Un futuro e libertà di veleni: ora litigano per la gnocca
Fini invita a mobilitarsi ma non si dimette. Granata difende il Cav e dà dell'ingenuo a Bocchino per l'affare Began
Sono quattro gatti e litigano pure fra loro. Litigano, si badi bene, per Sabina Began, attrice, amica di Berlusconi. Una bella donna. Nell'Italia della crisi, spread, tasse, miliardi di euro in fumo sui mercati, c'è anche questa specie di minuscola guerra di Troia in formato Duemila che agita il Fli, partito di quello che una volta fu l'erede di Almirante, poi (forse) l'erede di Berlusconi, poi l'erede di Casini. Domani, chissà, l'erede di Rutelli. Un erede a vita. Parliamo, ovviamente, di Gianfranco Fini e del suo partito, di Bocchino, Granata e pochi altri. Non sappiamo chi, fra i protagonisti, sia Ettore, chi Achille e chi Paride. Tutti un po' così, con la panzetta, le spallucce strette, mica guerrieri mitologici. Elena (nel senso di donna bella e fonte di litigi) è lei: Sabina Began, all'anagrafe Sabina Beganovic, nota al grande pubblico dei feuilleton nazionali come l'“Ape regina”. Conoscete le precedenti puntate. Rapido riassunto: Elena Sabina incontrò Paride, al secolo Italo Bocchino, che la portò non a Troia ma a Ravello, costiera amalfitana. Comunque sul mare. Forse fu amicizia, forse amore, forse no. Non lo sappiamo e non ci interessa saperlo. Si incontrarono, arrivarono in costiera con la scorta, si divertirono (speriamo per loro), parlarono anche di Berlusconi, ipotizzarono riconciliazioni politiche, tornarono a Roma e continuarono a frequentarsi. E poco dopo scoppiò la battaglia degli sms. Siamo nel Duemila: spade e giavellotti non si usano più. Elettronica, a volte intercettazioni, armi moderne. Sabina sputtanò - parola pesante, ma è così - Paride Italo rivelando i contenuti degli sms ricevuti. Bocchino reagì: la querelo per diffusione di messaggi privati. Sabina replicò: lo denuncio per stalking. Sullo sfondo, un interrogativo cretino, ma che ha fatto cronaca e politica (siamo ridotti proprio nel cesso): Elena Sabina agì per conto proprio o per conto di Silvio? Si trattò di un cavallo di Troia ideato dall'Ulisse di Palazzo Chigi o solo di un'amicizia finita male? Ultima (per ora) puntata della guerra: Fabio Granata ieri è sceso in campo. Gesù mio, reggetevi, parla Granata, il fedelissimo di Fini. E che ha detto, ripreso dalle agenzie di stampa, mandato in rete e finito sui tavoli dei giornalisti? Ha detto che Bocchino è stato ingenuo. Un fessacchiotto. Prima Italo è stato sputtanato dall'ex amica Sabina. Ora dall'amico Fabio. Una guerra in grande stile. Ci vorrebbe Omero per raccontarla. Vi dovete accontentare del sottoscritto: tempi moderni, protagonisti così così. Anche il narratore non può fare eccezione. Disse Fabio intervistato dal settimanale “A”: «Pensare che dietro il tranello teso da Sabina Began a Italo Bochino ci sia la manina del presidente del Consiglio, beh, mi sembra pura fantapolitica». Aggiunse: «Mi spiace dirlo, ma Italo è stato un ingenuo. Doveva sapere perfettamente che tipo di persona è Sabina Began». Specificò: «Secondo me Berlusconi non ha avuto alcun ruolo. L'errore l'ha commesso Bocchino. Ha peccato di ingenuità. Posso ammettere che la Began si sia data da fare autonomamente per far inciampare Bocchino in una storia d'amore imbarazzante. Magari il suo obiettivo era fare un favore a Berlusconi, ma Bocchino avrebbe dovuto essere molto più prudente». Traduzione: Silvio è innocente, non ha costruito alcun cavallo di Troia. E Italo ha sbagliato. Dietrologie sull'ultima puntata dell'italica guerra: perché Granata, il più antiberlusconiano dei finiani, difende Berlusconi? E perché, difendendo Berlusconi, di fatto assesta un colpo a Italo? È cominciata la grande fuga oppure Granata, detto terra terra, sta facendo solo le scarpe a Bocchino? Guerra di Troia, trappole a ripetizione. Difficile districarsi. Prendete Fini, il leader, che i cavalli li costruisce in proprio per fregare se stesso. Domenica, Fini, l'uomo che non ha ancora deciso cosa farà da grande, avrebbe dovuto illuminare i suoi sul futuro. È andato a Mirabello, Festa tricolore, ha parlato, ha spiegato e non ha detto nulla. Se l'è presa con Berlusconi (grande novità). Ha detto che il regno di Silvio è finito (lo pensa e lo dice ormai da tempo). Ha scoperto l'acqua calda: «Il Terzo polo deve essere un'unione di forze». Ha spiegato il programma di Casini: abolizione delle Province, dimezzamento del numero dei parlamentari, riforme eccetera. E quando ha dovuto parlare della cosa che veramente interessava i suoi, quando avrebbe dovuto annunciare le sue dimissioni da presidente della Camera per dedicarsi al partito, ha detto: «La mobilitazione è necessaria, fermo restando il mio dovere di imparzialità come presidente…». Armiamoci e partite. Fischi della folla. Fini è un professionista dell'autofregatura: litiga con Berlusconi, fonda un partito, fa capire che si dedicherà anima e corpo a quel partito. E la poltrona se la tiene stretta. E la lotta? La mobilitazione? Amici cari, fate voi, io sono presidente. E vi meravigliate se i suoi colonnelli, un po' allo sbando, tentano di avvicinarsi a Berlusconi, se la folla fischia, se Fabio Granata dipinge Italo Bocchino come un povero ingenuo e se il Fli ha trasformato un'Ape regina e due o tre uscite con l'Ape regina in un affare nazionale? Guerra di Troia in pieno svolgimento. Prossimamente le nuove puntate. Purtroppo il dibattito politico offre questo: cantami, o musa, le miserie dei partiti che infiniti lutti addussero all'Italia. di Arturo Saitta