, ognuno sarà poi libero di agire come vuole». Anche, quindi, di lanciare gli spiccioli all'indirizzo del Cavaliere e dei ministri. «Un altro tiro al bersaglio come quello a Craxi in futuro non è da escludere a priori», conferma il leader, Gianfranco Mascia. Sullo sfondo, poi, c'è l'appuntamento del 15 ottobre, quando Roma sarà invasa dai manifestanti dello sciopero nazionale del pubblico impiego e dalla «giornata mondiale contro governi e multinazionali». I Servizi segreti hanno già lanciato l'allarme: quel giorno si rischia una guerriglia di piazza. Ieri, intanto, ci si è messo Di Pietro a dare fuoco alle polveri evocando scenari cruenti. «Nel Paese sta sbocciando la rivolta sociale», scrive sul suo blog il numero uno dell'Italia dei valori, che accusa di «degenerazione» Parlamento, maggioranza e governo. Parole respinte con sdegno dal Pdl, che accusa Di Pietro di essere un «incendiario irresponsabile». «Ha toccato il fondo», attacca il portavoce, Daniele Capezzone. «A Di Pietro vorrei dire che le parole sono pietre», aggiunge Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera, per il quale «siamo ormai sul terreno dell'irresponsabilità più pura». Perfino il Pd, che dell'Idv è alleato, è costretto a prendere le distanze. «Non ci appartiene il linguaggio di Di Pietro, non fa parte del nostro modo di parlare», fa sapere il capogruppo alla Camera, Dario Franceschini. Fatto sta che il tam tam su possibili azioni violente è già partito. Su Indymedia Italia, il sito dell'antagonismo, ieri è apparso un post inquietante che incita all'insurrezione contro il governo. «Questa piovra malata e sistemica deve essere spezzata e schiacciata. Se questo non è in grado di farlo, in una sorta di auto-tutela, il Parlamento, allora è necessario che intervenga il cosiddetto popolo». L'indignazione non basta più: serve «la ribellione, l'atto di forza», «un'azione di forza degna di questo nome». Ma questo, come rivela l'ultimo numero di Panorama, è solo l'inizio. Il timore dell'intelligence è che il culmine delle proteste si verificherà sabato 15 ottobre, nella giornata internazionale di mobilitazione promossa dagli “indignados” contro il neoliberismo e la crisi mondiale. La sinistra antagonista non vuole farsi scappare l'occasione e sta organizzando nei minimi dettagli la guerriglia. Mesi di riunioni, una alla settimana, in luoghi top secret e sempre diversi, in cui decidere i bersagli da colpire, i punti dove posizionarsi, le armi da portare in piazza. L'obiettivo è chiaro: scatenare azioni armate in contemporanea in diverse zone della città e mettere a ferro e fuoco Roma, con effetti ancor più devastanti di quelli andati in scena il 14 dicembre scorso, giorno della mancata sfiducia al governo, quando dietro il pretesto dello sciopero contro la riforma dell'università i manifestanti hanno mostrato il loro vero volto. Tafferugli con gli agenti, mezzi militari dati alle fiamme, sassaiole in piazza del Popolo: solo prove tecniche della rivolta. Il 15 ottobre, nella Capitale, ci sarà molto di più, perché, questa volta, la macchina da guerra è stata messa a punto con cura e la chiamata alle armi è massiccia. Anarchici, collettivi universitari, esponenti dei centri sociali, black bloc, no Tav e indignati nostrani che arriveranno da tutta Italia, con autobus e treni, cercheranno di farci scappare il morto, meglio se tra le Forze dell'ordine. La Digos sa tutto, monitora da tempo i siti più estremisti e tiene sotto osservazione gli ambienti della sinistra antagonista. di Rita Cavallaro e Tommaso Montesano