Da Venezia il tuono di Bossi: "Referendum e secessione"
Senatùr alla festa dei popoli padani: "Non è più democrazia, basta essere schiavi del centralismo". Calderoli: "No agli inciuci"
Umberto Bossi, dopo le parole del Monviso, torna alla carica da Venezia. "Adesso basta. Il popolo non può vivere schiavo del centralismo, abbiamo diritto alla nostra libertà, e abbiamo la forza per ottenerla se fosse necessario. L'importante è che ci siano milioni di persone pronte a combattere, fate bene i conti. La faremo finita con questi ladrocini imperanti, e vogliono anche avere ragione". Il Senatùr e leader della Lega Nord, alla festa dei popoli padani, torna a parlare di secessione, e rilancia la "via democratica, forse anche attraverso un referendum, perché un popolo importante e lavoratore come il nostro non può continuare a mantenere l'Italia". Il Senatùr così, prima della secessione con l'esercito padano, mira ad ottenerla per via referendaria. "Abbiamo salvato noi della Lega le pensioni, se non c'eravamo noi non so come finiva. Ma l'abbiamo spuntata. Dicono che io mostro il dito - ha proseguito -, sì! Io mostro il dito perché so che cosa vuol dire aver lavorato una vita e non essere sicuri di avere la pensione. Eravamo in pochi, ma la vecchia Lega ce l'ha fatta. Abbiamo fatto resistenza e alla fine abbiamo convinto Berlusconi e Tremonti". Poi la conclusione del discorso di Bossi: "Sono contento, la battaglia sulle pensioni l'abbiamo fatta per voi, l'abbiamo fatta per i vecchietti, come quello che in un supermercato di Milano era stato beccato a rubare una bistecca perché era lì senza soldi". "Bossi il leader" - Nei giorni scorsi Bossi aveva fatto tremare il governo: "Il 2013? E' lontano. E queste parole del Senatùr sono state poi riprese e confermate a Venezia anche dal ministro dell'Interno Roberto Maroni, che ha spiegato come il governo, dal punto di vista leghista, andrà avanti finché lo dirà il Senatùr. Maroni ha ammesso: "Andare avanti è difficle", e ha poi aggiunto che per il Carroccio "il governo non è un mezzo ma un fine per combattere la nostra battaglia sul federalismo e ci saremo fino a quando ce lo dirà Umberto Bossi". Alla festa del Carroccio ha parlato anche Roberto Calderoli: "Il nostro è un governo politico, gli altri sono degli inciuci". Il ministro per la Semplificazione chiude così a un governo tecnico: "La maggioranza è quella del Parlamento, il nostro obiettivo è mantenere la coalizione fino alla fine". Caso-Senatùr - A tener banco alla festa dei popoli padani è il 'caso-Bossi'. In pensione? Per Calderoli non se ne parla proprio: lo ha spiegato ai cronisti a margine dell'evento. Al giornalista che gli chiedeva se il Senatùr dovrebbe ritirarsi, il ministro ha risposto: "Probabilmente in pensione dovrebbe andarci lei". Quindi Calderoli, nel corso del suo intervento, ha difeso l'unità del partito respingendo le voci giornalistiche che parlano di forti frizioni interne tra le anime del partito. "Vorrei anche tirare le orecchie a qualcuno che dice: 'Bisogna far di qui, bisogna far di lì' - ha tuonato Calderoli -, e poi gli danno spazio sui giornali perché parla fuori dal coro. No ai fratelli coltelli - ha proseguito - come fa qualcuno. Se non c'era Bossi non c'era la Lega". Quindi una frase di forte impatto: "Io, Maroni e gli altri di noi non saremmo un cazzo senza Bossi. Ricordo ai più realisti del re che senza Bossi non sarebbe niente": Legge elettorale e secessione - Calderoli ha poi affrontato altri due temi caldi. Il primo, quello delle elezioni: "Se c'è la volontà di cambiare la legge elettorale è meglio farlo in PArlamento e non con il taglia incolla delle proposte del referendum. Per me ha più senso cambiare la Costituzione". Il secondo, la secessione invocata da Bossi sul Monviso. "La secessione? Questo è l'antidoto: il modello padano. Se c'è ascolto su questo modello bene, altrimenti...".