Cav a processo per Unipol E' terrorismo giudiziario
Paradossale: Milano respinge l'archiviazione. Silvio a giudizio per la fuga di notizie. Il motivo? Le telefonate, come dimostrano gli intrecci col caso Serravalle, danno fastidio a sinistra / La vicenda
Dal tribunale di Milano l'ultimo atto di guerra contro Silvio Berlusconi. Il giudice Stefania Donadeo ha respinto la richiesta di archiviazione formulata il 16 dicembre 2010 dalla Procura di Milano per il Cavaliere, e ha così deciso che non soltanto Paolo Berlusconi - editore de Il Giornale rinviato a giudizio tre mesi fa -, ma anche suo fratello Silvio, presidente del Consiglio oggi come nel 2006, deve essere processato per la fuga di notizie sul caso Unipol-Consorte (leggi la breve cronistoria di tutta la vicenda). Secondo quanto si apprende, già da domani mattina la Procura di Milano potrebbe chiedere il rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi, perché ci sarebbero sufficienti "elementi per il processo": il gip Donadeo ha disposto l'imputazione coatta per Berlusconi. Tecnicamente la procura avrebbe dieci giorni di tempo per inoltrare a un nuovo giudice la richiesta di rinvio a giudizio per il premier, ma stando a quanto si è appreso da ambienti giudiziari, la richiesta potrebbe essere inoltrata già venerdì mattina: le toghe hanno fretta. "Dobbiamo leggere ancora il provvedimento, ma a Milano nulla mi stupisce. E' una decisione infondata. Tra l'altro c'è una conclamata incompetenza territoriale": questo il commento del legale del premier, Sivlio Berlusconi. Nel mirino del pool di Milano ci è finito anche il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, all'epoca direttore del Giornale. "Un regalo al premier" - Secondo il quadro tratteggiato dal gip, "l'unico interessato alla pubbliaczione della notizia riguardante un avversario politico era proprio il destinatario del regalo, Silvio Berlusconi, stante l'approssimarsi delle elezioni politiche. Tale notizia - aggiunge la Donadeo - avrebbe leso, così come è stato, l'immagine di Piero Fassino". Il gip spiega come "quasi tutti i coimputati hanno riferito che il destinatario dell'intercettazione non era Paolo Berlusconi, ma il fratello Silvio". Il gip ribadisce come il nastro fosse "un regalo" per il pemier. Così "la pubblicazione della notizia, proprio dopo e solo dopo l'ascolto da parte di Silvio Berlusconi - come volevano tutti -, i ringraziamenti da parte di Silvio Berlusconi, costituiscono dati di fatto storicamente provati, che logicamente interpretati rendono necessario l'esercizio dell'azione penale anche nei confronti" del presidente del Consiglio. Il paradosso - La decisione del Gip di Milano è sconcertante per una serie di motivi talmente palesi da lasciar senza mezzi termini basiti. La prima e più elementare considerazione è che il premier viene rinviato a giudizio per una fuga di notizia nei giorni in cui le fughe di notizie sul caso Tarantini-Lavitola stanno invadendo i giornali in barba al segreto istruttorio: la pratica è consolidata dai tempi di Mani Pulite, ma negli ultimi giorni (per non parlare dell'ultimo anno, sotto la 'stella' del caso-Ruby) sta raggiungendo apici sorprendenti. Un'altra considerazione è relativa al fatto che quando le intercettazioni danno fastidio alla sinistra il potere giudiziario si dimostra molto sensibile a tutelare gli interessi della controparte politica: in questi giorni stanno infatti emergendo, tra le pieghe del sistema-Penati, anche gli intrecci tra Unipol e la vendita della Serravalle. La terza considerazione riguarda la mera prassi giudiziaria. In questo caso, nella richiesta di rinvio a giudizio per Berlusconi, si è creato quello che potrebbe essere definito un unicum: il gip ha infatti respinto la richiesta d'archiviazione dei pm, dimostrando che nella guerra al Cavaliere ogni strumento è lecito. La vicenda - La pubblicazione dell'intercettazione incriminata risale al 31 dicembre del 2005 sul Giornale. Nel colloquio il segretario dei Ds, Piero Fassino - non indagato - chiedeva: "Allora, abbiamo una banca?" all'amministratore di Unipol, Giovanni Consorte, impegnato nella scalata della Banca Nazionale del lavoro, un'operazione poi fermata dall'inchiesta del pool di Milano per aggiotaggio. La decisione del giudice - L'intercettazione, che risale al 17 luglio,nel dicembre del 2005 era segreta, poiché non era ancora stata depositata agli atti e poiché non era stata trascritta o riassunta nei brogliacci: c'era solo il file audio nei computer della Guardia di Finanza, dei pm e dell'azienda Reserch control system, che per conto della Procura aveva svolto in estate le intercettazioni. Proprio allora l'amministratore Roberto Raffaelli ammise di aver trafugato e portato un computer con l'audio nella villa di Arcore ai fratelli Berlusconi, alle 7 di sera della vigilia di Natale del 2005 in un incontro organizzato tramite un ex socio di Paolo Berlusconi. Lo scorso 10 giugno, in udienza preliminare, Raffaelli aveva patteggiato 20 mesi.Il giudice Donadeo aveva invece convocato una apposita udienza per approfondire la richieta di archiviazione proposta dai pm per il premier, e si era riservata la decisione. Ora ha dissipato i suoi dubbi, e ovviamente la scelta è a senso unico: bombardare il Cavaliere respingendo l'archiviazione e ordinando alla Procura di chiedere a un altro gip il rinvio a giudizio di Brlusconi per concorso nella rivelazione di segreto d'ufficio.